Ventiseienne africano armato di machete semina il panico nel centro storico di Jesi

Prima serata di terrore nella cittadina marchigiana, con un tentato remake della vicenda milanese che coinvolse Adam Kabobo, ma con un bilancio più contenuto: un solo ferito, il comandante della locale Compagnia dei Carabinieri. Derubata un’armeria, il pluripregiudicato minacciava di fare una strage…

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Jesi (Ancona) – Prima serata convulsa ieri a Jesi, il centro marchigiano noto nel XIX Secolo come la “Milano delle Marche” per il livello dell’industria e la laboriosità degli abitanti. Un ventiseienne africano pluripregiudicato (anche per resistenza a pubblico ufficiale), O.P. le sue iniziali (non è noto ancora il Paese di provenienza), ha seminato il panico nel centro cittadino, prima di essere arrestato dalla Polizia e dai Carabinieri, al termine di una trattativa (di cui la cittadinanza stenta a capire il motivo) e il tentativo di uccidere il comandante della locale compagnia dell’Arma, Mauro Epifani.

20140901-jesi-marche-immigrato-320L’uomo, dopo aver sfondato la vetrina di un’armeria/coltelleria nei pressi del quartiere di Porta Valle, si è impadronito di tre armi bianche (tra cui un machete), brandendoli contro i passanti e minacciando di fare una strage. Negli astanti – con un’associazione di idee comprensibile, ma forse non del tutto idonea – si è temuto che il giovane pregiudicato intendesse decapitare qualcuno, per non si sa quale ragione.

Immediatamente è scattato l’inseguimento da parte delle forze dell’ordine presenti – Polizia locale, Polizia e Carabinieri – che hanno tentato di fermare l’uomo armati di bastoni, con la cittadinanza terrorizzata a fare da spettatore involontario.

Ad un certo punto sono stati esplosi dei colpi di pistola in aria, a scopo intimidatorio, ma il soggetto era in evidente stato di alterazione, probabilmente per l’assunzione di stupefacenti, e in questo stato si era barricato nei pressi della chiesa di San Pietro.

Le ultime fasi dell’operazione sono state convulse. Il capitano Epifani aveva avviato una trattativa per calmare il giovane immigrato nordafricano, con l’intento di minimizzare i rischi per la popolazione, portando sul portico della chiesa anche la madre del giovane, che per tutta risposta ha cercato di colpire l’ufficiale con un machete, ferendolo di striscio al fianco. 

Secondo una ricostruzione locale, a quel punto uno dei tutori dell’ordine avrebbe sparato, ferendo al piede l’individuo, ponendo fine al trambusto che ha terrorizzato Jesi dalle 19.30 alle 21 circa. 

Naturalmente episodi del genere possono verificarsi per iniziativa – più o meno consapevole – di qualsiasi persona, a prescindere dalla provenienza. Tuttavia i cittadini si chiedono come può accadere che un immigrato sia pluripregiudicato, arrestato solo una settimana prima e possa girare liberamente – questa volta ferendo qualcuno – e non essere espulso senza possibilità di rientro nel Paese, per colpa di una normativa inefficace e utilizzata in modo strumentale non solo dalle persone perbene (che scappano dalle guerre o da situazioni difficili), ma anche dai criminali di ogni risma. 

Non bastano i criminali italiani, sicché si ricorre a un’importazione surrettizia?

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