L’autocensura dell’OdG sui video dell’Isis è abdicazione alla funzione giornalistica

Tutte le precauzioni possibili devono essere utilizzate per svolgere la mediazione tra documenti e utenti, ma non mostrare i video del sedicente Stato Islamico significa nasconderne gli obiettivi imperiali e devastanti per la nostra Libertà. Allo stesso modo, la foto di Nick Ut e di Eddie Adams non sarebbero mai arrivate alla coscienza civile del mondo occidentale che rifiuta la guerra, ma non può fuggire dal difendersi da una minaccia mortale e sistemica

All'orda barbarica dei jihadisti solo un giovane resiste eticamente: vuole guardare in faccia i propri assassini. Per questo ragazzo non possiamo cedere all'auto-censura
All’orda barbarica dei jihadisti solo un giovane resiste eticamente: vuole guardare in faccia i propri assassini. Per questo ragazzo non possiamo cedere all’auto-censura

Due giorni fa Monica Maggioni, direttore di RaiNews24 – la rete all news della Rai – ha deciso di interrompere la trasmissione dei video pubblicati dal sedicente Stato Islamico sui social media: Youtube, Twitter, Facebook. Una decisione che ha avuto vasta eco anche nel mondo arabo.

Sono video terrificanti che hanno la duplice finalità di propaganda del terrore all’esterno – rivolta a noi, destinatari di promesse, non di minacce – e di promozione delle capacità di espansione all’interno del mondo islamico.

Trasmettere queste immagini – le decapitazioni, le uccisioni brutali delle donne per strada, le lapidazioni di donne e di omosessuali, gettati nel vuoto dall’alto di edifici elevati a nuovi patiboli della ferocia in nome di Dio – è una scelta editoriale densa di dubbi, colpisce la sensibilità del lettore/utente di riferimento, sicuramente pone dei problemi etici.

La decisione dell’Agcom e dell’Ordine nazionale dei Giornalisti di minacciare sanzioni disciplinari a chi decidesse di trasmettere o pubblicare quei video ha però – a nostro modestissimo avviso – il preoccupante valore dell’abdicazione dalla professione, ma è anche del tutto inefficace: perché la gente, i lettori, il pubblico, può arrivare agli stessi documenti in modo libero, ma senza la mediazione esplicativa propria dell’attività giornalistica.

Kim Phuc, sopravvissuta a un bombardamento al napalm, corre in preda alle ustioni su tutto il corpo. Si salverà grazie al fotografo che l'ha immortalata, Nick Ut
Kim Phuc, sopravvissuta a un bombardamento al napalm, corre in preda alle ustioni su tutto il corpo. Si salverà grazie al fotografo che l’ha immortalata, Nick Ut

Noi, nel nostro piccolo, non abbiamo mai concesso a queste immagini dignità di pubblicazione: ma la nostra realtà è piccola, microscopica, di nicchia. Noi non siamo (ancora e forse non lo saremo mai) una testata da milioni di visitatori al mese, eppure gli articoli sulle azioni di questi manutengoli dell’orrore hanno registrato sempre migliaia di visitatori.

Se però i giornalisti non svolgono la mediazione tra notizia e pubblico, spiegando con tutte le cautele la radice dei fatti (ammesso e non concesso la si conosca e non ci si lasci rincorrere da pregiudizi infondati e da conoscenze incomplete e fallaci), la pubblica opinione non si potrà fare un’opinione fondata sulla conoscenza dei fenomeni e allora l’abdicazione dalla funzione diventerà totale, aggravata delle minacce sanzionatorie che possono valere solo in Italia, l’unico Paese occidentale in cui vige ancora un’impostazione ordinistica della professione giornalistica.

Se questa insana decisione dell’Agcom e dell’OdG fosse valsa nel passato, non avremmo potuto rivedere le immagini dei campi di sterminio, che invece sono un documento storico fondamentale per sviluppare nella coscienza collettiva la repulsione per il totalitarismo nazista.

E allo stesso modo, non ci sarebbero giunte la foto di Napalm Girl, al secolo Kim Phuc, scattata da Nick Ut, o la foto della barbara esecuzione del giovane ufficiale vietcong Nguyen Van Lém da parte del colonnello Nguyen Ngoc Loan, scattata da Eddie Adams, attraverso cui noi possiamo aver alimentato il rifiuto della barbarie comunista e della lotta contro questa deviazione dell’umanità

Il giovane ufficiale vietcong Nguyen Van Lém giustiziato sommariamente dal colonnello Nguyen Ngoc Loan, nella foto che valse il Premio Pulitzer 1969 a Eddie Adams
Il giovane ufficiale vietcong Nguyen Van Lém giustiziato sommariamente dal colonnello Nguyen Ngoc Loan, nella foto che valse il Premio Pulitzer 1969 a Eddie Adams

Non avremmo avuto quindi due documenti con cui molte generazioni hanno sviluppato gli anticorpi contro la guerra e contro tutte le guerre di offesa, di cui l’articolo 11 della nostra Costituzione è baluardo etico e faro morale.

Per questo motivo non è fondato quanto affermano le Superiori Autorità Censorie, ossia che “la trasmissione di questi video e in particolare di scene particolarmente drammatiche non rispondono in alcun modo al legittimo diritto di cronaca, che può essere comunque esercitato dando la notizia senza questo genere di immagini”. Rispondono eccome al diritto di cronaca, perché costituiscono parte essenziale della notizia: il problema è che chi dovrebbe spiegare al lettore l’Alfa e l’Omega di questi fatti non ne comprende spesso la reale dimensione: non una minaccia, ma la promessa di riservare a tutti noi lo stesso barbaro trattamento, qualora decidessimo di resistere e di contrastare l’avanzata imperiale di quest’orda di barbari.

Non è in gioco solo la libertà di stampa, è in gioco la Libertà tout court.

Un errore quindi obbligare all’autocensura: si lascino liberi direttori ed editori di decidere su cosa sia opportuno pubblicare e su cosa non lo sia. Il cittadino lettore non può essere tenuto all’oscuro dei rischi che il mondo libero corre.

Se le moderne tecnologie dell’informazione fossero state disponibili negli Anni 40 dello scorso secolo, la Shoa avrebbe potuto essere impedita. Non sia impedita la divulgazione della Nuova Shoa in fieri che i jihadisti hanno promesso (non minacciato) a tutti noi.

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