Caso Fonsai: la Camera respinge la mozione di sfiducia del M5S: 405 no, 154 sì e 3 astenuti
L’intervento del ministro: “Non esistono detenuti di serie A e di serie B”. Poi sottolinea: “Non ho mai mentito”. M5S all’attacco: ”Già sfiduciata dal Paese”
L’aula della Camera dei Deputati ha respinto la mozione di sfiducia individuale presentata dal Movimento 5 Stelle contro la ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, con 405 no e 154 sì. Gli astenuti sono stati tre.
In mattinata il dibattito, l’intervento della ministro Cancellieri e le repliche dei deputati.
Non esiste ”nessuna giustizia di classe”. Lo ha assicurato il Guardasigilli Annamaria Cancellieri, nel suo intervento alla Camera dopo la discussione sulla mozione di sfiducia voluta dal M5S per il caso Fonsai.
Cancellieri, prima di entrare in aula, ha visto nella sala del governo di Montecitorio il premier Enrico Letta e il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini. Dopo il suo intervento, seguiranno le dichiarazioni di voto e il voto finale per chiamata nominale
La discussione è iniziata con l’intervento di Tancredi Turco. Il deputato 5 stelle ha illustrato a Montecitorio la mozione di sfiducia nei confronti del Guardasigilli. “Ministro lei ha la fiducia del governo, ma non quella del Parlamento. E’ già stata sfiduciata da cittadini italiani”, ha detto Turco.
Poi per protesta, i deputati grillini hanno fatto squillare contemporaneamente i loro cellulari, ‘puntandoli’ verso il ministro Guardasiglli, al grido di “dimissioni, dimissioni”.
Walter Verini, capogruppo in Commissione Giustizia del Pd, intervenendo in Aula ha dichiarato: “La mozione Cancellieri è un attacco politico al governo, lo si chiami con il suo nome”. Verini è stato interrotto più volte nel corso del suo intervento per aver criticato il M5S, accusando Grillo di voler tornare alle elezioni con il Porcellum. Il deputato dem ha chiesto al presidente Laura Boldrini di consentirgli di recuperare il tempo perduto “a causa di queste intemperanze”.
La Lega Nord voterà la mozione di sfiducia. Lo ha confermato il capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni. “Siamo in attesa che il ministro Cancellieri, con un atto di responsabilità verso le istituzioni, possa presentare in modo autonomo le dimissioni”, ha dichiarato.
Anche Sel voterà la mozione di sfiducia M5S. “Il ministro Annamaria Cancellieri ha fatto un buon lavoro da ministro. Ma non ha più la piena fiducia della sua maggioranza”, ha detto Daniele Farina, di Sel, intervenendo nell’aula di Montecitorio.
La situazione di Giulia Ligresti “era già nota sia alla magistratura torinese che all’amministrazione penitenziaria prima della mia telefonata”, ha spiegato la ministro della Giustizia. Quindi “non vi è stato nessun inconsueto zelo, né un’anomala tempestività, meno che mai generata da un mio intervento come adombrato da qualcuno, ma un’ordinaria attività di prevenzione che si è sviluppata in maniera assolutamente autonoma, come dimostra la scansione temporale degli avvenimenti”. Ad Antonino Ligresti, ha detto il Guardasigilli, “sono legata da un lungo rapporto di amicizia“.
”Respingo con assoluta fermezza che l’esito” della vicenda Ligresti sia ”la conferma” e dimostri l’esistenza ”di una giustizia di classe”, ”non ho mai fatto differenze tra detenuti di serie A e di serie B”, ha assicurato il Guardasigilli. ”So bene – ha continuato – che il trattamento penitenziario può conoscere risposte differenti pure in presenza di domande uguali”.
”Non vi è stato nessun favoritismo né interventi calati dall’alto e questo è ciò che dicono i fatti”, ha detto il ministro. ”I miei doveri di ministro e la mia coscienza – ha assicurato – non mi avrebbero consentito di comportarmi” nel caso di Giulia Ligresti ”diversamente da come mi sono comportata” in tanti altri casi di cui è arrivata segnalazione.
