Egitto, l’esercito impone il coprifuoco a Delga, la città dove i cristiani non possono vivere pena rappresaglie islamiste

Le truppe egiziane sono entrate questa mattina in alcuni quartieri della città solo grazie alla copertura aerea. Dal 14 luglio Fratelli Musulmani e salafiti spadroneggiano imponendo il terrore con le armi. Esercito e polizia hanno atteso prima di fare irruzione. Metà dei 20mila cristiani residenti è fuggita. Chiese e abitazioni incendiate o demolite, imposta ai cristiani superstiti la “jizya”, l’antica imposta per “gli infedeli” risalente al periodo ottomano

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Il Cairo – Una piccola guerra civile si combatte da ieri a Delga, la città dell’Alto Egitto da quasi un mese nelle mani degli islamisti. Secondo fonti locali, truppe dell’esercito e reparti di polizia questa mattina sono riusciti a prendere il controllo di parte della città, già presa in ostaggio da miliziani islamisti armati, solo grazie all’intervento dell’aviazione. Dal Cairo sono giunti ordini precisi: arrestare i responsabili delle violenze e porre Delga sotto il controllo dello Stato.

L’azione militare è stata avviata dopo una pletora di denunce di persecuzione religiosa contro cristiani da parte di miliziani dei Fratelli Musulmani. Per settimane esercito e polizia hanno evitato di intervenire a causa della penuria di guarnigioni da inviare nella città e anche per evitare ulteriore spargimento di sangue.

La piccola città, in cui vivevano circa 20mila cristiani, è interdetta a persone provenienti dall’esterno. Lo scorso 14 agosto gli islamisti hanno approfittato del caos iniziato con lo sgombero dei sit-in pro-Morsi al Cairo per occupare Delga e imporre la sharia su tutta la popolazione. I Fratelli Musulmani hanno incendiato almeno 62 abitazioni e costretto metà della popolazione a fuggire fuori dal governatorato di Minya. Molte persone rimaste in città sono state costrette a vivere in strada, ospitate da altre famiglie cristiane e musulmane.  Gli abitanti copti hanno rivelato che alcuni leader della comunità musulmana hanno cercato di convincere gli islamisti per fermare la distruzione della case.

Youssef Alfi, un residente del villaggio, ha affermato ai giornalisti arrivati nella città che gli estremisti islamici costringono i cristiani a pagare la jizya“, una specie di estorsione islamica che era imposta nel periodo ottomano agli “infedeli” (ossia ai non musulmani) per poter sopravvivere in territorio islamico. Il pagamento di questo “pizzo” andrebbe da un minimo di 200 Lire egiziane a un massimo di 500 per abitazione, una cifra considerevole se si considera che uno stipendio medio egiziano si aggira intorno  100 euro mensili. A chi non versa i soldi viene incendiata e distrutta la casa.  Chi è fuggito dalla città – sostiene questo testimone oculare – è costretto a pagare questa “tassa islamica” per timore di trovare le case distrutte al loro ritorno.

Una donna ha raccontato che il 14 agosto «migliaia di estremisti hanno attaccato le case. Essi hanno prima rubato tutti i nostri averi e poi incendiato gli edifici». «Ora – ha detto – alcuni di noi hanno trovato rifugio in abitazioni di altri cristiani o di musulmani generosi, perché non possiamo tornare nelle nostre».

Chiese e monasteri sono stati l’obiettivo prediletto dalle milizie dei salafiti e dei Fratelli Musulmani, come accaduto in altre località dell’Alto Egitto. Fonti locali hanno confermato che i Fratelli Musulmani hanno distrutto tutte e tre i complessi cristiani presenti nel villaggio: la chiesa della Vergine Maria, antica cappella copta-ortodossa risalente al IV secolo, ridotta a un cumulo di macerie, dopo essere stata depredata di ogni orpello prezioso, perfino delle lastre di marmo, divelte. La chiesa di S. Giorgio e il monastero di Anba Abraam, già assaltato nel 1993, sono gli altri due edifici cristiani distrutti. Padre Abraam Tanas, sacerdote della chiesa della Vergine Maria e residente nel monastero, ha spiegato ad AsiaNews che «nulla è stato risparmiato». 

L’attacco dei miliziani sarebbe partito dalla vicina moschea di Ebad el-Rahmen, distante meno di cento metri dal monastero copto. I miliziani islamisti avrebbero fatto irruzione nell’edificio e, dopo aver bruciato e distrutto oggetti, hanno proceduto alla sottrazione delle opere d’arte, alla profanazione di antiche reliquie e, infine, hanno riempito i muri di fuliggine con scritte inneggianti all’islam: “non c’è altro dio al di fuori Allah, l’Egitto è islamico». Sul muro principale del monastero di Anba Abraam campeggia la scritta “moschea dei martiri di Delga” un evidente atto di ulteriore violenza.

L’arrivo delle truppe e dei reparti di polizia ha l’intento di porre fine a questo scempio, in modo da ristabilire la pacifica convivenza attraverso l’arresto, il disarmo e l’incarcerazione dei miliziani salafiti e appartenenti alla Fratellanza Musulmana, che poi è il desiderio della maggior parte della popolazione musulmana, desiderosa di convivere in pace con i fratelli cristiani

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