Quirinale, la rielezione di Napolitano apre una fase nuova della Repubblica. Riforme istituzionali con Assemblea Costituente

La Carta del 1948 non vieta le rielezioni, ma ha un vulnus evidente: ci potrebbe essere un tris, un quater… Aprire una fase costituente e un governo di unità nazionale, ma che ascolti la voce del popolo. No a Giuliano Amato capo del governo

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Giorgio Napolitano è un re laico costituzionale, presidente di una repubblica ingessata nella crisi istituzionale che blocca l’Italia da almeno 30 anni. Eletto da 728 grandi elettori, una figura istituzionale che fa venire il prurito a chi ha una minima conoscenza del funzionamento di altri grandi democrazie occidentali.

Il dodicesimo presidente della Repubblica Italiana ha dunque le sembianze del capo di un direttorio partitocratico. Le analogie storiche con la Rivoluzione Francese sono forti, ma dopo il direttorio arrivò l’uomo forte e l’Impero. Non vediamo figure degne del paragone con Napoleone Bonaparte. Una tragedia nel dramma, che rischia di far scivolare tutto in farsa.

A 87 anni, Giorgio Napolitano è chiamato a capeggiare la rivoluzione della restaurazione, se è vero che Giuliano Amato potrebbe essere l’uomo nuovo giusto per guidare un governo di unità nazionale, una barzelletta evidente anche ai più disattenti. La Lega Nord bloccherà questa evenienza e per un siciliano sperare che abbiano successo è un apparente paradosso. Noi siciliani abbiamo avuto dal 1946 la possibilità di far diventare la Sicilia la Lombardia del Sud, ma non è successo perché abbiamo consegnato “le chiavi” della macchina istituzionale a un gruppo dirigente delinquente.

Nel resto del mondo Occidentale (e civile), i Cinquantenni guidano il proprio Paese con gli occhi sensibili di una classe dirigente moderna e immersa nel proprio tempo. In Italia, una gerontocrazia partitocratica si arrocca sul Colle, perché non ha saputo costruire la successione generazionale, se non con personalità di qualità minore, nell’ottica cieca della presunzione di immortalità. Esempi se ne potrebbero fare tanti e in tutti i partiti e a tutti i livelli: evitiamo per carità di Patria.

Alessandro della Mora, giornalista in pensione (ma un giornalista va mai in pensione? No…) di Quattroruote ha scritto su Facebook:«Non sono per i giovani ad ogni costo, ma qui stiamo esagerando! Possibile che non abbiamo un 50-60enne in grado di fare il presidente della Repubblica? Dobbiamo per forza chiedere a Napolitano di farci il piacere di aspettare ancora un po’ a godersi la meritata vecchiaia? La trovo una cosa vergognosa, per noi, ovviamente, non per Napolitano. Ma del resto in un Paese dove i nonni sono una risorsa essenziale per l’economia e il welfare dei loro figli e nipoti cosa ci si dovrebbe attendere di meglio?». Una fotografia.

Lunedì, dopo il solenne (ri)giuramento, Giorgio Napolitano chiarirà i termini di accettazione del secondo mandato. Noi pensiamo che dovrebbe agire per allentare la tensione popolare e evitare una insurrezione della gente, che non ce la fa più a vivere in un Paese in cui lo Stato si presenta spesso solo con la mano forte di un fisco esoso al limite dell’estorsione, non con l’efficienza burocratica che l’elevato costo della macchina pubblica imporrebbe.

Napolitano Secondo dovrebbe togliere argomenti ai populisti come Beppe Grillo, il quale però interpreta il pensiero di ampie fasce della popolazione, anche se ha tentato di assumere il “controllo dello Stato” per un interposto fantoccio, Stefano Rodotà, con il quale in tempi passati si scambiarono reciproche contumelie. I petali di rosa sparsi sulle rispettive vie sono stati l’ennesimo spettacolo stucchevole della partitocrazia italiana che intende esprimersi con altri mezzi.

La rivoluzione del secondo mandato di Napolitano dovrebbe dunque correre sulla via dell’aggiornamento delle istituzioni italiane attraverso una Assemblea Costituente che cambi i connotati della Repubblica e regoli il presidenzialismo di fatto, lievitato da Sandro Pertini in poi.

I termini che noi riteniamo ineludibili sono:

  1. una riforma fiscale, che vada nel senso di un alleggerimento brutale e radicale del prelievo complessivo, ma anche dell’inasprimento – in senso penale – dell’evasione;

  2. una nuova legge elettorale maggioritaria, che stabilizzi il Paese e ripristini le preferenze per dare significato vero alla relazione tra cittadini/rappresentati e rappresentanti del popolo sovrano;

  3. la riforma della forma di governo in senso presidenziale, mediata dalla riforma del bicameralismo perfetto, nel solco di una riorganizzazione dei pesi e dei contrappesi della democrazia italiana, che non tralasci di inserire un limite alla rielezione del Presidente della Repubblica e una decisa riduzione degli anni di mandato (in questo Beppe Grillo non ha ragione: ha stra-ragione!);

  4. la riforma delle autonomie locali, con l’abolizione delle Regioni e il decentramento possibile a livello delle province;

  5. una radicale riforma della burocrazia, in cui il cittadino abbia le garanzie di non dover dimostrare l’indimostrabile e lo Stato l’obbligo giuridico di dimostrare quel che sostiene (no all’inversione dell’onere della prova fiscale e burocratica!);

  6. la riforma della giustizia, con la separazione netta delle carriere tra pubblica accusa e giudici, nel quadro del completamento del sistema del giusto processo;

  7. ridefinire i termini dell’adesione al processo di integrazione europea, che deve ritrovare l’impronta dei Founding Fathers federali in senso statunitense, non in senso sovietico. Se alla Germania non andasse bene, che esca dall’Unione Europea e dalle istituzioni comunitarie (che devono diventare presto fe-de-ra-li).

Se questo non accadrà, l’Italia scivolerà verso l’ignoto e verso pagine tragiche di cui non ha bisogno. Ma molti italiani non parteciperanno a questa fase del Paese, perché se ne andranno oltre confine, cercando nuove e migliori possibilità per la propria vita e quella dei propri figli.

Insomma, Napolitano per togliere argomenti a Beppe Grillo deve accoglierne parte delle istanze. Lo può fare, perché oggi Giorgio II potrebbe chiedere all’intero Parlamento – mantenendolo in vita – di fare il ballo del qua-qua e il Parlamento, quasi per intero, lo seguirebbe come le ballerine con Al Bano e Romina Power dei tempi migliori. Un uomo solo al comando, lo eserciti con lungimiranza dall’alto dei suoi 87 venerabili anni.

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