La preoccupazione di Napolitano: ‘quest’anno è allarme lavoro’

Nell’incipit del suo intervento al Quirinale, il presidente della Repubblica ha usato i toni del monito duro per l’emergenza lavoro. “No, non è eccessivo parlare di allarme lavoro”, ha detto, “necessarie riforme”

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Roma – “Se volessimo dare un nome” a questa giornata del Primo Maggio, “non è eccessivo parlare di allarme lavoro“. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aprendo il suo intervento al Quirinale in occasione della cerimonia della Festa del Lavoro.

No, non è eccessivo parlare di ‘allarme lavoro’: per suscitare il massimo di reazioni in tutti i sensi, non certo per abbandonarsi allo scoramento. Il massimo di reazione – ha detto Napolitano – in termini di riforme e di politiche pubbliche, di impegno delle imprese e delle organizzazioni sociali, di iniziativa dal basso, individuale e di gruppo“.

L’opposto, insomma, della rassegnazione, del fatalismo e anche dell’ordinaria amministrazione della pigra e lenta routine burocratica“. “Non tocca a me esprimermi sul merito di orientamenti e provvedimenti e sui punti controversi che presentano“, ha detto il capo dello Stato.

Il confronto è fisiologico e il dissenso pienamente libero di esprimersi: ma le scelte conclusive non possono tardare a lungo“, ha aggiunto, dopo aver premesso: “come stia reagendo con accresciuto dinamismo e spirito innovativo il governo lo ha detto qui il ministro Poletti“.

Secondo il presidente della Repubblica, ai sindacati spetta “un ruolo essenziale e nuovo“, perché sono chiamati, in un quadro grave di crisi aziendali come l’attuale, “a concorrere alla ricerca di soluzioni solidaristiche, innovative, coraggiose e determinate“. I sindacati “per loro natura – ha detto il capo dello Stato – hanno storicamente sempre avuto difficoltà a rappresentare, insieme con il lavoratori, i senza lavoro, le istanze degli uni e degli altri. Ma anche salvaguardare posti di lavoro a rischio, oggi implica azioni diverse da quelle tradizionali di difesa condotte dai sindacati“. Dunque i sindacati regno della conservazione.

Per raggiungere l’obiettivo della piena occupazione e del progresso sociale servono “anche in Italia ripensamenti non da poco nei nostri sistemi di garanzia del benessere e della protezione sociale“, ha aggiunto il presidente della Repubblica, “anche al fine di evitare che venga messo a rischio quel modello civile che nella seconda metà del ‘900 ha fatto dell’Europa un punto di riferimento mondiale“, ha osservato ancora. “Per non far regredire l’Italia e l’Europa, per rilanciarne il ruolo e i valori, innanzitutto promuovendo decisamente crescita e occupazione, ricerca e formazione, si impongono riforme razionalizzatrici“, ha concluso il presidente della Repubblica, “dal mercato del lavoro al sistema tributario“. E si impongono per questo “politiche severe di impiego trasparente e produttivo del denaro pubblico, incidendo su sprechi, corruzione, privilegi e parassitismi“.

(Credit: AGI)