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Il debutto parlamentare della ministro Cécile Kyenge è drammatico, perché ci fa concordare con Ignazio La Russa

L’ex ministro della difesa si chiede: cosa c’entra un’oculista all’Integrazione? Forse perché è nera? E questo non è il massimo del razzismo? Magdi Allam: “si dimetta, ha giurato il falso!”

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«Signor Presidente, onorevoli colleghi, inizialmente colgo l’occasione per ringraziare quanti hanno avuto espressioni di solidarietà nei miei confronti». Sono le prime parole della ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, al Question Time di due giorni fa alla Camera dei Deputati, in risposta all’interrogazione urgente posta da Nazzareno Pilozzi, deputato di SEL, che aveva porto parole di solidarietà alla ministro nell’incipit della sua interrogazione: «ribadisco, a nome del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, piena solidarietà al Ministro per le dichiarazioni xenofobe e razziste rilasciate nei suoi confronti, che destano preoccupazione rispetto ad un clima che strumentalmente si vuole esasperare a danno delle politiche di convivenza civile e di integrazione» (Interrogazione di Pilozzi: Iniziative per favorire il riconoscimento della cittadinanza, in particolare alla luce del principio dello ius soli – n. 3-00052).

La prima volta che la Kyenge interveniva in Parlamento, dalla costituzione del Governo; la prima volta che parlava in pubblico dopo il barbaro assassinio di tre persone a Milano di sabato scorso, a opera dell’immigrato clandestino Mada Kobobo. La ministro Kyenge ha risposto con cortesia a una cortesia. Va bene, ci sta.

Ci saremmo attesi che, seguendo l’iter parlamentare, Cécile Kyenge cogliesse la prima occasione per formulare la vicinanza propria e del governo alle vittime dell’assurda aggressione di Milano, a opera di un cittadino straniero illegalmente entrato in Italia, del quale non riproponiamo la nazionalità perché è ininfluente nell’economia di questo articolo. La sua presenza era illegittima, la sua presenza ha prodotto tre morti e due feriti gravi. Non risulta agli atti che, dall’ingresso in Italia, sia stato trattato con mezzi inumani, non gli sia stata prestata assistenza e non gli siano stati garantiti diritti civili, tanto da consentirgli di poter attendere le lungaggini di un ricorso avverso all’espulsione. Giusto il tempo di ammazzare qualcuno a caso.

Ma è stato vano attendersi che la ministro Kyenge cogliesse l’occasione per rimettere al centro il dolore di chi ha patito perdite inattese, dolori laceranti, lo strazio di una morte assurda. Occasione che invece le era stata presentata su un piatto d’argento, allorché, qualche minuto dopo, è stato il turno dell’interrogazione presentata da Nicola Molteni, (Intendimenti del Ministro per l’integrazione con riguardo all’introduzione dello ius soli nell’ordinamento italiano e all’abrogazione del reato di immigrazione clandestina – n. 3-00053), del gruppo parlamentare della Lega Nord, che collegava in modo diretto la presenza di clandestini in Italia e la commissione di reati, anche efferati come quello di sabato scorso a Milano.

Malgrado la sollecitazione di Molteni, che avrebbe meritato una immediata dichiarazione di solidarietà da parte di Cécile Kyenge alle famiglie degli assassinati da Mada Kobobo, la neo ministro per l’Integrazione al contrario è andata prima al contenuto politico dell’interrogazione, tra l’altro sostenendo l’inesistenza di dati statistici che connettono la presenza di clandestini con l’aumento dei reati.

In chiusura del proprio intervento ha poi ammonito che «si deve fare estrema attenzione a non fomentare odi e a non speculare sul grande dolore delle famiglie colpite da gravissimi eventi delittuosi. Dobbiamo ritornare a porre al centro della politica la persona» e solo all’ultimo ha rivolto un pensiero ai morti di Milano: «Tornando alla memoria dei recenti fatti di cronaca, esprimo le mie profonde e sentite condoglianze ai familiari delle vittime e mi unisco al cordoglio dell’Italia migliore», meritandosi per questo gli applausi “dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle, Scelta Civica per l’Italia e Sinistra Ecologia Libertà”, recita con tono burocratico il resoconto stenografico della Camera.

Deludente nella forma, come nella sostanza, diremmo. Una delusione amplificata poco dopo nella risposta alla successiva interrogazione di Fabio Rampelli (Intendimenti del Ministro per l’integrazione con riferimento ai limiti ed alle modalità relativi all’eventuale introduzione dello ius soli nell’ordinamento italiano – n. 3-00054), di Fratelli d’Italia, il quale sollevava il sospetto che vi fosse stata una confusione di deleghe con i ministri dell’interno e della giustizia e chiedeva conto del programma di governo su integrazione e riforma delle modalità di acquisto della cittadinanza.

