Immigrati, a fine agosto la prima missione privata di soccorso nel Mediterraneo

Un’imprenditrice calabrese, Regina Catrambone, acquista un’imbarcazione di quarantatré metri e dà vita al progetto Moas. Obiettivo, intercettare le carrette dei migranti in difficoltà: “Nessuno deve morire in mare. Tutti hanno diritto alla vita”

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Roma – La prima missione dell’imbarcazione ‘Phoenix 1’ di assistenza in mare agli immigrati è prevista tra fine agosto e i primi giorni di settembre, e sarebbe il primo intervento privato di soccorso voluto da un’imprenditrice calabrese, Regina Catrambone, e da suo marito, Christopher che hanno dato vita a Moas, acronimo di “Migrant offshore aid station”.

“Vogliamo essere di supporto alle imbarcazioni già impegnate nei salvataggi degli immigrati – ha detto Regina Catrambone all’Adnkronos – che nonostante il pericolo decidono di mettersi comunque in viaggio. A prescindere da qualsiasi politica, nessuno deve morire in mare. Tutti hanno diritto alla vita”. Regina e suo marito hanno acquistato in Virginia la Phoenix, poi ribattezzata ‘Phoenix 1’: un’imbarcazione di quarantatré metri ora attrezzata con droni e personale specializzato per poter intercettare le barche in difficoltà. Il tutto con grande professionalità perché la nave del Moas utilizzerà due droni Schiebel S-100 camcopter per localizzare in tempi record i gommoni in avaria e i migranti bisognosi di cibo, coperte e acqua.

“L’idea di acquistare e utilizzare un’imbarcazione ‘privata’ per aiutare gli immigrati in mare è venuta un poco alla volta – racconta Catrambone – il pensiero di dover fare qualcosa è cominciato quando, durante una vacanza in barca, mentre con mio marito passeggiavo sul ponte abbiamo visto in acqua un giubbotto invernale e segnalandolo al comandante questi ci disse che la persona che lo indossava probabilmente non c’era più e veniva da lontano. Ma ciò che ci ha fatto riflettere di più sono state le parole di Papa Francesco quando è andato a Lampedusa, isola ormai famosa per l’accoglienza di decine e decine di migliaia di migranti”.

“Non possiamo rimanere ignavi agli appelli del Papa e soprattutto di queste persone in pericolo – continua Catrambone – è una questione che tocca tutti non solo noi: è un problema europeo. Voglio dire che stanno morendo in mare ed è urgente intervenire in qualche modo e cercare di far comprendere che è necessaria una cultura di incontro: tutti dovrebbero muoversi e documentarsi per capire cosa succede e rimboccarsi le maniche. Dovrebbero capire cosa sta facendo la missione italiana Mare Nostrum della quale sono particolarmente orgogliosa”.

“Certo l’acquisto di un’imbarcazione è stato un investimento, avevamo dei fondi e li abbiamo utilizzati nel miglior modo possibile: non si può quantificare il prezzo di una vita, giusto? Spero che le persone possano capire cosa stiamo facendo mio marito ed io e se qualcuno volesse può contribuire non solo economicamente ma anche donando materiale utile: giubbotti salvataggio, coperte e quant’altro necessario facendo riferimento al sito internet www.moas.ue. Spero che il nostro gesto venga compreso e spero anche che giungano anche sostegni morali: preghiere, per noi e’ importante”.

“Se avessimo atteso una raccolta fondi, non ci saremmo potuti muovere con tanta celerità – spiega ancora Regina Catrambone – la nave attualmente è a Malta e per fine agosto è prevista la prima uscita per la prova generale se tutto andrà bene allora daremo il via alla prima missione vera e propria: il nostro sarà un intervento tampone, di assistenza in attesa dell’arrivo delle autorità competenti”.

(Adnkronos)