Alfano ad Agrigento, contestazione fuori luogo. La Kyenge corretta dall’ufficio stampa sui funerali di Stato

La folla ha urlato: ”Vergogna, assassini”, una evidente provocazione organizzata. La contestazione durante la cerimonia di commemorazione, sul litorale di San Leone ad Agrigento, per le vittime del naufragio dello scorso 3 ottobre. La sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini, propone ammissione umanitaria in UE per i sopravvissuti e lancia un evento che ricordi i morti di tutte le sciagure in mare, misura davvero utile…

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Ieri a San Leone, località balneare dependance di Agrigento e dove i girgintani (agrigentini) usano passare le vacanze estiva, si è svolta una cerimonia di commemorazione per le vittime del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre scorso, alla presenza del Ministro dell’Interno e vice-presidente del Consiglio Angelino Alfano, dei ministri della Difesa Mario Mauro e dell’Integrazione Kashetu Kyenge.

Non quei funerali di Stato promessi – forse sull’onda delle emozioni – al capo del Governo, Enrico Letta, il 9 ottobre scorso, quando arrivò sull’isola porta di ingresso d’Europa con il presidente della Commissione Europea, José Barroso, la commissaria agli affari interni Cecilia Malmström e lo stesso Alfano. Funerali di Stato che non sono stati officiati per mancanza di rispetto verso le vittime di una tragedia assoluta, ma a causa di un misto di motivazioni giuridiche, politiche e di sanità pubblica: troppo tempo è passato dalla morte delle persone; poco giustificato sarebbe stato – agli occhi dell’opinione pubblica italiana – concedere le esequie di Stato, quando questa misura non è stata concessa in occasione di altri lutti coinvolgenti cittadini italiani; infine l’avvenuta inumazione delle salme – per rispettare sia le vigenti norme regolamentari locali che gli usi religiosi prescritte dalle varie fedi – hanno consigliato per una commemorazione.

Tuttavia, il ministro dell’Interno è stato duramente contestato al grido di ‘vergogna, assassini’ mentre lasciava il molo di San Leone, per motivi che sfuggono a una reale comprensione dei fatti. La ricostruzione di Alfano è – duole dirlo – abbastanza realistica: «i cosiddetti attivisti che hanno gridato ‘assassini’ sono quelli che vogliono frontiere libere e scafisti in libertà – ha replicato il ministro dell’Interno – Non l’avranno vinta. Proteggeremo le nostre frontiere salvando vite umane». Una precisazione che rende palese il doppio “protocollo” con cui il governo si sta muovendo, sia nei confronti dell’Europa intera che in quella dei migranti in cerca di migliorare la propria condizione di vita. Alfano lo aveva chiarito già prima che volassero gli insulti gratuiti di un gruppo di facinorosi in servizio permanente effettivo: «Abbiamo assicurato degna sepoltura ai morti e abbiamo assicurato assistenza ai superstiti, adesso caccia senza quartieri ai mercanti di morte».

Peccato si sia dimenticato di dire che della sepoltura si sono fatti carico molti comuni siciliani, assumendosi l’onere delle spese, anche per la straordinaria gara di solidarietà dei privati, che hanno accolto nelle proprie cappelle e tombe le vittime della tragedia di Lampedusa, scrivendo così una meravigliosa pagina di solidarietà sociale siciliana.

Al termine della cerimonia però è stato contestato da un gruppo di eritrei anche l’ambasciatore eritreo in Italia, Zemede Tekle Woldetatios, che ha dovuto allontanarsi di corsa dalla tribuna delle autorità. Segno di evidente organizzazione delle contestazioni, forse anche in silente alleanza con i “cosiddetti attivisti”, come li ha chiamati Alfano.

V’è da dire che alle porte di Agrigento si è registrata l’ennesima performance della ministra per l’Integrazione, Kashetu Kyenge, protagonista di una fuga in avanti come il migliore sprinter di ciclismo in una tappa del Giro d’Italia. «Questo è un momento molto importante in cui bisogna unirsi per riconoscere che per la prima volta sono stati celebrati funerali di Stato – ha detto Kyenge senza aver ripassato il copione e aggiungendo che a San Leone – è stata fatta una cerimonia ufficiale, insomma lo Stato riconosce persone che non hanno la nazionalità italiana», ha precisato la ministra alla fine della commemorazione.

