Il Vangelo della DomenicaIn Primo Piano

Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia. Vangelo della VIII Domenica del Tempo Ordinario

Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode. Il commento di Marie Thérèse Tapsobà Franceschini. Il riferimento patristico a Cromazio di Aquileia

Vangelo  Mt 6, 24-34

Non preoccupatevi del domani.

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:

«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.

Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?

Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?

E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?

Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.

Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

Commento di Marie Thérèse Tapsobà Franceschini

La liturgia di oggi ci introduce nell’ordine pacifico e nella tranquillità di Dio. «Da nobis, quæsumus, Dómine, ut et mundi cursus pacífico nobis tuo órdine dirigátur, et Ecclésia tua tranquílla devotióne lætétur. Per Dóminum». Donaci, o Signore, ti chiediamo, che il corso del mondo sia diretto a nostro vantaggio dal tuo ordine pacifico e la tua Chiesa si rallegri in una tranquilla devozione. Questo chiediamo nella Colletta che nell’italiano perde un po’ della sua poesia: «Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio». Questo clima di serenità che la liturgia di oggi ci infonde, lo ritroviamo diffuso un po’ dappertutto: nell’antifona d’ingresso (Il Signore è mio sostegno, mi ha liberato e mi ha portato al largo, è stato lui la mia salvezza, perché mi vuole bene), nell’orazione sulle offerte (O Dio, da te provengono questi doni); nell’Antifona di comunione (Voglio cantare a Dio per il bene che mi ha fatto, voglio lodare il nome del Signore Altissimo). Nel salmo, poi, si dispiega in tutta la sua bellezza con il tema del riposo: Solo in Dio riposa l’anima mia, da Lui la mia salvezza.

Da cosa è data questa pace che Agostino (354 d.C.-430 d.C.) definiva come la tranquillitas ordini?     In apparenza due sono le fonti della pace, della tranquillitas: il denaro e la fiducia in Dio. «Si sta all’ombra della saggezza come si sta all’ombra del denaro» dice il libro del Qoelet, ma subito ci da un criterio e stabilisce qual è l’ordine, perchè prosegue dicendo «ma vale di più il sapere, perché la saggezza fa vivere chi la possiede». Dunque la sapienza vale più del denaro. E in che cosa consiste la sapienza? Nel timore del Signore. Initium sapientiae timor Domini: «Principio della sapienza è il timore del Signore» (Sir., 1, 12).

«In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». Non dice: “Non dovete servire due padroni, ma “non potete”, perchè diverse sono le logiche: quella del danaro che porta alla preoccupazione continua, quella di Dio che porta alla pace. Sì, perchè il danaro apparentemente ci toglie dalla preoccupazione, ma in realtà ce ne crea sempre di nuove, perchè non sappiamo se domani potremo contare sulla medesima quantità di denaro che avevamo oggi e, dunque, siamo stimolati a farne sempre di più. E  la preoccupazione tende ad occupare, appunto, tutto il nostro pensiero, tutta la nostra mente, che dovrebbero invece essere rivolti all’amore di Dio: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente», perchè noi serviamo prima di tutto con la mente e con il cuore, infatti «là dov’è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore» (Mt., 6, 20). O si impara ad amare il Signore  che è Padre e, dunque, provvede ai Suoi figli, amando la Sua sapienza provvidente, oppure si impara ad amare ciò che, in qualche modo, si presenta come eliminazione delle preoccupazioni, ma che ci porta lentamente, ma inesorabilmente a non avere né pace né tranquillità.  


Cromazio di Aquileia, da ‘Commento a Matteo; Trattato 32, 8′.

«Non preoccupatevi del domani. Il domani infatti avrà le sue preoccupazioni. Basta a ciascun giorno la propria malvagità». Vietandoci il Signore di preoccuparci del domani, senza dubbio allontanò da noi ogni preoccupazione di questo mondo. Ma dobbiamo indagare, dal momento che ha detto che non bisogna preoccuparsi del domani, perché abbia aggiunto le parole: «A ciascun giorno basta la sua malvagità» e dobbiamo comprendere di quale malvagità del giorno si parli, perché sappiamo che all’inizio del mondo ogni singolo giorno fu benedetto da Dio e vediamo che ogni giorno la luce è concessa agli uomini e ogni singolo giorno osserva il corso stabilito per esso e le leggi determinate. Dunque, Dio non ha inteso di parlare della malvagità di questo giorno che è privo di ogni colpa di peccato, ma piuttosto della malvagità nostra, che commettiamo ogni giorno; e poiché non possiamo ogni singolo giorno andare esenti dal peccato, sia pure lieve, per questo il Signore ci ammonisce a cancellare con l’impegno giornaliero della fede e la giusta soddisfazione le colpe, sia pure lievi, che ogni giorno commettiamo. Perciò, il santo Apostolo ci insegna a placare l’ira prima del tramonto del sole, perché il giorno intero in tutta la sua durata non ci rinserri nella colpa del peccato. Perciò, il santo Davide, che era anteriore bensì al Vangelo, ma viveva secondo il Vangelo, per non essere soggetto a qualche peccato nel corso della giornata, cancellava le colpe di ciascun giorno, durante ciascuna notte, compensandole con le sue lacrime, secondo ciò che dice: «Laverò durante ogni notte il mio letto. Inonderò di lacrime il mio giaciglio» (Sal., 6, 7). Anche il beato Giobbe; non ignorando il valore di questo precetto evangelico per opera dello Spirito Santo, ogni giorno offriva sacrifici a Dio non solo per le sue colpe, ma anche per i peccati che non conosceva, per cancellare giornalmente le colpe dei propri figlioli. Anche il santo Apostolo volendo che con la fede celeste riscattassimo le colpe di ciascun giorno, così ci ammonisce in una sua lettera; «Camminate nella sapienza davanti a coloro che sono fuori, non desiderando niente di nessuno, riscattando il tempo, perché i giorni sono cattivi» (Ef 5, 16), non certamente il loro ordine, non il loro succedersi, ma i peccati dei malvagi, che ogni giorno vivono per questo mondo nelle iniquità e nelle scelleratezze. E perciò, dobbiamo riscattare tali giorni e questo tempo della vita presente con le buone opere, per meritare di giungere all’atteso giorno beato della gloria futura, alla venuta del Signore e Salvatore nostro, che è benedetto nei secoli.

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