“Sono stata io stessa – ha ricordato – a riferire il contenuto delle comunicazioni intervenute con Antonio Ligresti, spiegandone il senso. Se non lo avessi fatto, i contenuti di quelle comunicazioni, che non erano state intercettate, mai sarebbero diventati noti, mai sarebbero diventati noti”.
“Sono grata al presidente del Consiglio e ai colleghi” di governo ”per un sostegno che non è mai mancato. E confido che il Parlamento mi confermi la fiducia”, ha detto in aula il ministro della Giustizia.
“Non ho mentito al Parlamento, né ai magistrati su alcun elemento di fatto che poteva essere utile a chiarire ogni aspetto della vicenda”, ha affermato Cancellieri. “Non ho mentito neppure – ha aggiunto- sulla mia amicizia con uno dei membri della famiglia Ligresti, Antonino. Siamo amici da molti anni, è amico di mio marito, ci vediamo e ci sentiamo spesso al telefono. Nel processo relativo alla Fonsai, Antonino non è mai stato indagato né ha avuto alcun ruolo. Opera da anni in Francia in campo sanitario e non ha alcun rapporto di affari con il fratello Salvatore. Respingo con forza l’automatismo, privo di qualunque sostanza, secondo il quale, da questo rapporto di amicizia sarebbero derivati favoritismi o addirittura abusi connessi con il ruolo istituzionale da me ricoperto. I fatti dimostrano il contrario”.
“Non ho acquisito alcun debito di riconoscenza – ha ribadito -, ho agito in assoluta fedeltà e lealtà alle istituzioni. Se avessi avuto un dubbio su questo, non avrei avuto esitazioni a lasciare l’incarico“. Il Guardasigilli ha sottolineato di “non essere mai venuta meno al principio che nessuna posizione personale” possa prevalere “rispetto al superiore interesse del Paese”.
“Si è sostenuto – ha affermato il ministro della Giustizia – che io abbia omesso di riferire circostanze rilevanti al pm di Torino nel corso dell’audizione del 22 agosto e in particolare che avrei taciuto di una terza telefonata con Antonino Ligresti”. “Da parte mia – ha dichiarato – non c’è stata alcuna omissione o reticenza e lo dimostrano il modo inconfutabile i contenuti del verbale della mia audizione”.
“Ho affrontato questi giorni da persona libera e da persona forte – ha continuato -, perché non ho contratto debiti di riconoscenza verso nessuno”. Cancellieri ha manifestato la propria “amarezza” per come è stata descritta la vicenda delle telefonate con i Ligresti, secondo una rappresentazione che ha “toccato il mio onore”.
Cancellieri, prima di entrare in aula, ha visto nella sala del governo di Montecitorio il premier Enrico Letta e il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini.
La discussione è iniziata con l’intervento di Tancredi Turco. Il deputato 5 stelle ha illustrato a Montecitorio la mozione di sfiducia nei confronti del Guardasigilli. “Ministro lei ha la fiducia del governo, ma non quella del Parlamento. E’ già stata sfiduciata da cittadini italiani”, ha detto Turco.
Giulia Sarti, del M5S, ha sottolineato: da questa vicenda “emerge chiaramente che ci sono cittadini di serie A e di serie Zeta, una volta bisognava conoscere persone influenti per avere raccomandazioni o favoritismo. Ora siamo oltre: occorre il numero di cellulare del ministro per avere corsie preferenziali”. Quindi per protesta, i deputati grillini hanno fatto squillare contemporaneamente i loro cellulari, ‘puntandoli’ verso il Guardasiglli, al grido di “dimissioni, dimissioni”.
Poi al termine dell’intervento in sede di dichiarazione di voto del loro collega Andrea Colletti, i parlamentari grillini hanno esposto cartelli con la scritta ‘Cancellieri a casa’ (con tre punti esclamativi). Immediato l’intervento dei commessi. La scritta, però, è rimasta in aula, perché i deputati M5S hanno disposto sugli scranni diversi fogli che compongono la medesima frase : ‘Cancellieri a casa’.
