Tra storia e turismo, Dresda, città martire ricostruita dall’amore per la cultura
Una città d’arte distrutta dal bombardamento nel febbraio 1945. 40.000 vittime civili e un’area di 15 kmq in rovina. La fine del conflitto dopo due mesi, ma una ferita che è un monito imperituro per l’Europa: la guerra è utile solo a distruggere
Alle 22.13 del 13 febbraio 1945 la Royal Air Force iniziava un massiccio bombardamento (continuato per ore), sulla città di Dresda, da sempre considerata la ‘Firenze del Nord’. In quel momento la città ospitava un gran numero di sfollati da altre città tedesche, vicine a impianti industriali. Il risultato finale fu una carneficina di civili, con un numero impressionante di morti: almeno 40.000, forse di più. Non fu mai possibile stabilire il bilancio esatto. La città bruciò per tre giorni, perché tra le bombe sganciate dalla RAF c’erano bombe incendiarie.
Sul numero di vittime, alcune recenti stime su fonti di archivio accreditano la cifra di 40.000, ma anche gli archivi andarono in gran parte distrutti. Altre stime dell’epoca quantificarono i morti tra 100 e 200 mila. Il calore che si sviluppò, secondo stime di esperti, fu pari a quello che si sarebbe scatenato mesi dopo a Hiroshima.
Durante i lavori per la rimozione delle rovine o gli scavi per la ricostruzione furono scoperti ancora dopo molto tempo numerosi resti umani. Forse il numero esatto delle vittime non si saprà mai. Ma è importante sapere che una città d’arte, memoria della cultura dell’uomo faber, fu distrutta e con essa gran parte della sua popolazione per una follia umana? Dresda non fu la sola in Germania, né in Francia, né in Italia, né in Inghilterra, né in Giappone. A Palermo, per imperitura memoria, vicino al porto ancora fino a poco tempo fa c’erano le rovine della guerra, come nella storica via Alloro.
Oggi Dresda è stata in parte ricostruita ma nel centro storico ci sono ancora numerosi ampi spazi vuoti che lentamente vengono colmati con edifici moderni di nuova concezione. Non si può dimenticare che delle circa trentamila case del centro (compresi storici palazzi come il Cosel o il Taschenberg) circa il 90% furono rase al suolo: un’area di circa 15 kmq dove si trovavano gli edifici più antichi fu distrutta.
I monumenti più importanti sono stati ricostruiti con l’ausilio di fotografie d’epoca e anche attraverso i quadri di Bernardo Bellotto detto “il Canaletto”, chiamato nel 1747 dall’Elettore di Sassonia, Augusto III, a Dresda (allora parte della Polonia). Qui, divenuto pittore di corte, per undici anni dipinse una serie di vedute della città molto belle, che furono di grande utilità quando s’iniziò a parlare di ricostruzione nel periodo in cui la Sassonia faceva ancora parte della Germania Orientale. L’Amministrazione militare sovietica dimostrò da subito un forte interesse alla ricostruzione dell’architettura più rappresentativa della città. Il messaggio da far passare era il seguente: la distruzione della cultura provocata dai nazisti e compiuta dagli anglo-americani sarebbe stata annullata da un governo più attento che avrebbe ricostruito i monumenti storici.
