Assad: “non ho usato armi chimiche”. L’intelligence Usa gli dà ragione
In un’intervista alla Cbs, il presidente siriano denuncia la mancanza di prove, mentre fonti dell’intelligence statunitense parlano di “prove manipolate”. Il giudizio di Papa Francesco sulle armi chimiche e l’impegno della Santa Sede per una conferenza di pace. Fra le priorità: garantire l’unità del Paese, uguale cittadinanza a cristiani e musulmani, denunciare i legami dei ribelli con Al-Qaeda
Washington – Bashar Assad ha negato di aver usato armi chimiche contro il suo popolo durante un’intervista alla rete americana Cbs, che sarà diffusa oggi. Il presidente siriano ha affermato che non vi è “alcuna prova” che il suo governo abbia usato tali armi. Le sue dichiarazione contrastano con quelle di Barack Obama e del segretario di Stato Usa John Kerry, che stanno lavorando per coagulare attorno alla posizione statunitense un più ampio consenso internazionale per un attacco contro la Siria, rea di aver usato le armi chimiche.
Nei giorni scorsi Kerry è stato a Parigi e a Londra per spingere i membri dell’Unione europea ad attaccare. Egli ha affermato che “le prove parlano da sé” e che il legame fra le armi chimiche e il governo di Assad sono “innegabili”.
In realtà, fonti dell’intelligence Usa, citate dal Washington Blog, affermano che le cosiddette “prove innegabili” siano state invece manipolate per giungere alla conclusione voluta, cioè l’attacco militare contro la Siria. Tali fonti parlano di una telefonata intercettata dall’Unità 8200 di Israele, durante la quale dal ministero degli esteri siriano si domandavano spiegazioni all’esercito in ordine a un attacco con armi chimiche non autorizzato.
Dal tono della conversazione, era chiaro che il membro del ministero fosse “fuori di sé per il panico“. Secondo la trascrizione originale dell’Unità 8200, il militare interrogato “ha negato con forza l’uso di qualunque missile” e ha invitato il funzionario del ministero a verificare di persona che tutte le armi [chimiche] fossero presenti nei depositi. Alla fine della conversazione il militare avrebbe concluso che “tutte le armi erano sotto controllo“.
Nelle descrizioni di Kerry e dell’amministrazione Usa si tace questo ultimo importante particolare.
In realtà, molti osservatori e analisti sostengono che le armi chimiche usate il 21 agosto scorso siano state manipolare dai ribelli qaedisti, il cui possesso di materiale non convenzionale sembra ormai essere acclarato. Si ha il dubbio se vi sia stato un deliberato uso di armi distruzione di massa o se invece si sia verificato un incidente, come affermato fin dal 29 agosto scorso dai giornalisti Dale Gavlak e Yahya Ababneh sul giornale online “MintPress News”, citati in Italia da Gianandrea Gaiani su “Analisi Difesa”
Intanto negli Usa, continua la campagna mediatica di Obama per vincere l’opinione pubblica e strappare un voto al Senato e al Congresso, che riprendono oggi i lavori dopo la pausa estiva. Obama darà quattro interviste a canali televisivi nazionali e con il suo staff sta contattando uno ad uno senatori e parlamentari. Ma finora sembra che egli possa contare solo su un terzo dei politici. L’opinione pubblica Usa è al 60% contraria all’attacco contro la Siria.
Alcuni commentatori mettono a confronto lo scandalo di Obama per l’uso di armi chimiche e l’uccisione di diverse centinaia di morti, e il suo silenzio davanti agli oltre 100mila morti siriani in questi due anni e più di guerra civile. Ezra Klein, su Bloomberg, nota con ironia che “l’intervento americano incoraggerà i futuri dittatori a uccidere con armi da fuoco, piuttosto che col sarin”.
Ieri Papa Francesco ha esortato ancora i cristiani a pregare per la Siria e il Medio oriente, ringraziando cattolici, cristiani di altre confessioni, membri di altre religioni per aver partecipato alla veglia di preghiera per la pace organizzata il 7 settembre sera in piazza san Pietro. Indicendo la veglia, all’Angelus del 1° settembre, il papa aveva detto: “Con particolare fermezza – ha proseguito – condanno l’uso delle armi chimiche: ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi“. “C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia a cui non si può sfuggire“.
È chiaro che – anche rispetto alle armi chimiche – è più urgente impegnarsi per una conferenza di pace.
Il 5 settembre, mons. Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati, ha espresso a tutti gli ambasciatori presso la Santa Sede le preoccupazioni del Vaticano per la Siria:
“È innanzitutto indispensabile – ha detto – adoperarsi per il ripristino del dialogo fra le parti e per la riconciliazione del popolo siriano. Occorre poi preservare l’unità del Paese, evitando la costituzione di zone diverse per le varie componenti della società. Infine, occorre garantire, accanto all’unità del Paese anche la sua integrità territoriale.
Sarà importante chiedere a tutti i gruppi – in particolare a quelli che mirano a ricoprire posti di responsabilità nel Paese – di offrire garanzie che nella Siria di domani ci sarà posto per tutti, anche e in particolare per le minoranze, inclusi i cristiani. L’applicazione concreta di detto principio potrà assumere varie forme, ma in ogni caso non può essere dimenticata l’importanza del rispetto dei diritti umani e, in particolare, di quello della libertà religiosa. Parimenti, è importante tenere come riferimento il concetto di cittadinanza, in base al quale tutti, indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, sono alla stessa stregua cittadini di pari dignità, con eguali diritti e doveri, liberi «di professare pubblicamente la propria religione e di contribuire al bene comune» (cfr. Benedetto XVI, Discorso al Corpo Diplomatico, 7 gennaio 2013). Infine, è causa di particolare preoccupazione la presenza crescente in Siria di gruppi estremisti, spesso provenienti da altri Paesi. Da qui la rilevanza di esortare la popolazione e anche i gruppi di opposizione a prendere le distanze da tali estremisti, di isolarli e di opporsi apertamente e chiaramente al terrorismo”.
(fonte AsiaNews)