In Parlamento si respira aria nuova verso le Forze Armate e il comparto sicurezza? Pare di sì…

Il Cocer Difesa aveva chiesto lo stralcio delle misure di taglio degli stipendi per il comparto difesa/sicurezza, sembrava non muoversi niente. E invece, oggi si capisce che forse qualcosa si sta muovendo

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Un settore che non può certo sopportare ulteriori tagli – pena la perdita della capacità operativa – è quello della difesa e della sicurezza in genere. L’allarme è stato lanciato da tempo dalle rappresentanze sindacali della Polizia e dai Consigli Generali di Rappresentanza delle diverse armi e dei corpi armati dello Stato, che fronteggiano ogni giorno da una parte i compiti di istituto, dall’altra la penuria di risorse.

Qualche anno fa, chi scrive ebbe l’onore di accompagnare un alto ufficiale dell’esercito, con esperienza di alto comando in Patria e su scenari operativi all’estero ad alta intensità di pericolo, in giro per una grande città siciliana, sede di varie caserme importanti. Si trattava di fare le veci di una persona amica, ne fummo lieti. Meno lieto fu il quadro che avemmo dopo questo piccolo giro come transeunte accompagnatore di questo ufficiale, entrato dopo qualche tempo in Parlamento: obtorto collo e con un impegno di riservatezza peraltro mai chiestoci da alcuno (chiamasi senso di responsabilità, se ne produce poca oggidì…) apprendemmo di mezzi cannibalizzati per trarne ricambi, altri inutilizzabili per manutenzione impossibile, strumentazione alla fine del ciclo di vita senza possibilità di sostituzione.

Tutto questo avveniva (e forse avviene ancora oggi) grazie al progressivo e continuo taglio del bilancio della difesa, che con tutta probabilità conserva margini di inefficienza, ma con altrettanta certezza è quasi alla canna del gas (fortuna che non ci sia gas sufficiente).

Già qualche settimana fa il Cocer Difesa aveva lanciato l’allarme sul taglio ulteriore delle risorse – sotto forma di taglio del trattamento economico, in ossequio alla spending review dello Stato: senza peraltro alzare il tono della voce (perché i militari sono usi a obbedir tacendo: forse un po’ troppo…). Sembrava che non si smuovesse nulla, invece pare che sia mutato il vento in Parlamento verso i militari.

Non sappiamo se a questo mutamento di opinione – o di spirito di appartenenza – abbia contribuito la storia eroica del Maggiore Giuseppe La Rosa, che ha sacrificato la propria vita per salvare i propri sottoposti in Afghanistan. Resta il fatto che, malgrado qualche sgradevole voce fuori dallo spirito di appartenenza ai valori dell’Italia e della Comunità Internazionale che il Paese serve nelle missioni all’estero (ogni riferimento all’onorevole Alessandro Di Battista è del tutto voluto), l’indirizzo del Parlamento è mutato.

Ne ha preso atto il Cocer Difesa, che ha valutato in modo positivo il «segnale politico di inversione di tendenza nel restituire equità di trattamento e la giusta dignità all’intero Comparto (difesa, sicurezza e soccorso pubblico, ndr)», premessa per un «più pragmatico e quindi più credibile confronto» tra Parlamento, Governo e rappresentanze del personale, come afferma un comunicato ad hoc lanciato a firma del presidente, Generale di Divisione Paolo Gerometta.

Si tratta ora di passare dal dire al fare, ossia di passare dai pareri positivi espressi dalle commissioni parlamentari in sede consultiva ad atti precisi di governo, da un Governo che si è auto-appellato “del fare”, chiamato a considerare le peculiari necessità del comparto sicurezza/difesa/pubblico intervento, per evitare che sia pregiudicata la capacità del servizio e di mortificare il morale di personale che si dibatte, ogni giorno, tra mille difficoltà.

Abbiamo trovato particolarmente sgradevole l’intervento del citato onorevole Alessandro Di Battista alla Camera, in occasione della relazione del ministro della Difesa, Mario Mauro, sull’attacco costato la vita al Capitano La Rosa, poi promosso al grado superiore (in attesa di ricevere la Medaglia d’Oro al Valor Militare, purtroppo alla memoria).

L’intervento dell’onorevole Alessandro Di Battista (M5S)

Anche a noi fa schifo la guerra, caro Di Battista, e per quel che conosciamo anche ai militari fa schifo la guerra, quanto meno per un semplice e lapalissiano motivo: sono loro a perire per primi in caso di operazioni militari. Ma l’avversione per la guerra ci deve spingere a lavorare per un mondo migliore, non dimenticando il brocardo latino “Ergo qui desiderat pacem, praeparet bellum” di Vegezio (Epitoma rei militaris), da cui il più noto “si vis pacem, para bellum”.

In attesa che si compia la beata speranza sulla irrazionalità della guerra e sul superamento della guerra come strumento relazionale umano proprio in quanto atto irrazionale (l’uomo che uccide se stesso), elaborata in forma di profezia da don Luigi Sturzo. Ma per raggiungere quell’anelato obiettivo, caro Di Battista, un militare opera meglio di cento onorevoli ignoranti (in materia militare) e dalla brillante demagogia, perché in genere i militari intervengono solo quando i politici hanno fallito.

A Srebrenica, caro Di Battista, lei se la sarebbe data a gambe, all’olandese diremmo.

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