In effetti, lo Zwinger con la sua magnifica Gemäldgalerie (una delle più importanti d’Europa, che ospita una strabiliante collezione di dipinti, anche dei maggiori maestri italiani, tra i quali Giorgione, Correggio, Raffaello) fu in parte aperto alla fruizione del pubblico nel 1956 e completato nel 1964; ma la Frauenkirche, che da sempre aveva caratterizzato il profilo panoramico della città, fu terminata nel 2005: la sua ricostruzione era iniziata solamente nel 2000, nella Germania riunificata. Ancora nel 1957 un gregge di pecore pascolava vicino a quelle rovine, come testimoniano le fotografie raccolte con altre testimonianze della tragedia (un binocolo completamente ‘cotto’ dal fuoco, una bottiglia di vetro fusa, una lampadina anch’essa fusa…) nel bellissimo Museo della Città in Landausstrasse (Palazzo Landau, la cui scalinata d’accesso è stata totalmente ricostruita come era nel ‘700)
Arrivare oggi a Dresda, definita da Goethe nel 1794 ‘lo scrigno delle meraviglie’, avendo nella mente il ricordo di fotografie e documentari sul bombardamento, è un momento emozionante: guardando la Frauenkirche, lo Zwinger, la piazza Judenhof con il suo palazzo, il Residenzschloss, si apprezza l’armonia estetica, la memoria settecentesca, ma poi vedendo sui muri o su alcune statue la differenza tra punti chiari e alcuni molto scuri si comprende subito che questi ultimi, fortunatamente non restaurati, sono quel poco che è rimasto dell’originale monumento. E allora qualsiasi edificio o monumento si guardi, d’istinto si cercherà la piccola testimonianza dell’antico, che lo sguardo accarezza con dolcezza. Una pietra scura come la pece, annerita dal fuoco devastante, ‘parla’ al turista che passeggia sereno, non pensando a quello che fu, perché o ignora per motivi anagrafici o perché non ha contezza degli avvenimenti di cui fu teatro abominevole la città.
Chi ne avesse conoscenza, invece, ogni tanto si fermerà a ragionare sulle meraviglie viste nelle ‘Volte Verdi’ del Residenzschloss (collezioni di ori, argenti, avori, coralli, porcellane, antichità di ogni genere: oggetti preziosi creati dall’ispirazione artistica dell’autore) e su quanto altro si è visto e ha rallegrato lo spirito. Poi, la mente volge lo sguardo al passato e, come per rispetto, si rivolge il pensiero a quelle persone che videro e patirono la sorte di stare dalla parte sbagliata in una notte del febbraio 1945, buia e gelida, illuminata e incendiata dalle bombe nemiche.
Non basta una settimana a Dresda per vedere tutto quello che sarebbe importante vedere: Neumarket, Altmarket, Neustadt con i suoi palazzi barocchi. E poi che dire dei castelli sull’Elba, da Moritzborg a Pillnitz, magari raggiungendoli grazie a una piccola crociera sull’Elba.
Anche su internet si trovano molti consigli su quali luoghi visitare a Dresda e quindi non faremo in questa sede le guida turistiche. Invece daremo piccoli consigli a chi può di progettare un viaggio in questa magnifica città, dove gli occhi si riempiono di viste meravigliose. A partire dal cibo. A parte i ristoranti per turisti, ovvi come in ogni città che viva di questo particolare settore commerciale, ci sono storiche birrerie (…ricostruite) o tipici locali dove veramente con prezzi molto onesti si mangia bene e si beve una magnifica birra o del buon vino (bene…forse noi italiani siamo viziati sulla qualità del vino, ma la produzione locale è decisamente di buona qualità). Se poi si ama la musica, quasi ogni giorno c’è la possibilità di godere di concerti di musica classica, eseguiti con grande professionalità anche da giovani musicisti, come la formazione permanente dello Zwinger (Des DresdnerZwingers), che abbiamo sentito sentito suonare con rara professionalità brani di Mozart, polke e uno Strauss molto vivace. Un magico pomeriggio quasi al tramonto nella Marmorsaal dello Zwinger oppure un concerto d’organo serale nella Frauenkirche.
Dresda lascia un’impronta nell’anima, sia per la memoria del conflitto sia per le collezioni d’arte sia per l’eleganza del centro storico. Alla fine di un bel documentario in bianco e nero dal titolo netto – ‘Dresda prima e dopo i bombardamenti’ – c’è una frase significativa dell’autore: “io avevo 14 mesi e otto giorni e non avevo fatto del male a nessuno…mi sembra che la guerranon sia la soluzione”.
Da ricordare: la guerra non è la soluzione per nessun problema. Il bombardamento di Dresda fu un crimine di guerra…come tutti gli altri che hanno prodotto vittime civili che non avevano alcuna colpa se non quella di stare nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Un monito imperituro.
Dresda prima e dopo i bombardamenti
©RIPRODUZIONE RISERVATA – TUTTE LE FOTO SONO DI MARIA GABRIELLA PASQUALINI