Il 2013 anno nero per bar, ristoranti, hotel. In otto mesi chiuse 50mila imprese grazie alla politica inetta

L’osservatorio di Confesercenti scatta una fotografia sul commercio e il turismo: se si continua così, a fine 2013 si saranno perse per sempre 30mila imprese e 90mila posti di lavoro. Tracollo per la moda: una cessazione su quattro nel commercio è un negozio di abbigliamento. Il rigore cieco che produce un crollo del gettito fiscale indiretto mostra l’incompetenza complessiva della classe politica italiana

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Roma – Il 2013 è ancora un anno nero per il settore del commercio e turismo. Nei primi 8 mesi hanno chiuso i battenti 50mila imprese, con 32mila cessazioni nel commercio e 18mila nel turismo. Considerando l’avvio di nuove attività, il saldo è negativo di quasi 20mila unità. Se continua così, a fine 2013 si saranno perse per sempre 30mila imprese e almeno 90mila posti di lavoro.

È emergente dai dati diffusi dall’Osservatorio di Confesercenti sul commercio e turismo. Complessivamente, nei primi otto mesi dell’anno si registra nel commercio al dettaglio in sede fissa un saldo negativo di 14.246 imprese, a fronte di 18.208 nuove aperture e 32.454 chiusure.

Soffrono anche le attività di alloggio e ristorazione, che perdono per sempre 5.111 attività, con 12.623 nuove imprese e 17.734 cessazioni. Insomma, la crisi ‘svuota’ le citta di bar, ristoranti e hotel. Ma, soprattutto, è drammatico il tracollo della moda: nei primi 8 mesi dell’anno, una cessazione su 4 nel commercio è un negozio di abbigliamento.

Tendenza inversa nel web, dove i “negozi” continuano a crescere. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti, infatti, le imprese di commercio al dettaglio che vendono attraverso internet sono aumentate, negli ultimi 20 mesi, del 24,5%. In particolare, da gennaio 2012 ad agosto 2013, le attività di commercio web sono passate da 9.180 a 11.430: un saldo positivo di 2.250 unità, pari a quattro imprese in più ogni giorno.

”Turismo e Commercio, pur subendo la crisi più dura dal dopoguerra, si confermano tra i settori più vitali dell’imprenditoria italiana”. È il commento del segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni. ”L’accorciamento della vita delle imprese, però, è un dato estremamente allarmante, soprattutto se si considera che, fino a pochi anni fa, la vita media delle attività nei due settori era di 14 anni. Si offrono dunque molte opportunità, ma anche molte delusioni: è teoricamente molto facile avviare un’impresa in questi settori, ma è praticamente difficilissimo mantenerla in vita”.

”Occorre cambiare mentalità – avverte Bussoni – senza internet, senza Pos, senza eCommerce non si può più pensare di sopravvivere a lungo sul mercato. Le nuove imprese devono essere accompagnate nel loro percorso, dobbiamo sostenere le start-up”.

Fare impresa in Italia è sempre più difficile, a causa delle errate scelte fiscali di una classe politica che, nella sua interezza, non riesce a fare arretrare la macchina dello Stato, ormai un mostro divora risorse di cittadini e imprese, utile solo a rimpinguare i cordoni ombelicali che legano le varie clientele ai politici di riferimento. Urge cambiare il sistema, il Paese è al tracollo, una situazione pericolosa che prima o poi avrà ripercussioni sull’ordine pubblico: non serve essere geni per capirlo.

(Adnkronos)