Ocse: italiani in affanno, pagano la crisi. Sprofondati nella classifica benessere. Contenti?

Nella classifica del “How’s life 2013” dell’OCSE sulla qualità della vita, l’Italia soffre più di tutti gli altri Paesi europei. Solo Spagna e Grecia stanno peggio…

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Siamo in braghe di tela! Ma potremmo stare peggio”. Con questo claim non proprio consolatorio si potrebbero commentare i dati del ‘How’s life 2013’, l’annuale studio dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico)  sulla qualità della vita, che dà l’Italia in piena “zona retrocessione”.

Secondo la graduatoria stilata dall’organizzazione con sede a Parigi, il nostro Paese è tra quelli che stanno soffrendo di più le conseguenze della crisi, anche per scelte governative poco assennate. Tanto è vero che gli italiani hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni, hanno subito un calo del reddito del 7% in cinque anni e si attestano ben al di sotto della media per impegno civile, occupazione, sicurezza personale, alloggio, qualità ambientale, connessioni sociali, istruzione, competenze e benessere soggettivo. Un quadro impietoso che, se facciamo mente locale, riprende le criticità di sistema su cui noi tutti possiamo citare un episodio personale, magari non condividendo la lettura complessiva che l’OCSE da dell’Italia come sistema Paese.

20131105-logooecd_enIl rapporto ‘How’s life 2013’ dell’Ocse considera 11 variabili per misurare il benessere dei cittadini – dal reddito alla salute, dall’istruzione alla casa – e segnala che il grado di soddisfazione degli italiani è calato del 10% tra il 2007 e il 2012. Solo Spagna e Grecia hanno fatto peggio, con i loro indicatori calati rispettivamente del 12% e del 20%.

In generale, emerge che la famiglia media italiana è stata colpita dalla crisi in modo più duro che quelle di di altri Paesi. Dal 2007 al 2011 l’Italia ha registrato un calo del reddito disponibile delle famiglie di circa il 7%, uno dei dati peggiori tra i paesi OCSE. L’impatto della crisi si è manifestata con una frenata dell’occupazione e con un deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro: tra il 2007 e il 2012, il tasso di occupazione è diminuito di oltre 1 punto percentuale in Italia, mentre il tasso di disoccupazione a lungo termine è aumentato di quasi 3 punti percentuali. La mancanza di lavoro ha inciso sul livello di soddisfazione complessiva di vita. Dal 2007 al 2012, infatti, la percentuale di italiani che dichiarano di essere molto soddisfatti della loro vita sono scesi dal 58% al 42%. Su questo fronte il nostro Paese è tra i peggiori d’Europa, ma i dati potrebbero perfino essere più ottimisti in termini statistici della realtà sociale percepita.

L’OCSE segnala che durante la crisi è diminuita la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nel modo in cui funziona la democrazia, un dato molto pericoloso, se raffrontato ad analoghe situazioni storiche vissute nello scorso secolo, che sfociarono poi in derive dittatoriali e in quel che noi tutti sappiamo: l’orrore della Seconda Guerra Mondiale.

La percentuale di italiani che ha fiducia nel governo è scesa dal 30% al 28% tra il 2007 e il 2012, ma anche in questo caso il dato potrebbe essere falsato in senso ottimistico della realtà. Se vogliamo cogliere un segno positivo però lo troviamo nel fatto che nello stesso periodo sono aumentate nuove forme di solidarietà e di impegno. La percentuale di persone che riferiscono di aver dedicato tempo al volontariato è aumentata di 4 punti percentuali tra il 2007 e il 2012, un aumento più forte rispetto alla media OCSE. Non a caso l’Italia è il Paese dove il welfare più efficiente è quello elargito dalle famiglie.

Il divario di genere, che nel complesso si è ridotto negli altri Paesi, resta abbastanza marcato nel nostro Paese, in particolare sul fronte salari: la differenza tra lavoratrici e lavoratori, si è ampliato.

Negli ultimi 20 anni il Paese è stato (s)governato da centro-destra e centro-sinistra quasi per lo stesso tempo, trovando poi sublimazione nel Governo Monti 1 (e si auspica ultimo) e nel Governo Letta di “Larghe intese”. Con il risultato di avere sprofondato l’Italia in tutte le classifiche economiche internazionali. In tema di classifiche internazionali, però, il Paese non brilla per trasparenza, per libertà di stampa, per tasso di corruzione, segni inequivocabili che l’Italia non va male solo perché la classe dirigente non è adeguata, ma anche perché i cittadini non fanno (facciamo) il proprio (nostro) dovere: controllare il potere, non blandirlo, assecondarlo, chiederne l’intervento per occupazione, raccomandazioni varie et similia.

Siamo tutti contenti del risultato finale?

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