Il capogruppo alla Camera di Fi, Renato Brunetta, parlando in aula ha dichiarato: ”Noi voteremo convintamente e sinceramente contro la sfiducia alla Cancellieri. E’ il Pd, invece, che sta fingendo: quella di oggi, presidente Letta, è una fiducia di Pirro…”. ”Renzi che ormai è il capo del Pd – avverte Brunetta rivolto a Letta – vuole sfrattarla da palazzo Chigi al più presto”. ”Noi annunciamo una fiducia morale e convinta al ministro. Mentre questa – ha aggiunto – è una fiducia in maschera. Oggi il Pd infila un cappio doppio attorno al collo del premier”.
Il segretario del Pd Guglielmo Epifani ha confermato la fiducia al ministro della Giustizia e le ha chiesto di ”continuare il suo lavoro”. Giuseppe Civati in aula ha dichiarato: “Dopo aver ascoltato il ministro, mantengo il mio disagio ma per disciplina di partito mi unirò al voto del partito“
Credit: Adnkronos
Ultimo aggiornamento 20 Novembre 2013, ore 13.51
Non esiste ”nessuna giustizia di classe”. Lo ha assicurato il Guardasigilli Annamaria Cancellieri, nel suo intervento alla Camera dopo la discussione sulla mozione di sfiducia voluta dal M5S per il caso Fonsai.
La situazione di Giulia Ligresti “era già nota sia alla magistratura torinese che all’amministrazione penitenziaria prima della mia telefonata”, ha spiegato. Quindi “non vi è stato nessun inconsueto zelo, né un’anomala tempestività, meno che mai generata da un mio intervento come adombrato da qualcuno, ma un’ordinaria attività di prevenzione che si è sviluppata in maniera assolutamente autonoma, come dimostra la scansione temporale degli avvenimenti”. Ad Antonino Ligresti, ha detto il Guardasigilli, “sono legata da un lungo rapporto di amicizia“.
”Respingo con assoluta fermezza che l’esito” della vicenda Ligresti sia ”la conferma” e dimostri l’esistenza ”di una giustizia di classe”, ”non ho mai fatto differenze tra detenuti di serie A e di serie B”, ha assicurato il Guardasigilli. ”So bene – ha continuato – che il trattamento penitenziario può conoscere risposte differenti pure in presenza di domande uguali”.
”Non vi è stato nessun favoritismo né interventi calati dall’alto e questo è ciò che dicono i fatti”, ha detto il ministro. ”I miei doveri di ministro e la mia coscienza – ha assicurato – non mi avrebbero consentito di comportarmi” nel caso di Giulia Ligresti ”diversamente da come mi sono comportata” in tanti altri casi di cui è arrivata segnalazione.
“Sono stata io stessa – ha ricordato – a riferire il contenuto delle comunicazioni intervenute con Antonio Ligresti, spiegandone il senso. Se non lo avessi fatto, i contenuti di quelle comunicazioni, che non erano state intercettate, mai sarebbero diventati noti, mai sarebbero diventati noti”.
“Sono grata al presidente del Consiglio e ai colleghi” di governo ”per un sostegno che non è mai mancato. E confido che il Parlamento mi confermi la fiducia”, ha detto in aula il ministro della Giustizia.
“Non ho mentito al Parlamento, né ai magistrati su alcun elemento di fatto che poteva essere utile a chiarire ogni aspetto della vicenda”, ha affermato Cancellieri. “Non ho mentito neppure – ha aggiunto- sulla mia amicizia con uno dei membri della famiglia Ligresti, Antonino. Siamo amici da molti anni, è amico di mio marito, ci vediamo e ci sentiamo spesso al telefono. Nel processo relativo alla Fonsai, Antonino non è mai stato indagato né ha avuto alcun ruolo. Opera da anni in Francia in campo sanitario e non ha alcun rapporto di affari con il fratello Salvatore. Respingo con forza l’automatismo, privo di qualunque sostanza, secondo il quale, da questo rapporto di amicizia sarebbero derivati favoritismi o addirittura abusi connessi con il ruolo istituzionale da me ricoperto. I fatti dimostrano il contrario”.