Segno evidente che qualche motivo lo deve avere il professor Giovanni Sartori, quando declama l’incompetenza della oculista di Modena, calata nel ruolo di ministra in una materia in cui dimostra di non avere alcuna conoscenza. L’ufficio stampa della dottoressa Kyenge ha dovuto fare i classici salti mortali (dopo i comprensibili salti dalle sedie…), emanando una nota con cui si precisava che la dichiarazione della ministra si riferisse solo al forte sentimento che anima l’Italia intera e le Istituzioni, essendo chiaro anche alla ministra che la cerimonia fosse solo una commemorazione. «Non erano funerali di Stato, ma la sensibilità del governo ha ricordato al mondo intero che noi siamo vicini alle famiglie delle vittime» si leggeva nella nota dell’ufficio stampa della ministra per l’Integrazione Kyenge. Una pezza peggiore del buco…ministeriale…

L’altro ministro presente, Mario Mauro, ha ribadito la commozione del Paese «per quello che è accaduto» e per «la ferita profonda per tante persone che hanno sperato nell’Italia e nell’Europa mettendo a repentaglio la propria vita affinché cambiasse». «I sopravvissuti – ha annunciato il ministro della Difesa – sono coloro che in primis avranno l’attenzione del nostro paese», una dichiarazione di estrema umanità, che però si scontra con una realtà giuridica evidente: conosce già il ministro Mauro quanti dei sopravvissuti abbiano i requisiti per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato?

Nella gara tra presenti e assenti, menzione per il vicesindaco di Palermo, Cesare Lapiana, presente in rappresentanza della “capitale” della Sicilia, mentre ha fatto mancare la propria presenza il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, secondo il quale tutta la manifestazione era una «passerella per i politici», una valutazione non del tutto infondata.

Impossibile mancasse il presidente della regione, Rosario Crocetta, che avrebbe «gradito che ci fossero qui anche i superstiti del naufragio del 3 ottobre. E sarebbe stato ancora meglio fare i funerali alla presenza delle bare» anche se poi ha aggiunto, come di consueto, una nota distensiva ed ecumenica: «ma non è questo il momento delle polemiche». Si vede che la pace all’interno del PD in Sicilia sta per scoppiare, con tutto il carico di morti e feriti (naturalmente, e fortunatamente, solo in senso lato).

Deres Araya, presidente della Comunità Eritrea in Italia, ha chiesto che «l’Italia mantenga la promessa e riconsegni le salme alle loro famiglie in Eritrea», circostanza che oggettivamente ci sembra di impossibile realizzazione, visti gli alti costi che comporterebbe. Le salme hanno già trovato degna sepoltura nei cimiteri di tutta la Sicilia.

Tra le decine di eritrei provenienti da tutta Italia per prendere parte al rito anche due persone che esibivano un cartello di protesta, con scritto “perché i 157 sopravvissuti non sono stati invitati?“. Una evidente provocazione, visto lo status ancora indefinito di queste persone, trattenuta nei centri di identificazione siciliani. Presenti anche un gruppo di cattolici coopti con i tipici abiti della religione e il vicepresidente della comunità religiosa islamica Yahya Pallavicini.

I migranti sopravvissuti, nell’impossibilità di recarsi a San Leone (e di far perdere le proprie tracce fidando della inevitabile confusione?) hanno inscenato una protesta nel centro di accoglienza di Lampedusa. Un gruppo di eritrei ha forzato l’ingresso del centro di accoglienza di Contrada Imbriacola e ha impedito l’uscita dei pullman con a bordo un gruppo di siriani diretto in Puglia. Alcuni di loro hanno anche bloccato la strada con un grosso masso. Altri hanno raggiunto il Comune di Lampedusa, dove una delegazione ha incontrato il vicesindaco dell’isola. Alla fine, la protesta è rientrata, ma non i malumori degli eritrei.

