Erdogan dopo il trionfo dell’Akp: “il mondo rispetti la volontà dei turchi”
La Turchia si avvia verso un regime autoritario, ma per la riforma presidenzialista assoluta Erdogan deve ancora aspettare: non può attuarla ancora per via parlamentare, né per via referendaria. Crollo dei nazionalisti dell’Mhp, leggero incremento dei repubblicani del Chp, mentre il partito filo-curdo perde 21 parlamentari, pur superando la soglia di sbarramento
Ankara – Il giorno dopo il trionfo elettorale dell’Akp, che ha conquistato la maggioranza assoluta, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha lanciato un messaggio “al mondo intero” chiedendo che “il risultato della volontà popolare venga rispettato”.
Il partito filo-islamico della Giustizia e dello Sviluppo, con il 49,41% delle preferenze, ha conquistato 316 dei 550 seggi del Parlamento turco, superando la maggioranza assoluta di 276, che consente al partito del presidente di formare da solo il governo e di sfiorare la maggioranza qualificata di 330 seggi necessaria a cambiare la costituzione in senso presidenzialista. In senso dittatoriale, sottolineano i critici di Erdogan, considerato un nuovo ‘sultano’ di un impero neo-ottomano crescente.
Il risultato ottenuto dà la possibilità al primo ministro uscente Davutoglu di formare un governo monocolore, ma non dà all’Akp la possibilità di riformare la costituzione turca né per via parlamentare – in quanto servono i 2/3 dei parlamentari, cioè 367 – né per via referendaria, perché serve il voto di 331 parlamentari.
Erdogan ha parlato alla fine della preghiera cui ha preso parte in una moschea di Istanbul, ribadendo un concetto espresso nei giorni passati: i turchi hanno scelto la stabilità, persa dal Paese a seguito del risultato delle elezioni del 7 Giugno scorso e al fallimento dei tentativi di formare una coalizione.
Il presidente ha liquidato le polemiche e i dubbi nei suoi confronti sollevati dalla stampa straniera nei giorni passati. “Non mi hanno mai rispettato, sin dal giorno in cui sono diventato presidente con il 52% dei voti. Qualcuno dovrebbe chiedere a questi signori ‘Che concetto avete di democrazia?’“. Da uno che chiude i giornali perché compiono il loro dovere istituzionale di raccontare i fatti e svelare le malefatte del potere, è tutto dire.
Erdogan ha ringraziato i turchi per la fiducia espressa nei confronti dell’Akp, “che governerà da solo, come ci ha chiesto la gente e il volere del popolo deve essere rispettato, da tutto il mondo“. A metà tra minaccia e promessa. L’Akp ha dimostrato, secondo Erdogan, di essere più forte dei complotti orditi alle sue spalle e governerà secondo il motto “una nazione, una bandiera, una terra, uno stato“. Dio, patria e famiglia declinato con altre parole.
I repubblicani del Chp, con il 25,38% hanno avuto un lievissimo incremento di voti rispetto alle elezioni di Giugno e 134 seggi, 3 in più rispetto a 5 mesi fa, confermandosi principale partito di opposizione, ma primo partito in appena 6 delle 81 provincie della Turchia, tutte situate sulla costa del Mar Egeo. Il segretario del Chp, Kelam Kilcdaroglu, ha dichiarato che “i 400 morti degli ultimi mesi meritano una valutazione molto attenta“, rinviando al congresso l’eventualità di rassegnare le dimissioni e ribadendo che il Chp “continuerà ad agire per portare la democrazia in questo Paese“.
Amaro risveglio per i nazionalisti del Mhp, che dal 16,2% di Giugno sono calati all’11,9%, vedendo dimezzati il numero dei seggi loro riservati nell’unica Camera del Parlamento, da 80 a 41. Il segretario Devlet Bahceli ha rassegnato le dimissioni, affermando che “il partito ha superato la soglia di sbarramento aggirando tantissime trappole“. Del calo dell’Mhp ne ha beneficiato l’Akp, che ha sottratti voti ai nazionalisti con il pugno duro mostrato nei confronti dei ribelli separatisti curdi del Pkk negli ultimi 3 mesi.
I filo curdi dell’Hdp, che a giugno avevano passato per la prima volta la soglia di sbarramento del 10%, ottenendo il 13% dei voti, sono passati al 10,7, passando da 80 a 59 parlamentari. Nei proclami della vigilia il segretario Selattin Demirtas puntava al 15% e a portare l’Hdp a essere terzo partito. “Non abbiamo ottenuto quello che volevamo, ma ringraziamo chi ci ha dato fiducia, siamo in Parlamento e continueremo a lavorare per la democrazia, ma soprattutto per la Pace, ce lo chiede la gente”. La maggioranza ottenuta in buona parte del sud-est del Paese, a maggioranza curda, consente comunque all’Hdp di guadagnare più seggi dei nazionalisti e diventare la terza forza presente in Parlamento.
Il primo ministro uscente, Ahmet Davutoğlu, commentando il risultato elettorale ha affermato che “è una grande vittoria della democrazia turca e del popolo turco”, che darà al suo cabinetto la possibilità di governare sino al 2019. Parole che fanno presagire un imminente incarico da parte di Erdogan.
Nella parte sud-orientale della Turchia – in particolare nella zona di Diyarbakir – l’annuncio del ridimensionamento del partito curdo Hdp ha provocato scontri tra la polizia e giovani di etnia curda, con uso di lacrimogeni e di idranti contro i manifestanti che bersagliavano le pattuglie della polizia con lanci di pietre.
Erdogan ora si trova al bivio tra la gestione democratica delle istituzioni e un autoritarismo istituzionale dai modi spicci. A partire dalle regole basilari della democrazia, che passano da come il governo affronterà la libertà di stampa, la questione curda e il reticolo di relazioni con il terrorismo islamista.
Intanto, oggi il risultato elettorale è stato salutato alla Borsa di Istanbul con favore, visto l’incremento dell’indice di ltre il 5%.
(Agenzie) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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