“Non ho acquisito alcun debito di riconoscenza – ha ribadito -, ho agito in assoluta fedeltà e lealtà alle istituzioni. Se avessi avuto un dubbio su questo, non avrei avuto esitazioni a lasciare l’incarico“. Il Guardasigilli ha sottolineato di “non essere mai venuta meno al principio che nessuna posizione personale” possa prevalere “rispetto al superiore interesse del Paese”.
“Si è sostenuto – ha affermato il ministro della Giustizia – che io abbia omesso di riferire circostanze rilevanti al pm di Torino nel corso dell’audizione del 22 agosto e in particolare che avrei taciuto di una terza telefonata con Antonino Ligresti”. “Da parte mia – ha dichiarato – non c’è stata alcuna omissione o reticenza e lo dimostrano il modo inconfutabile i contenuti del verbale della mia audizione”.
“Ho affrontato questi giorni da persona libera e da persona forte – ha continuato -, perché non ho contratto debiti di riconoscenza verso nessuno”. Cancellieri ha manifestato la propria “amarezza” per come è stata descritta la vicenda delle telefonate con i Ligresti, secondo una rappresentazione che ha “toccato il mio onore”.
Cancellieri, prima di entrare in aula, ha visto nella sala del governo di Montecitorio il premier Enrico Letta e il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini.
La discussione è iniziata con l’intervento di Tancredi Turco. Il deputato 5 stelle ha illustrato a Montecitorio la mozione di sfiducia nei confronti del Guardasigilli. “Ministro lei ha la fiducia del governo, ma non quella del Parlamento. E’ già stata sfiduciata da cittadini italiani”, ha detto Turco.
Giulia Sarti, del M5S, ha sottolineato: da questa vicenda “emerge chiaramente che ci sono cittadini di serie A e di serie Zeta, una volta bisognava conoscere persone influenti per avere raccomandazioni o favoritismo. Ora siamo oltre: occorre il numero di cellulare del ministro per avere corsie preferenziali”. Quindi per protesta, i deputati grillini hanno fatto squillare contemporaneamente i loro cellulari, ‘puntandoli’ verso il Guardasiglli, al grido di “dimissioni, dimissioni”.
Poi al termine dell’intervento in sede di dichiarazione di voto del loro collega Andrea Colletti, i parlamentari grillini hanno esposto cartelli con la scritta ‘Cancellieri a casa’ (con tre punti esclamativi). Immediato l’intervento dei commessi. La scritta, però, è rimasta in aula, perché i deputati M5S hanno disposto sugli scranni diversi fogli che compongono la medesima frase : ‘Cancellieri a casa’.
Il capogruppo alla Camera di Fi, Renato Brunetta, parlando in aula ha dichiarato: ”Noi voteremo convintamente e sinceramente contro la sfiducia alla Cancellieri. E’ il Pd, invece, che sta fingendo: quella di oggi, presidente Letta, è una fiducia di Pirro…”. ”Renzi che ormai è il capo del Pd – avverte Brunetta rivolto a Letta – vuole sfrattarla da palazzo Chigi al più presto”. ”Noi annunciamo una fiducia morale e convinta al ministro. Mentre questa – ha aggiunto – è una fiducia in maschera. Oggi il Pd infila un cappio doppio attorno al collo del premier”.
Il segretario del Pd Guglielmo Epifani ha confermato la fiducia al ministro della Giustizia e le ha chiesto di ”continuare il suo lavoro”. Giuseppe Civati in aula ha dichiarato: “Dopo aver ascoltato il ministro, mantengo il mio disagio ma per disciplina di partito mi unirò al voto del partito“