Crisi Maro’: Tribunale Speciale rinvia udienza al 25 Agosto. L’India continua a violare diritto internazionale
Venerdì scorso l’Italia – dopo una vergognosa esitazione durata 36 mesi, sulla quale prima o poi si dovrà aprire un capitolo giudiziario interno (omissioni evidenti anche ai ciechi) – ha attivato l’arbitrato internazionale previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), un atto che costituisce una internazionalizzazione della controversia e impone al Governo Federale indiano un solo passo: la sospensione a tempo indeterminato di ogni procedimento giudiziario interno
New Delhi – Il Tribunale Speciale di New Delhi ha aggiornato al 25 agosto l’udienza sul Caso Maro’, alla luce dell’ordine di sospensione di tutti i procedimenti da parte della Corte suprema indiana. Lo si apprende da fonti giudiziarie di New Delhi.
La decisione è stata presa dal giudice Neema Bansal Krishna, dopo che i legali di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone avevano ricordato al tribunale distrettuale di Patiala House l’udienza in programma il 14 Luglio davanti alla Corte Suprema, che si dovrà pronunciare sulla richiesta italiana di escludere la polizia antiterrorismo (Nia) dal processo.
Al Tribunale Speciale si era rivolta nel 2013 proprio la Nia, ma per l’opposizione della difesa i capi di imputazione non sono ancora stati registrati.
Sul caso dei due sottufficiali della Brigata San Marco, accusati di aver ucciso per errore due pescatori indiani nel febbraio 2012 durante un’operazione antipirateria in acque internazionali, l’Italia ha attivato venerdì scorso l’arbitrato internazionale nel quadro del Diritto Internazionale Marittimo pattizio (UNCLOS), sancito dal Trattato di Montego Bay del 10 Dicembre 1982, firmato e ratificato sia dall’India che dall’Italia.
La decisione segue 36 mesi di inerzia dei vari Governi succedutisi – Monti, Letta e Renzi, con i relativi ministri degli Esteri coinvolti (Terzi, che si dimise per il profondo dissidio con il presidente del Consiglio sulla decisione di far ritornare in India i due sottufficiali della Marina; Bonino, che fu del tutto inetta nel gestire la questione; e Mogherini, altrettanto) – e dopo che erano state espletati fantasiosi tentativi negoziali da parte di inviati governativi, quali Staffan De Mistura, notissimo per i suoi successi diplomatici (si fa per dire) o il sottosegretario con delega ai servizi di sicurezza Marco Minniti (a che titolo lo sanno solo gli scienziati al Governo: anche su questo dovrebbe indagare la commissione intelligence del Parlamento, il Copasir).
La questione riguarda la controversia che coinvolge la giurisdizione competente in materia di reati penali commessi in alto mare. Proviamo a riassumerne i connotati, con la necessaria premessa: che i fatti si siano svolti in alto mare è una circostanza acclarata e indiscutibile, riconosciuta obtorto collo anche dagli indiani.
L’articolo 97 dell’Unclos stabilisce che la legislazione competente a giudicare sui reati commessi in alto mare è quella dello Stato di bandiera della nave in cui il fatto avviene.
L’articolo 279 stabilisce una regola generale sulla risoluzione delle controversie internazionali riguardanti l’applicazione del Trattato di Montego Bay (Unclos): il metodo pacifico in applicazione dell’Articolo 2, paragrafo 3 della Carta delle Nazioni Unite e le procedure internazionali previste dall’Articolo 33 dello stesso Statuto delle Nazioni Unite, ossia attraverso “negoziati, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziale, ricorso ad organizzazioni od accordi regionali, od altri mezzi pacifici di loro scelta”.
Tra gli strumenti per la risoluzione delle controversie sull’applicazione del Trattato di Montego Bay 1982 vi sono il Tribunale di Amburgo sul Diritto del Mare, un comitato di conciliazione e l’arbitrato internazionale regolato dall’Allegato VII dello stesso trattato.
Secondo i principi della buona fede richiamati dall’articolo 300 dell’Unclos, il governo federale indiano di Naredha Modi oggi dovrebbe procedere solo a un atto di Stato: la sospensione di ogni procedimento giudiziario e l’indicazione di un Paese terzo e neutrale tra le parti in cui i due sottufficiali dovrebbero essere inviati dall’Italia, in attesa della costituzione del collegio arbitrale attivato e della decisione competente (inappellabile).
Peraltro, la decisione dell’arbitrato internazionale si innesta su due principi cardine del diritto internazionale: l’immunità funzionale dei funzionari statali civili e militari in servizio di Stato all’estero, principio in base al quale lo Stato risponde sempre in termini pecuniari di eventuali violazioni di norme; l’immunità diplomatica dei funzionari diplomatici, delle loro famiglie e dei dipendenti delle sedi consolari e delle ambasciate all’estero.
Tutti i principi richiamati sono stati violati dall’India, che:
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ha attratto con un sotterfugio la nave ‘Enrica Lexie’ nel porto di Kochi, capitale del Kerala (principio della buona fede);
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ha arrestato i due sottufficiali della Marina Militare italiana (principio della immunità funzionale dei militari in servizio di Stato);
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ha accusato di un reato penale i due militari della Marina commesso in alto mare su nave italiana (principio del giudice competente);
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ha impedito i movimenti dell’ambasciatore italiano in India, in occasione della polemica sul mancato ritorno in India dei due militari (principio dell’immunità diplomatica).
L’India è sotto tutti i profili uno Stato che viola a piè pari il diritto internazionale.
Il Governo italiano – per motivi oscuri, su cui la magistratura nazionale dovrà prima o poi indagare: ci sono omissioni gravissime, continuate e incredibilmente evidenti – dovrebbe portare di fronte alle Nazioni Unite queste gravi inadempienze.
E l’Unione Europea – malgrado alcuni passi favorevoli alle posizioni dell’Italia – è stata evanescente.
Nel frattempo, il prossimo 14 luglio la Corte Suprema dovrà decidere sul permesso concesso a Massimiliano Latorre di curarsi in Italia i postumi dell’ictus che lo colpì a fine agosto 2014. Ma il Governo ha già comunicato che – nel quadro dell’attivazione dell’arbitrato internazionale – Latorre non tornerà comunque in India, mentre l’altro sottufficiale – Salvatore Girone – è ancora costretto a risiedere a New Delhi e a sottoporsi alla giornaliera firma dei ‘sorvegliati speciali‘.
Un atto degno di una telenovela trasformatasi in pagliacciata.
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