Obama dichiara guerra al terrorismo dell’ISIL, ma nega l’evidenza: è islam letterale

Il presidente degli Stati Uniti, alla vigilia del 13° Anniversario dell’attacco all’America e all’Occidente, presenta al mondo la sua idea di battaglia contro un gruppo terroristico, ma ne minimizza il legame con la lettura letterale degli insegnamenti islamisti e della guerra santa contro gli infedeli

20140911-obama-isil

Washington – Alla vigilia del 13° anniversario dell’11 Settembre, data dell’attacco all’America e all’Occidente (che spesso tende a dimenticarlo), il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha illustrato la sua idea di lotta contro i jihadisti dell’ISIL e lo ha fatto negando legittimità alla definizione che il loro capo – Abu Bakr al-Baghdadi – ha attribuito al movimento: quello di uno Stato Islamico guidato da un califfo, ossia da un vicario del profeta Mohammed.

Un avvio significativo, che avrebbe comportato maggiore coraggio, invece – come vedremo – c’è qualche esitazione di troppo. “Stasera voglio parlarvi di quello che gli Stati Uniti faranno con i nostri amici e alleati per degradare e distruggere il gruppo terroristico noto come ISIL”,  Obama ha detto all’inizio del suo discorso in prima serata, dalla Casa Bianca. “Si fanno chiamare Stato Islamico, ma non sono uno Stato, nessuno altro Stato li riconosce”, ha continuato.

L’attacco contro questi terroristi barbari non comporterà “truppe da combattimento di terra”, ma sarà condotto con un “costante, incessante sforzo”, attraverso attacchi aerei sia in Iraq che in Siria, con il supporto dei partner di un’ampia coalizione internazionale, che supporterà anche sotto il profilo umanitario le popolazioni che si scontrano con i jihadisti dell’ISIL. I partner sul terreno però comportano rischi nella scelta, circostanza che Obama nega e cela. 

Ma questo fa parte della parziale mistificazione della verità di Obama, che ha negato il fatto che l’ISIL sia una milizia islamica: nessun musulmano commetterebbe gli atti barbari commessi da questi terroristi, il succo del ragionamento di Obama. “In una regione che ha conosciuto tanto spargimento di sangue, questi terroristi sono unici nella loro brutalità. Essi giustiziano i prigionieri catturati. Uccidono i bambini. Schiavizzano, stuprano e impongono alle donne matrimoni forzati”, ha continuato Obama. “Hanno minacciato una minoranza religiosa di genocidio. In atti di barbarie, hanno preso le vite di due giornalisti americani – Jim Foley e Steven Sotloff”, ha però ricordato.

Obama ha cercato di mettere in chiaro alla pubblica opinione americana – stanca della guerra, ma in modo crescente favorevole a un confronto militare contro questa grave minaccia alla pace mondiale – che questa nuova offensiva non somigli alle guerre in Iraq e in Afghanistan, ma invece sarà più simile alle missioni segrete contro i terroristi, per mezzo di droni o forze speciali, come in Yemen o Somalia. L’azione, ha specificato Obama, “non comporterà truppe da combattimento americane combattenti in terra straniera“. 

“L’ISIL rappresenta una minaccia per il Medio Oriente, compreso il popolo dell’Iraq e della Siria”, aveva detto prima il presidente degli Stati Uniti, che ha chiarito come questo pericolo potrebbe propagarsi. “Se lasciati incontrollati, questi terroristi potrebbero costituire una minaccia crescente anche al di fuori di quella regione (Medio Oriente, ndr), compresi gli Stati Uniti”, ha detto Obama.. Questo perché ci sono prove evidenti fornite dall’intelligence e dalle forze di polizia che persone nate in America e in Europa, figli di immigrati musulmani e perfino di nativi convertiti, hanno viaggiato verso Iraq e Siria per arruolarsi nell’ISIL”.

Una minaccia che per questo deve essere condotto con attacchi aerei, come detto, ma anche attraverso il rafforzamento dell’aliquota di soldati presenti in Iraq, dove saranno inviati altri 475 militari, a sostegno delle forze presenti nel Paese, ma “non avranno una missione di combattimento”. “Non saremo trascinati in un’altra guerra in Iraq”, ha sottolineato Obama, che ha precisato la missione di questi militari: sostegno alle forze curde e irachene, training e supporto di intelligence.

Obama ha quindi mostrato di avere un obiettivo – indebolire e distruggere l’ISIL – perché se qualcuno minaccia l’America non può sentirsi salvo da nessuna parte; ma non ha spiegato davvero quel che servirebbe per raggiungere questo obiettivo, perché nessuna persona sensata può pensare di vincere questa guerra senza disporre una campagna militare di terra. Gli aerei possono combattere e abbattere, ma per controllare il territorio ci vogliono i militari sul terreno e le forze irachene hanno mostrato inaffidabilità e impreparazione, a dimostrazione dell’errore commesso da Obama nel ritirarsi dall’Iraq nel 2011.

Non voler riconoscere che l’ISIL conduce una guerra di religione, applicando in modo letterale i dettami del Corano, della Sunna e degli Hadith, è un modo sbagliato per togliere argomenti a chi accusa l’Occidente di portare avanti una guerra contro l’islam.

Ancora, altra debolezza nel discorso di Obama è l’indicazione della strategia di attacco in Siria, dove gli Stati Uniti supporteranno l’opposizione siriana. Ma misconoscendo che l’opposizione siriana è costituita da gruppi islamisti, tra cui gruppi affiliati ad al-Qaeda come il Fronte al-Nusra. E nelle ultime ore sono giunte le conferme del fatto che Steve Softloff sia stato “venduto” all’ISIL proprio dagli “oppositori moderati” siriani. Un fatto che fa insorgere le persone ragionevoli e che può spingere di fatto Obama a supportare indirettamente Assad o, in alternativa, di scegliersi alleati sbagliati.

La Coalizione Internazionale non è chiaro da quali Stati sarà formata, con quali mezzi impegnati e con quale missione politica. Una debolezza strategica che potrebbe costare cara agli Stati Uniti e all’Occidente e che va corretta subito, anche in sede Parlamentare. Obama finora ha cercato di evitare il Congresso, utilizzando i poteri costituzionali.

L’attuale campagna non sarà sufficiente, anche se pensata con una prospettiva pluriennale. Quindi, prima o poi Obama sarà costretto a chiedere nuovi fondi al Congresso, che però non li concederà facilmente se non sarà chiaro cosa si vuole ottenere, come e con quale scenario. Sarebbe, per esempio, necessario spingere gli Stati del Golfo – Arabia Saudita e Qatar in testa – a schierarsi contro i jihadisti, anzitutto chiudendo i rubinetti dei finanziamenti e gli appoggi strategici, politici e militari. Lo stesso di dovrebbe pretendere dalla Turchia, dove però la deriva islamista di Erdogan ha comportato la “chiusura di un occhio” per il supporto turco al Fronte al-Nusra siriano. Un atto inaccettabile, che però è stato ingoiato dagli americani, che di questa deriva islamista sono colpevoli per aver salutato con favore il ridimensionamento del potere dei militarim nell’unico Stato musulmano della Nato, dove però garantivano laicità e una certa democrazia istituzionale e personale.

Obama sa quel che farà nelle prossime settimane, ma non ha una strategia politica e senza averne una è impossibile vincere una guerra così subdola come quella in corso. Negare l’imperialismo islamista e porgere il fianco all’avventurismo ucraino – e al conseguente “accerchiamento” ed emarginazione della Russia dal consesso Occidentale – è una stupidaggine degna di chi non conosce i fondamentali della Storia contemporanea. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA