Le famiglie italiane tirano la cinghia. Nel Mezzogiorno e nelle Isole tagli draconiani
Spesa mensile tagliata di 61 euro (137 nel Mezzogiorno) a causa della crisi. Secondo le elaborazioni dell’Adnkronos, effettuate su dati Istat, la spesa per prodotti alimentari, a livello nazionale, in 5 anni è aumentata solo di 2 euro. Giù la spesa, a livello nazionale, per abbigliamento e calzature, sanità, trasporti e per il tempo libero. Babà, cannoli e sfogliatelle: italiani ‘tagliano’ sui dolci della domenica. Sei italiani su 10 ricorrono al rammendo
Le famiglie italiane tagliano la spesa mensile di 61 euro, a causa della crisi: rispetto ai 2.480 euro di acquisti effettuati nel 2007, lo scorso anno si è scesi a 2.419 euro (-2,4%). Il budget annuale, di conseguenza, si riduce di 732 euro nel 2012. I tagli più incisivi sono stati quelli delle famiglie siciliane e sarde. Nelle isole si calcola, infatti, una riduzione mensile pari a 137 euro, passando da 1.830 euro a 1.693 euro.
Secondo le elaborazioni dell’Adnkronos, effettuate su dati Istat, la spesa per prodotti alimentari, a livello nazionale, in 5 anni è aumentata solo di 2 euro (passando da 466 euro a 468 euro). Più evidenti sono stati gli effetti al Sud, dove la riduzione è stata di 20 euro (da 499 euro a 479 euro). Giù la spesa, a livello nazionale, per abbigliamento e calzature, sanità, trasporti e per il tempo libero. Cresce invece il costo della casa, insieme ai combustibili.
Nel dettaglio, la spesa per l’abbigliamento e le calzature passa da 156 euro a 120 euro, con una riduzione di 36 euro a famiglia (-23,3%); mentre la quota destinata ai trasporti passa da 366 euro a 350 euro, con un taglio di 16 euro (-4,2%). Per il tempo libero la spesa mensile è passata da 109 euro a 100 euro (-9 euro pari a -8,5%) e per la sanità si passa da 100 euro al mese a 88 (-12 euro pari a -11,7%). Cresce invece la spesa per le case, che da 663 euro del 2007 è salita 700 (+37 euro +5,5%), mentre il costo dei combustibili è aumentato di 18 euro, passando da 116 euro a 134 euro (+16,3%).
Lo scorso anno la spesa delle famiglie nelle isole, pari a 1.693 euro, è stata del 30% inferiore rispetto al dato nazionale e del 39,5% rispetto al Nord-est, dove è stato raggiunto il tetto massimo di 2.800 euro al mese. Anche al Nord-ovest la spesa media mensile è notevolmente più alta della media nazionale (2.733 euro), mentre al Centro resta di poco superiore rispetto alla media italiana (2.511 euro). L’altra parte del Paese si trova, invece, di molto al di sotto del dato medio nazionale, fermandosi a quota 1.920 euro.
Rispetto alle spese pre-crisi a tagliare di più sono state le famiglie del Mezzogiorno e delle isole, che hanno ridotto il budget di spesa, rispettivamente, di 120 euro e 137 euro. Cali ben più contenuti hanno riguardato le famiglie del Centro, che hanno speso 28 euro in meno, seguite da quelle del Nord-ovest (-31 euro) e da quelle del Nord-est (-45 euro). Moltiplicando i risultati mensili per 12 si ottengono i tagli annuali, che nelle isole arrivano a 1.644 euro (-7,5% rispetto a quanto speso nel 2007). Al Sud la riduzione è di poco inferiore (1.440 euro, cioè il 5,9% in meno rispetto alla circa spesa prima della crisi). I tagli più contenuti sono quelli applicati dalle famiglie del Centro e del Nord-ovest, rispettivamente -336 euro e -360 (pari all’1,1% della spesa 2007). Poco superiore è stato il sacrificio delle famiglie del centro Italia, che hanno ridotto le spese di 540 euro (pari all’1,6% del budget speso sei anni prima).
Con la crisi gli italiani hanno tagliato del 10% gli acquisti di pasticceria e dolciumi che allietavano tradizionalmente i weekend delle famiglie che hanno speso in media appena 147 euro nell’ultimo anno per comperare bignè, babà, cannoli, sfogliatelle o dolciumi vari. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Istat relativi al periodo 2007-2012 che evidenziano un profondo cambiamento nelle abitudini consolidate nell’identità nazionale provocato dalle difficoltà economiche.
