6 Giugno 1944-2014, Normandia. Abbiamo tutti 70 anni

Le confessioni di un siciliano invidioso delle commemorazioni per il 70° Anniversario dello Sbarco Alleato che completò l’opera iniziata 11 mesi prima in Sicilia. Dove lo scorso anno non c’è stato niente di paragonabile, perché…

young teen girl on the roof of the winter freeze

Non ho conosciuto per anni il sentimento dell’invidia, ma dal 2005 un po’ è cambiata la mia vita. Nell’agosto di quell’anno ho viaggiato per tutta la Normandia, fermandomi in ogni posto per visitare quanto più possibile della selva di monumenti, ricordi, musei, stele erette in memoria dei caduti nella più imponente operazione anfibia della Storia, lo Sbarco Alleato.

Il Giugno 1944 vi fu però il secondo decisivo atto di una tragedia che preparò il sorriso della libertà. Il primo atto era stato messo in scena 11 mesi prima, sulle coste meridionali della Sicilia, quando gli Alleati anglo-americani iniziarono la conquista dell’Europa da Agrigento a Siracusa, passando per Licata, Gela, Scoglitti, Punta Braccetto, Punta Secca, Marina di Ragusa, Samperi.

In Sicilia però non c’è alcuna traccia di rilievo di quella straordinaria spedizione, che – nonostante qualche pagina di ferocia bellica – non può farci dimenticare che la libertà (forse eccessiva e utilizzata in modo irresponsabile) di oggi è esercitabile solo grazie al sacrificio di quegli uomini e quelle donne che decisero di immolarsi per sconfiggere l’orrore nazifascista.

In Sicilia non vi fu un movimento di Resistenza, ma gli unici intoppi incontrati dai soldati anglo-americani furono le forze della Wermacht e del Regio Esercito Italiano, prima che l’aria dell’armistizio non cogliesse la soverchiante forza di invasione e consigliasse un’intelligente resa.

Nei 70 anni successivi a quell’evento storico, la classe politica e dirigente siciliana non ha costruito attorno a quei momenti percorsi culturali e della memoria collettiva, che si potessero tradurre in un reticolo di testimonianze, di musei rievocativi, di monumenti celebrativi, di rappresentazione plastica del tributo e del ringraziamento per la libertà riconquistata. Turismo della memoria, che peraltro porta denaro sonante.

Questa lacuna storica – che getta una montagna indelebile di vergogna sull’intera classe dirigente isolana, senza sensibili eccezioni – ha una radice: i siciliani furono beneficiari della riconsegna della libertà, non ne furono artefici: se la videro ridare fittiziamente, così come se l’erano vista togliere senza muovere un dito Così, per tutti questi anni non hanno ritenuto di dover ringraziare con fatti concreti coloro che donarono il proprio sangue e la propria esistenza, i propri progetti, i propri sogni perché le nostre esistenze, i nostri progetti, i nostri sogni potessero vivere.

C’è un’indelebile maleducazione di fondo in tutto questo approccio, la stessa maleducazione e impreparazione con cui il presidente della Sicilia Rosario Crocetta lo scorso anno, il 10 Luglio 2013, arrivò in ritardo alla commemorazione del 70° Anniversario dell’Operazione Husky a Gela. Nella sua città, nella città dove ho abitato per 42 anni. Ma Crocetta è il degno rappresentante di una classe dirigente inadeguata al ruolo, per mantenermi in un’area di eufemismo rafforzato.

In Sicilia più che produrre Storia, l’abbiamo consumata in modo incosciente, gettandone l’involucro nei rifiuti non riciclabili. Abbiamo gettato nella discarica dei valori quell’immane sforzo che fece arrivare nell’isola giovani australiani, canadesi, gallesi, inglesi, neo-zelandesi, scozzesi a combattere per la nostra libertà. La storia è però transitata lasciando poche tracce, poche vestigia, mantenute con dedizione amorevole dagli americani.

Non c’è sufficiente rispetto per chi ha dato il proprio sangue per la nostra libertà. Non ce ne sarà mai forse. E questo mi spinge ad essere invidioso della Normandia – terra di cui porto tracce labili per parte di madre – che ha saputo valorizzare, e così ringraziare, il sacrificio storico di una generazione di giovani di cui portiamo per sempre sogni, speranze e valori.

Visitando l’American Cemetery di Colleville-sur-mer si ha uno choc di bellezza e memoria. Dall’Atlantico spira una brezza che sembra portare le voci dei 10.000 militari che ivi riposano. Quelle voci ci tramandano quei sogni, quelle speranze, quei valori.

Ecco perché noi tutti, a prescindere dalla data di nascita, abbiamo 70 anni.

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