Egitto, portavoce della Chiesa cattolica: “popolo egiziano unito nella lotta al terrorismo jihadista”

Tre anni fa la Liberazione dalla dittatura islamista dei ‘Fratelli Musulmani’ e l’arresto di Mohammed Morsi. Padre Rafic Greiche spiega oggi che “più della paura” domina un sentimento diffuso “di ira” per la morte del procuratore Hisham Barakat e l’attacco dei jihadisti in Sinai. Per il portavoce cattolico nella morte del procuratore è evidente il “rilassamento” della polizia. Forze esterne cercano di portare “instabilità” in Egitto

I resti dell'autobomba che ha ucciso il 29 Giugno scorso il procuratore generale dell'Egitto, Hisham Barakat (foto AsiaNews)
I resti dell’autobomba che ha ucciso il 29 Giugno scorso il procuratore generale dell’Egitto, Hisham Barakat (foto AsiaNews)

Il Cairo – “Anche se vi sono differenze di vedute e divisioni con il governo e il presidente Abd al-Fattah al-Sisi, è tempo di essere uniti contro i terroristi, contro quanti provocano violenze e vogliono portare la guerra nella penisola del Sinai”.

È questo lo spirito che, in queste ore, anima il popolo egiziano colpito in questi giorni da una ondata di violenze di matrice islamista. A definire lo scenario è padre Rafic Greiche, direttore dell’Ufficio stampa della Chiesa cattolica in Egitto, secondo il quale la gente è “unita”, i cristiani con i musulmani, in questa battaglia per il futuro della nazione. “Più che la paura – ha spiegato il portavoce dei cattolici egiziani 20150702-padre-Rafic-Greiche-260all’agenzia AsiaNews del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) – domina un sentimento di ira per l’assassinio del procuratore e l’attacco sferrato nel Sinai. Le persone non hanno paura di una bomba e sono per una lotta a tutto campo contro i jihadisti… unite con il presidente e quanti combattono contro il terrorismo”. 

La sicurezza in Egitto è però in progressivo peggioramento. Lunedì scorso, 29 giugno, è stato ucciso in un attentato con un’autobomba al Cairo il procuratore generale dell’Egitto, Hisham Barakat, in prima fila nella lotta contro i movimenti islamisti nel Paese. Si tratta del più alto funzionario statale a morire per mano jihadista

Giovedì il governo ha annunciato che l’esercito continuerà la sua offensiva nella penisola del Sinai, dopo l’attacco sferrato ieri da una frangia combattente locale legata alle milizie dello Stato islamico  che ha provocato oltre 100 morti. Fonti militari confermano che le operazioni andranno avanti senza tregua, fino a che l’area non sarà ripulita dalla “presenza terrorista”.

I raid dell’aviazione del Cairo contro postazioni e obiettivi terroristi sono continuati sino alle prime ore del 2 Luglio. Nello scontro a fuoco fra esercito e jihadisti sarebbero morte almeno 70 persone, la maggior parte civili e diversi soldati. Circa 38 le vittime fra le milizie estremiste che avrebbero utilizzato, come affermano alcune fonti dell’esercito egiziano, “un numero di persone e armi mai viste prima”. 

Quello di ieri è uno degli assalti coordinati di maggiore portata sferrato dallo Stato islamico in Egitto. Dall’ottobre scorso il governo ha dichiarato il coprifuoco e lo stato di emergenza nella regione, in seguito all’uccisione di decine di soldati in un attacco lanciato dai miliziani. Dal 2013, anno della caduta dell’ex presidente Mohammed Morsi, vicino alla Fratellanza musulmana ora dichiarata fuorilegge, sono morti oltre 600 fra soldati e poliziotti nella zona. 

Sempre in tema di lotta al terrorismo, ieri la polizia ha compiuto un’operazione contro una cellula dei Fratelli musulmani guidata dal leader islamista Nasser al-Houfi. Nel blitz all’interno di un appartamento privato sono morti il capo della cellula e gli altri otto affiliati

Padre Rafic Greiche ha fornito ad AsiaNews una valutazione della situazione nella capitale. “Oggi la situazione in tema di sicurezza è normale”, anche se l’assassinio del procuratore ha mostrato le falle presenti nella lotta interna al terrorismo. “Era risaputo – sostiene il portavoce della Chiesa cattolica – che Hisham Barakat fosse uno dei bersagli primari dei terroristi. Non si spiega l’allentamento delle misure di sicurezza attorno alla sua persona predisposte dalla polizia e dall’intelligence” e gli errori compiuti che, che in questo caso sono stati “evidenti”. “Non si capisce perché vi sia stata questa mancanza di attenzione, questo rilassamento”. 

Padre Rafic ha confermato però che la lotta al terrorismo resta “la priorità numero uno del governo” che parla in modo aperto di “guerra”. Ieri “almeno 200 persone” sono entrate nella penisola del Sinai per portare l’attacco, aggiunge, e “la maggior parte dei combattenti proviene dall’estero, non sono egiziani”. L’idea diffusa, spiega, è che lo Stato islamico e i combattenti jihadisti “stiano portando azioni terroriste per favorire la Fratellanza musulmana, combattendo il presidente e creando un clima di instabilità”. 

Oggi l’Egitto è come un sandwich, circondato da Paesi instabili in cui è presente la minaccia jihadista come Libia, Sudan, penisola del Sinai … e ancora Siria e Iraq”, ha concluso la sua riflessione il portavoce della Chiesa cattolica, secondo il quale la lotta al terrorismo deve essere un “impegno globale”, ma spesso “ci sentiamo abbandonati e vi sono organizzazioni internazionali e gruppi di intelligence che non vogliono la stabilità”.

Per fortuna vi sono esempi di collaborazione fra cristiani e musulmani, in particolare in questo periodo di digiuno e preghiera [Ramadan], che diventano “fonte di speranza per il futuro”.

Venerdì 3 Luglio ricorre il secondo anniversario della Liberazione dell’Egitto dalla dittatura islamista dei ‘Fratelli Musulmani’ e della destituzione di Mohammed Morsi dalla carica di presidente della Repubblica.

Di tanto in tanto si leggono ‘riflessioni’ sul fatto che Morsi fosse stato eletto ‘democraticamente’ nel 2011 ricevendo 12 milioni di voti. Di solito questi argomenti sono utilizzati da chi non conosce la vera storia di quelle elezioni, caratterizzate da violenze da parte islamista, dalla frammentazione degli oppositori ‘laici’ e dal boicottaggio che di fatto consegnò il Paese nelle mani della ‘Fratellanza Musulmana’.

Al contrario, nel Giugno 2013 ben 33 milioni di egiziani di ogni confessione religiosa e di ogni orientamento politico apposero la loro firma in una petizione pubblica con cui si chiese alle Forze Armate di fermare la dittatura de facto degli islamisti. In quella occasione, per proteggere le chiese cristiane si assistette ai cordoni di sicurezza dei musulmani e, al contrario, i cristiani assistettero in ogni modo possibile i musulmani attaccati perché non sostenevano gli islamisti della ‘Fratellanza’.

Oggi l’Egitto vive la guerra contro l’orrore jihadista con una sola certezza: l’unità nazionale, interconfessionale e politicamente trasversale, del proprio popolo. Un esempio.

(Credit: AsiaNews) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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