In questo caso, invece, la ministro Kyenge trovava i dati statistici dell’ISTAT, acclaranti che il 10% della popolazione italiana è di origine straniera, ma taceva di quelli che collocano al 36% i detenuti extra-comunitari presenti nelle carceri italiane (dato del 2012, consolidato al 31 dicembre 2011, in aumento di 7 punti percentuali rispetto al 2000), spesso illegalmente entrati nel territorio italiano e dell’Unione Europea, poi macchiatisi di gravi reati.

E con questo non vogliamo affatto legare lo status di clandestino e la condizione di delinquente, perché sarebbe idiota farlo, perché non sarebbe vero: molti clandestini vivono la propria condizione come transitoria, lavorano (anche se in modo illegale) e cercano di migliorare la situazione da cui provengono con l’auspicio di divenire parte integrante del Paese. Poi, forse, regolarizzata la propria posizione, si porranno il problema di intensificare il legame con la nuova patria di elezione, di diventarne cittadini per contribuire allo sviluppo del Paese con ogni prerogativa.

Non pensiamo che la Kyenge fosse emozionata per il debutto parlamentare, visto che ha impostato con precisione formale il proprio testo, ben strutturato, limitandosi a leggere con piglio burocratico/ministeriale. E così facendo, non rivolgendo le proprie attenzioni ai propri concittadini (di elezione), la ministro per l’Integrazione ha posto in secondo piano un dato ineludibile, ossia il proprio status di ministro della Repubblica, quello di cittadino italiano che ha giurato di «di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione», sottintesa quella italiana. Le parole di risposta a Molteni (Lega Nord) sono apparse invece in qualche modo giustificazioniste: «Le persone abbandonano i loro affetti e le loro famiglie per fuggire dalla miseria, dalle guerre, dallo sfruttamento, alla ricerca di lavoro e di tranquillità».

20130517-magdiallam300x250Evidentemente, la ministro per l’Integrazione ha dimenticato che lo stesso si può dire delle migliaia di cittadini italiani, che negli ultimi ventiquattro mesi hanno abbandonato il Meridione d’Italia (circa 900 mila solo dalla Sicilia), per cercare miglior fortuna altrove. Questi italiani di nascita non trovano alcuno dei sostegni ottenuti da immigrati – irregolari e non – grazie all’azione politica di amministrazioni locali, favorevoli all’apertura indiscriminata delle frontiere a chiunque. Non vorremmo avesse ragione Magdi Allam (nella foto a sinistra), che da qualche giorno chiede espressamente le dimissioni della dottoressa Kyenge e a questo fine sta promuovendo una petizione.

Sembrano perciò acquisire un’aurea di obiettività le parole di Ignazio La Russa, esponente di “Fratelli d’Italia”, il quale a “Radio 24” ha sostenuto di trovare «la signora Kyenge una persona squisita» e «una delle oculiste più affermate, ma», si è chiesto l’ex ministro della difesa, «non ho ancora capito che competenza abbia in materia di integrazione. Non vorrei» ha concluso La Russa «che l’avessero fatta ministro per il colore della pelle, sarebbe quanto di più razzista questo governo potesse immaginare».

Che Cécile Kyenge finora potesse deludere, era messo in conto, ma farci concordare con La Russa è troppo, urge porre celere rimedio, una meritoria opera riparatoria eretta con sensibilità più verso i cittadini italiani odierni, che verso quelli futuri. Operi, la signora ministro, per una reale integrazione fondata sulla reciproca accettazione e conoscenza, non per fomentare – con le sue disattenzioni non veniali – le reazioni più scomposte.

Ieri sera, all’atto di scrivere questo articolo, scorrendo la cronaca locale di Milano del “Corriere della Sera online”, tra le prime sette notizie ben cinque riguardavano reati commessi da immigrati, uno addirittura con finalità di terrorismo. È evidente quindi che la ministro Cécile Kyenge debba comprendere quali siano le priorità per il suo Paese (di elezione) o trarne le dovute conseguenze.

Per parte nostra, consideriamo ogni forma di razzismo un’idiozia, che non trova fondamento in alcuna teoria sociale. Se il razzismo si concreta in reati, lo si persegua senza esitazione o pietà. Gli uomini sono uguali davanti ai propri simili e a Dio (per chi ci crede) e le uniche differenze sono costituite dall’eduzione con cui ci si rivolge al prossimo e con cui lo si rispetta. Altro non accogliamo, altro non tolleriamo. Non si veli la Kyenge di autopregiudizi che non servono a niente e a nessuno.

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