“Il Castello Invisibile”, uno squarcio nella memoria resiliente di cui è intriso l’ex carcere di Favignana

Promossa dalla Fondazione Ignazio Buttitta, la mostra fotografica ripercorre la memoria residente e resiliente nel Castello di San Giacomo, già sede di un carcere di massima sicurezza, oggi in attesa di diventare un luogo delle memorie e dei dolori di migliaia di persone detenute da carcerati e da operatori di polizia penitenziaria, accomunati dalla marginalità della condizione carceraria. Un’occasione per riflettere sulla civiltà di uno Stato che disattende la propria Costituzione

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Venerdì prossimo, 18 ottobre, nell’ex Stabilimento delle Tonnare Florio alle 11, sarà inaugurata la mostra fotografica “IL CASTELLO INVISIBILE”, su iniziativa della Fondazione Ignazio Buttitta, con il patrocinio dell’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Sicilia, il supporto del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, della Direzione della nuova casa circondariale di Favignana e della Diocesi di Mazara del Vallo, che ha ospitato la prima edizione della manifestazione, dal 27 dicembre 2012 al 6 gennaio 2013, a Mazara del Vallo nel Chiostro del Seminario Vescovile.

Al centro dell’attenzione della mostra, le immagini del Castello di San Giacomo a Favignana, utilizzato come casa di reclusione, dal 2011 liberato dal carico umano “residente e resiliente”, costituito da reclusi di due tipi: detenuti classificati come “di elevata pericolosità criminale”, personale della Polizia Penitenziaria che di quelle vetuste strutture pativa la stessa pesantezza, la stessa precaria situazione strutturale, la stessa inumanità.

Aperta la nuova casa circondariale, il castello normanno di San Giacomo è rimasto in parte vuoto, eppure intriso fino alle fondamenta delle varie umanità che vi hanno vissuto, delle storie di sangue, delle pagine di storia italiana che da quel posto sono transitate. Una parte fu – e viene ancora utilizzata – come presidio per la Polizia Penitenziaria di stanza nell’isola, ma il resto visse da corpo ingombrante e ineliminabile per la storia di Favignana.

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Nel corso del tempo, sono state elaborate varie ipotesi di riutilizzo – dall’idea di farne un parcheggio (idea che meriterebbe, tout court, l’alcol test per supposto etilismo), a quella di adibirne il corpo storico a Bed&Breakfast – di fatto ostacolate dallo status di luogo ancora nelle disponibilità del Ministero di Grazia e Giustizia. Anche l’idea di adibirne una parte a residenza del personale della sicurezza pubblica presente nell’isola, un’altra da riqualificare come centro culturale e un’altra da restituire alla fruizione civica, è rimasta lettera morta, anche per l’intervenuta situazione di crisi di finanza pubblica, che cassa in verità ogni iniziativa.

Sicché, il Castello di San Giacomo rischia di diventare un cimitero di memorie, invece di essere un vivo luogo di testimonianza delle varie filiere di sofferenza che ha ospitato. Urgerebbe un recupero celere. Intanto l’iniziativa curata e realizzata da Monica Modica, architetto esperta nel recupero di beni culturali, segna il passaggio dalla memoria astratta a quella visiva, premessa per ricostruire il nodo tra passato e futuro, con un presente di migliore qualità.

Le immagini di Bebo Cammarata e Renato Pantaleo consentono di abbeverarsi a questa fontana di memoria, un effetto di particolare significato in un momento in cui la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo segna un inequivocabile scappellotto etico all’Italia, prima ancora che una condanna dalle pesanti conseguenze pecuniarie per lo Stato. Il fine costituzionale del recupero del reo è cassato dalla incapacità gestionale della classe dirigente nazionale, che di decennio in decennio non affronta la questione carceraria nel modo più idoneo a dare al contenuto programmatico della Carta del 1948 piena attuazione, dimenandosi tra proposte populiste in un senso o nell’altro. Invece, rendere il carcere umano, ma non afflittivo in modo improduttivo, la pena certa, ma anche produttiva di recupero civico, sarebbe dare pienezza al senso di umanità proprio degli italiani e della nostra cultura nazionale, malgrado alcune pagine nere di difficile cancellazione.

La mostra fotografica approda dunque a Favignana e gioca “in casa” la partita della provocazione visiva, ma dall’elevato valore propositivo. Un’iniziativa che segue alcune polemiche sull’indebito uso della struttura, denunziato da alcuni ambienti attivi nella provincia di Trapani, che si mostra particolarmente viva sotto il profilo culturale. Un momento che vuole essere peraltro di valorizzazione dei luoghi ereditati dall’ingegno della famiglia Florio, “diversamente siciliani” – si direbbe oggidì – diffusori dei pregi e delle grandezze della Sicilia nel mondo.

Dal 18 ottobre al 3 novembre, dalle 9 alle 13, i visitatori potranno immergersi nel tempo e nella dolorosa memoria carceraria, per assorbirne le istanze dolorose e comprenderne – ma non giustificarne – le vite contorte e nascoste vissute tra quelle spesse mura. Poi, forse, si sposterà a Trapani e a Milazzo, ma con date ancora da definire. Al momento, visto la scarsezza delle risorse, si viaggia senza radar e senza rotte preordinate, a vista. Comprensibile.

Se una critica preventiva va porta, riguarda proprio il limitato orario di apertura al pubblico, solo di mattina, una lacuna non addebitabile agli organizzatori, bensì al Museo dell’ex Stabilimento Florio della tonnara di Favignana, ma ragioni di bilancio (e forse non solo) impediscono di fare al momento di meglio.

IL CASTELLO INVISIBILE – Immagini di Bebo Cammarata e Renato Pantaleo, Favignana, Ex Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica Cura e allestimento Monica Modica – Dal 18 ottobre al 3 novembre 2013. Orario di apertura: dalle ore 9.00 alle ore 13.00. Ingresso (al Museo) € 4,00 (€ 1,00 solo i residenti in provincia di Trapani). Under 18 e over 65 gratuito

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Un pensiero su ““Il Castello Invisibile”, uno squarcio nella memoria resiliente di cui è intriso l’ex carcere di Favignana

  • 18/10/2013 in 07:33:06
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    È triste non poter fruire di questo sito carico di così tanto fascino e di chissà quanti messaggi storici.

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