In realtà, se nei fine settimana sono sempre più rare le tradizionali code davanti alle pasticcerie, secondo Coldiretti si registra un parallelo aumento degli italiani che mettono le ‘mani in pasta’ per garantire comunque l’aria di festa in tavola. Soprattutto nei giorni di festa si rimboccano le maniche per la preparazione casalinga di torte e biscotti fai da te. Secondo l’indagine Coldiretti/Swg l’11% degli italiani prepara infatti più spesso, rispetto al passato, i dolci da solo. Una conferma arriva anche dall’incremento, in controtendenza rispetto al passato, dell’acquisto di prodotti base per la preparazione dei dolciumi come uova, farina e burro (+2% nei primi otto mesi del 2013). Una domanda alla quale rispondono anche molti agriturismo che accoppiano spesso la vacanza a lezioni in cucina per recuperare le tradizioni del passato mentre nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica è possibile acquistare crostate e dolci casalinghi tipici del territorio direttamente da chi li ha preparati che è in grado anche di offrire informazioni sulle modalità di preparazione e consigli sugli abbinamenti migliori.
Dal 2008 a oggi quasi due italiani su tre hanno ridotto la spesa per l’abbigliamento e nell’ultimo anno oltre il 60% dei consumatori ha fatto ricorso a riparazioni sartoriali per non dismettere capi di abbigliamento. Sono alcuni dei risultati di una indagine di Swg per la Cna sulla rivoluzione nei consumi di abbigliamento, calzature e pelletterie, avvenuta da cinque anni a questa parte.
Rispetto al 2008 il 62% del campione rappresentativo, interpellato da Swg per la Cna, ha ammesso di aver diminuito la propria spesa per l’abbigliamento, contro il 24% che l’ha lasciata invariata, il 13% che l’ha aumentata e l’1% che è indeciso. Tra quanti hanno ridotto i loro consumi il 19% ricorre più spesso di prima alle riparazioni, contro un 39% che acquista meno abiti e il 28% che compra lo stesso numero di capi, ma di qualita’ inferiore. Per quanto riguarda le calzature, a ridurre la loro spesa è stato il 54% del campione (rimasta invariata per il 31% e aumentata per il 14% degli interpellati).
Anche per le scarpe si fa ricorso ancora più di prima alla manutenzione: il 23% dei partecipanti alla indagine assicura di andare più spesso dal calzolaio. Per la pelletteria, infine, la riduzione di spesa ha interessato il 57% dei consumatori, contro il 31% che l’ha lasciata uguale e il 6% che l’ha incrementata. Per borse e valigie, cinture e portafogli il ricorso più massiccio alle riparazioni riguarda il 18% degli interpellati.
Dalla indagine di Swg per la Cna risulta significativamente che due terzi degli italiani fanno ricorso alle riparazioni sartoriali per non buttare capi. Nell’ultimo anno, il 60% dei consumatori è ricorso al rammendo, il 65% alla riparazione e il 67% al cambio di cerniere e zip proprio allo scopo di evitare la rottamazione di vestiti. In cinque anni il ricorso alle riparazioni è aumentato nel 48% dei casi nell’abbigliamento (per il 41% è rimasto invariato, per l’8% è diminuito); nel 29% dei casi nelle calzature (per il 46% rimasto uguale, per il 10% si e’ ridotto); nel 30% dei casi nella pelletteria (per il 49% rimasto invariato, per l’11% si è ridotto).
Questo nuovo atteggiamento, secondo l’indagine di Swg per la Cna, ha anche riflessi economici. Rispetto a cinque anni fa la spesa massima di riparazioni che i consumatori sono disposti a sostenere è aumentata per il 30% di loro relativamente all’abbigliamento (45% invariata, 18% diminuita), per il 27% riguardo alle calzature (47% uguale, 18% ridotta), per il 19% nella pelletteria (48% immutata, 20% calata). Se si tiene conto, poi, della tendenza a recuperare un articolo danneggiato oppure usurato il 18% degli interpellati nell’indagine di Swg per la Cna ha detto che è aumentata di molto rispetto al passato, il 38% che si è incrementata significativamente, il 31% che è rimasta uguale al passato e solo l’11% ha sostenuto di averla diminuita o non averla mai presa in considerazione.
Per riparare i propri capi di abbigliamento il 35% degli interpellati per le riparazioni sartoriali si rivolge ad amici e/o parenti, il 28% cerca di arrangiarsi in casa propria e solo il 31% si rivolge a laboratori e sartorie specializzate. Ma non certo per sfiducia. La competenza degli artigiani italiani emerge prepotentemente, infatti, anche dalla indagine di Swg per la Cna. Il 73% degli interpellati è soddisfatto del lavoro effettuato dai professionisti del rammendo contro il 14% di indecisi e solo un 13% di insoddisfatti.
(Adnkronos)