Da Gela a Omaha Beach. I luoghi della Storia ci narrano il passato e ci mostrano la qualità della classe dirigente

Due sbarchi liberatori, Husky e Overlord. Due episodi della liberazione dal gioco nazi-fascista. Due modi diversi di gestire il territorio, investendo in cultura e conoscenza. Due terre – Sicilia e Normandia – unite più volte dal destino, divise da classi dirigentvi assai diverse

Omaha Beach, Normandia. Il monumento in memoria dei caduti dell'Operazione Overlord
Omaha Beach, Normandia. Il monumento in memoria dei caduti dell’Operazione Overlord

Capita a tutti associare un suono, una parola, un gusto, un’immagine a una sensazione. Gli esperti la chiamano associazione di idee, un concetto assolutamente soggettivo. Pensare allo Sbarco in Normandia o allo Sbarco in Sicilia, mentre si riflette sulla impasse politico-istituzionale in cui è immersa fino al collo l’Italia, necessiterebbe la consulenza di un medico della mente particolarmente bravo. Almeno di primo acchito.

Al contrario, c’è un nesso tra i tempi presenti e quei due fatti storici che cambiarono le sorti della II Guerra Mondiale in Europa. Sotto il profilo storico, è ormai acclarato che il successo dell’Operazione Husky del luglio 1943 costituì la premessa strategica e il presupposto operativo per l’avvio dell’invasione dell’Europa continentale da nord-ovest. Quella che, dal 6 giugno 1944, è passata alla Storia con il nome in codice di “Operazione Overlord”: lo Sbarco in Normandia.

Sicilia e Normandia, terre lontane tra loro, unite più volte dalla Storia e nella Storia. Da Gela e da Omaha Beach partì la riscossa della Libertà, a cavallo dei corpi di spedizione delle Nazioni Unite Alleate attorno all’asse anglo-americano. Senza quelle invasioni, la forza militare del III Reich avrebbe prevalso sul fronte Occidentale liberale e si sarebbe spartito il mondo con il fronte sovietico orientale.

Seppure da queste due località partirono le forze della Storia e del Destino a favore della Libertà, dopo 70 anni si può tracciare una linea e fare un bilancio di risultati e competenze. Bilancio che – a prescindere dalla vocazione dei luoghi – dipende dalla qualità della classe dirigente locale e nazionale, nel sapere sviluppare il in cui migliaia di giovani incontrarono la morte per dare alle future generazioni (noi) la Libertà. Questi eroi furono donatori di vita netti. Un bilancio non falsificabile, tema molto caro a certi appassionati di bricolage moralista, ma senza etica; a certi cercatori di pagliuzza nell’occhio altrui, ma disattenti alle travi conficcate nei propri bulbi mentali.

Sicilia e Normandia sono terre di struggente bellezza, di incredibile varietà orografica, di inenarrabile sensualità. Da siciliani, abbiamo avvertito in Normandia vibrazioni note e, nel partire, la stessa sensazione di commosso nodo in gola che ci coglie ogni volta che ci arrabbiamo per la Sicilia. Se un normanno, in Sicilia, avvertisse analoghe sensazioni, noi non ne saremmo meravigliati.

Eppure, il bilancio finale non è uguale. Dello Sbarco in Normandia i francesi hanno fatto uno strumento di promozione turistica, di comunicazione culturale, di rispetto della memoria, di commemorazione quotidiana dei valori di libertà che accomunano oggi i popoli e i governi del mondo civile. Dello Sbarco in Sicilia, al contrario, non c’è niente di tutto questo, non è mai esistita una strategia culturale unica, non esiste un percorso turistico-culturale, non c’è una rete di musei, mostre, istallazioni militari conservate e visitabili, rete invece esistente nella terra sorella di Normandia.

Questo vulnus vergognoso dipende dalla forza avuta da una precisa parte politica, che ha usato la leva storica e culturale per cancellare un momento storico fondamentale nel processo di costruzione della nuova Italia democratica. Più facile costruire un mito – quello della Resistenza – che fu un fenomeno importante, ma non di massa, strategicamente quasi irrilevante, di fronte alla potenza dell’intervento degli Alleati.

Nel prossimo luglio ricorrerà il Settantesimo anniversario della Liberazione della Sicilia e dell’avvio del percorso che condusse il Paese all’insurrezione del 25 Aprile 1945. Senza il 10 Luglio 1943 – e il 6 Giugno 1944 – non ci sarebbe stata Liberazione dell’Italia. L’anno prossimo, in Normandia si celebrerà l’analogo anniversario dello sbarco.Possiamo fin da ora preconizzare che i due storici eventi saranno celebrati in modo assolutamente diverso.

Il confronto impietoso tra Sicilia e Normandia ci dà però il senso di una liberazione mancata: quella dalla retorica, dall’uso ideologico della cultura, della presunzione etica, dell’esclusivismo morale. I francesi onorano la Libertà ogni giorno, accogliendo i turisti, i reduci (oggi, sempre più spesso solo le famiglie dei reduci), conservando la memoria di un’operazione militare che diede al Continente un’altra possibilità di sopravvivenza.

A parte qualche concertino celebrativo o qualche convegno limitato per uditorio e per oratori, eventi realizzati spesso solo grazie all’encomiabile sforzo culturale di piccole associazioni locali, noi siciliani ogni giorno onoriamo la menzogna, mortifichiamo la memoria, vituperiamo la Storia, magari ricorrendo all’espediente della denunzia storica della strage locale, lo svelamento di fatti noti e incontrovertibili, per i quali occorre fare analoga piena luce, ma che non possono cambiare la verità generale: gli anglo-americani liberarono la Sicilia e dalla Sicilia iniziarono a liberare l’Italia. Piaccia o meno fu così. E una parte importante di questa operazione di liberazione fu interpretata dai militari, lasciati allo sbando dalla politica dopo il crollo dell’8 Settembre.

Un dato – quello della inadeguatezza della classe dirigente – di drammatica attualità. Non sarà necessario nominare una commissione di saggi per capire che l’Italia e la Sicilia hanno bisogno di un rinnovamento profondo. Margaret Thatcher, scomparsa due giorni fa, ebbe a dire: “non appena voi italiani libererete la vostra economia dalla burocrazia e dai sussidi, nessuno potrà competere in Europa con il vostro talento”. Quando accadrà non sarà mai tardi, ma perché accada occorrerà un nuovo spirito di liberazione, dalla retorica e dall’inconcludenza.

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Operazione Husky, 10 Luglio 1943

Operazione Ovelord, 6 Giugno 1944