Nel frattempo la sindaca di Lampedusa, Giusy Nicolini, avendo disertato la cerimonia di commemorazione a San Leone, ha potuto presentare un piano, che prevede l’ammissione per motivi umanitari nell’Unione Europea per i sopravvissuti alla tragedia dell’Isola dei Conigli, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il presidente della Commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi.

Secondo Nicolini – che sta maturando competenze geopolitiche e geostrategiche sul campo, «l’operazione ‘Mare nostrum’» non ha un impatto sufficiente, perché «si continuano a dare risposte militari a domande umanitarie. Sarebbe il momento di cambiare» ha detto Nicolini, che avrebbe «trovato più utile decongestionare il centro di Lampedusa dove non è cambiato nulla» come se questa misura fosse in contraddizione con il dovere di presidiare le frontiere esterne.

Secondo la sindaca di Lampedusa la situazione si risolverebbe con l’ammissione umanitaria nell’Unione Europea attraverso la concessione di una misura di protezione temporanea, ma Nicolini non ha spiegato con quali mezzi e risorse eventualmente andrebbe alla ricerca di queste persone, una volta si disperdessero in tutta Europa.

Ma la giornata di Giusy Nicolini a Roma non si è fermata al Senato, perché è proseguita alla Camera, dove ha incontrato la presidente Boldrini, giudicando in quell’occasione non sorprendenti le contestazioni ad Alfano, visto che tutta la situazione «in modo illogico», a partire dal fatto «che ai sopravvissuti che hanno chiesto di prender parte alla cerimonia non è stata riconosciuta questa possibilità».

Infine Nicolini è passata dal Quirinale, per un incontro con Giorgio Napolitano, che «si è mostrato interessato e ci ha fatto molte domande» ha detto la sindaca di Lampedusa, che ha presentato al capo dello Stato la richiesta del “Comitato 3 ottobre”, ossia di celebrare ogni anno una giornata dedicata alle vittime del mare, a tutti quei migranti che, partiti nella speranza di trovare un futuro migliore, sono finiti in fondo al Mediterraneo». La giornata infatti non poteva finire con una botta di retorica, a futura memoria. Siamo certi che la signora Nicolini – che lavora senza dubbio in situazioni non ordinarie di stress emotivo e fisico – avrà un futuro nella politica nazionale.

Credit: info, Adnkronos – Photo, TMnews

Un pensiero su “Alfano ad Agrigento, contestazione fuori luogo. La Kyenge corretta dall’ufficio stampa sui funerali di Stato

  • 22/10/2013 in 03:55:43
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    Non amo alfano e non amo berlusconi e tutto il suo centrodestra però ho la strana sensazione che si stia speculando sulla morte di esseri umani.
    1- prima che qualcuno ci chiami anche assassini ricordo a me stesso che i profughi non sono stati uccisi da noi italiani
    2- Abbiamo il demerito di essere impreparati ad affrontare disastri del genere e su questo siamo tutti uguali e tutti colpevoli dai politici di destra e di sinistra ai tecnici alle associazioni di volontariato che vivacchiano di “rimborsi” e fanno di tutto senza averne competenza.
    3- A fronte di tanta impreparazione e incompetenza si scatenano i paladini della giustizia, quelli sempre pronti a trovare i colpevoli , i martiri e gli eroi. Prima ancora che si siano raccolte le salme già si parla di premio nobel.. a chi e per cosa ? Per i pescherecci che se la sono squagliata, Per un minimo di mobilitazione davanti ad una catastrofe immane? Per le lacrime di un sindaco che anziché denunciare con nome e cognome i responsabili del centro accoglienza, partecipa con proclami ed editti alle sceneggiate dei media e si rifiuta di partecipare ad una commemorazione dello Stato che ella stessa rappresenta.
    4- Se veramente si fosse rispettosi delle vittime quella della cerimonia doveva essere una giornata di silenzio e di raccoglimento.
    Fare gli sciacalli è certamente comodo ma a volte fa un po’ schifo.

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