“Cha cha cha” di Marco Risi, meglio pensare al ballo…

Risi torna alla regia con un noir scontato che non sfrutta la bellezza notturna di Roma

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Corso è un ex agente di polizia che ora svolge il lavoro di detective privato; un giorno Michelle, un’ex attrice ormai da tempo ritiratasi, gli chiede di sorvegliare il figlio Tommaso, preoccupata dai suoi comportamenti incostanti. Mentre si trova in discoteca per seguire le mosse di Tommaso, quest’ultimo esce improvvisamente e si mette al volante della sua auto, ma muore tragicamente in un incidente stradale sotto gli occhi del detective. Corso, convinto che non si tratti di un banale incidente, continua a investigare per conto della madre.

Marco Risi torna alla regia a quattro anni da Fortapàsc, e lo fa con questo Cha cha cha, cupo noir interamente ambientato a Roma. Se da una parte si avverte la voglia autentica di far rivivere il cinema di genere in Italia, dimenticato e succube delle infinite commedie fotocopia che il nostro paese sforna a ruota continua, dall’altra è evidente la scarsezza di mezzi e di idee che compongono un thriller già visto numerose volte, che ha il peggior difetto in una sceneggiatura logora e vuota; lo spettatore sarà portato a chiedersi più di una volta il perché di certi movimenti dei personaggi e la risposta arriva quasi meccanicamente, come a volersi scusare di certe scelte operate dal montaggio.

Se la storia non è altro che un pot-pourri di scene pietose e vecchi cliché del (peggior) cinema poliziesco, rattrista una regia spenta non sorretta da una messa in scena all’altezza e trovandosi immersi nella notturna Roma è un grave handicap; l’ambiente non viene nemmeno preso in considerazione per rendere almeno un filo accattivante la vicenda che, al contrario, procede agonizzante verso la sua prevedibile conclusione.

Un peccato, sia per il cinema di Risi che per la carriera di Luca Argentero, forse unica nota positiva del film, il quale ce la mette davvero tutta per indirizzare l’attenzione su di sé e non sulla storia. Il resto del cast, infine, stenta parecchio: da Eva Herzigova, stanca e annoiata, a Claudio Amendola, poliziotto bidimensionale dall’espressione ingessata.

VOTO : 3

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