Scaroni al ‘Corriere’: sull’energia l’Europa è debole a causa dei propri errori

Dopo l’intervista di ieri al Financial Times, l’Ad dell’Eni illustra uno scenario di tranquillità per le necessità energetiche del Paese, ma in una prospettiva più larga le ipotesi – da assumere in una prospettiva UE – sono tre: o si “abbraccia” lo shale gas o si abbraccia la Russia di Putin o, cambiando mentalità e innovando strutture, ci si rivolge agli Stati Uniti, ma servono investimenti strutturali importanti e coordinati

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Roma  – “L’Europa ha pensato di poter giocare un ruolo tra i grandi del mondo pur non essendo indipendente energeticamente, ma così non funziona”. Per l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, intervistato dal Corriere della Sera, “l’indipendenza politica coincide con quella energetica“.

Scaroni ricorda che sul gas la Germania dipende per oltre un terzo dalla Russia e l’Italia acquista il 28 per cento del suo approvvigionamento da Mosca. “Per questo – rivela Scaroni – ero domenica in Libia, volevo accertarmi della sicurezza delle forniture alternative per il nostro paese nel caso la situazione precipitasse“. “Mi sento – assicura – di poter essere abbastanza ottimista sulle nostre forniture di gas“.

Oggi – prosegue Scaroni – oltre al problema dei costi abbiamo anche un potenziale problema di sicurezza degli approvvigionamenti“. “Pensi: Spagna, Portogallo e Gran Bretagna non comprano gas russo. Francia Italia e anche Olanda, lo acquistano ma hanno anche altri paesi fornitori. Altre nazioni come Austria, Polonia, Bulgaria senza il gas di Mosca sono al freddo dall’oggi al domani“.

Il 38 per cento del gas tedesco arriva dalla Russia, ma non passa per l’Ucraina. I problemi si creerebbero se l’Unione europea decidesse di sanzionare il gas russo e allora a quel punto anche il North Stream sarebbe inutilizzabile“, aggiunge l’Ad di Eni in scadenza di mandato, ma che ha ben operato nel settore petrolifero.

Sul South Stream, Scaroni ammette che “rispetto a due mesi fa la situazione si è complicata. Vedendo le cose da un punto di vista commerciale, dovremmo essere favorevoli al South Stream, che permette di evitare il rischio di transito Ucraina e poi verrà costruito dalla Saipem, di cui siamo azionisti. Ma la chiave di lettura della politica dell’Occidente potrebbe essere diversa, perchè la costruzione del South Stream – spiega Scaroni – sancirebbe i legami tra Russia e Europa in materia di energia. Il tema è complicato dal fatto che l’intera crisi viene gestita da una commissione europea che sta per scadere e con la prospettiva di elezioni a maggio“.

La crisi in Ucraina – aggiunge Scaroni – come le mosse di Putin, ci stanno dicendo che il re è nudo. La crisi politica è innegabilmente complicata dal fatto che l’Europa non è indipendente dal punto di vista energetico“.

Qualche mese fa – ricorda l’amministratore delegato dell’Eni – in un articolo che ospitò il Financial Times, dissi che si poteva riassumere la questione energetica in uno slogan: o siamo disposti, come gli americani, ad abbracciare lo shale gas o saremo costretti ad abbracciare Putin“.

Non voglio fare valutazione politiche – dice ancora Scaroni riferendosi all’annessione della Crimea – che non mi appartengono. Ma Putin evidentemente non poteva perdere uno dei suoi unici 5 porti con un pescaggio superiore a 14 metri e quindi in grado di ospitare la marina da guerra“. Scaroni spiega poi che l’Italia, in caso di interruzione del gas russo “a differenza di altri paesi, ha diversificato le forniture e, se tutte le altre nazioni rispettassero i loro contratti, potremmo fare a meno del gas russo“. “L’Algeria – dice Scaroni – è uno dei nostri fornitori, Il 4 aprile andrà al voto, ma la situazione è molto stabile“. In Libia “le nostre produzioni stanno andando bene, ma la situazione richiederà qualche anno prima di stabilizzarsi definitivamente. Ritengo che al-Thani potrà guidare lo Stato almeno fino alle elezioni di giugno e si sta muovendo con ordine e metodo“.

Sulla possibilità che gli Stati Uniti possano prendere il posto della Russia come fornitore di gas, Scaroni è possibilista. “Forse, ma non è questione né di giorni, né di mesi. A differenza del petrolio che si compra un po’ ovunque il gas ha bisogno di infrastrutture, che sono liquefattori, navi, rigassificatori. Non si tratta solo – spiega – di aprire un rubinetto e chiuderne un altro“.

(Credit: AGI)