Crisi Maro’, l’Italia ha proposto una soluzione consensuale all’India, che sta valutando la proposta

Il quotidiano indiano Economic Times riferisce di una valutazione in corso da parte del governo nazionalista di Narendra Modi. Nelle mani del ministo dell’Interno di New Delhi il dossier, all’esame anche dei vertici della sicurezza nazionale. In gioco l’eliminazione del veto all’ammissione al Nuclear Supplier Group?

20141014-latorre-girone-india-655x436

New Delhi – La stampa indiana ha aperto uno spiraglio per la soluzione della crisi tra Italia e India sul processo (mai iniziato, perché mai c’è stata un’incriminazione formale) gravante sui due sottufficiali di Marina della Brigata San Marco – Massimiliano Latorre e Salvatore Girone – per l’omicidio di due pescatori al largo del Kerala nel febbraio 2012.

L’Economic Times ha riferito di una proposta di “soluzione consensuale” del caso presentata dal Governo italiano a quello indiano del premier nazionalista Narendra Modi, che potrebbe aver ammorbidito la propria posizione forse anche sulla base della difficile posizione che avrebbe in un arbitrato internazionale, considerato le continue e reiterate violazioni del diritto internazionale (marittimo e diplomatico: Unclos/Convenzione di Montego Bay 1982 e Convenzione di Vienna del 1961).

Dietro ci sarebbe perciò un lavorio diplomatico, attraverso il quale – ma è solo una nostra supposizione – il Governo italiano avrebbe messo sul piatto della bilancia il peso di una “sconfitta giudiziaria internazionale” a fronte di una soluzione che accontenterebbe tutti (anche la famiglia dei due poveri pescatori indiani, ampiamente risarcita – in termini civilistici – anche se tutto fa propendere verso un’assenza di responsabilità dei due militari italiani per la loro morte, che rimane un danno inestimabile sul piano umanitario, ovviamente).

Sul piatto però il Governo italiano – siamo sempre nel campo delle supposizioni – potrebbe aver messo l’eliminazione del veto all’ingresso dell’India nel Nuclear Supplier Group (NSG), una organizzazione multilaterale istituita in risposta ai test nucleari indiani del maggio 1974 e avente come obiettivo la riduzione della proliferazione nucleare, attraverso il controllo dell’esportazione di materiale fissile e di ogni tipo di materiale dual use, ossia potenzialmente utilizzabile per incrementare le capacità nucleari di organismi (Stati o reti transnazionali) in violazione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare.

L’India da anni chiede l’ammissione all’NSG, incontrando da una parte il crescente consenso della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e anche della Francia, dall’altra l’opposizione di Austria, Svizzera, Norvegia e Nuova Zelanda, mentre l’Italia non ha mai preso una posizione netta in un senso o nell’altro. Si ritiene che dichiarazione favorevole da parte del Governo italiano potrebbe contribuire ad allentare lo stallo, che potrebbe aiutare l’India ad avvicinarsi al prestigioso “club”.

Secondo fonti giornalistiche indiane, la proposta italiana – di cui in Italia non si parla – sarebbe sottoposta all’esame del ministero dell’Interno federale indiano e dei vertici della sicurezza nazionale, in particolare di Ajit Doval, ex capo dei servizi segreti indiani e attuale Consigliere per la Sicurezza Nazionale del premier Modi, che sarebbe stato incaricato di coordinare la proposta italiana. Dall’altra parte è immaginabile che il primo interlocutore sia l’omologo italiano, ossia l’ambasciatore Giampiero Massolo, capo del DIS.

Secondo una fonte anonima italiana, citata dall’agenzia AGI, “entrambe le parti si stanno parlando ora per trovare una soluzione“, mentre ufficialmente si mantiene un ‘basso profilo’, visto che Luigi Gentile, capo degli Affari Politici dell’ambasciata d’Italia a New Delhi si è limitato a dichiarare “preferiamo non fare commenti” sugli ultimi sviluppi.

La trattativa peraltro non interrompe l’iter giudiziario dei due militari italiani, che dovranno presentarsi il prossimo 12 dicembre di fronte alla Corte Suprema, quando i giudici esamineranno l’istanza di ricusazione della competenza dell’antiterrorismo indiana, la Nia (National Investigation Agency) sulla questione, presentata dai legali del collegio legale che difende la posizione italiana.

Il NIA afferma che l’omicidio – di cui sono accusati i due militari della Marina Militare – sia avvenuto in acque territoriali indiane, mentre l’Italia sostiene che il fatto sia avvenuto in acque internazionali e che la questione sia di competenza giudiziaria dell’Italia – quale stato di bandiera della petroliera “Enrica Lexie” – come prescritto dal diritto internazionale marittimo (il già citato Unclos-United Nations Convention on the Law of the Sea) e come riconosciuto da precedenti sentenze della stessa Corte, che su quella base tolse il processo alle autorità giudiziarie del Kerale, devolvendolo a una Corte Speciale federale.

Massimiliano Latorre per il 12 dicembre dovrà tornare in India, essendo scaduti i tre mesi di permesso ad allontanarsi dal Paese concessigli per curarsi dai postumi di un’ischemia avuta a fine agosto scorso, ammesso che la situazione non si sblocchi prima con l’accettazione della “soluzione consensuale”.

Il più volte annunciato arbitrato internazionale – minacciato, preparato, predisposto, anticipato da una serie infinita di “note diplomatiche orali”, contro ogni precedente e contro ogni prassi diplomatica – non è mai stato attivato. la conseguenza è che probabilmente Latorre e Girone torneranno in Italia (e magari subiranno l’onta di dover affrontare un processo in patria), ma l’interrogativo più interessante cui dare una risposta sarà: a che prezzo avviene il baratto, visto che l’Italia ha in questa storia solo diritti da spendere e danni diplomatici da far pagare?

© RIPRODUZIONE RISERVATA