Il blocco delle retribuzioni dei dipendenti pubblici pone problemi specifici al comparto sicurezza e difesa

Paolo Gerometta, presidente Cocer Difesa: risparmi ciechi e senza prospettiva, utili solo a far-cassa, non a razionalizzare i funzionamento della difesa, e mette quasi a rischio la capacità operativa

20130528-militari-salti-mortaliI tempi sono molto difficili e la crisi morde. I risparmi delle famiglie si assottigliano e la ripresa economica non parte. Tempi di spending review… giusta ma fatta quasi solamente sulla pelle dei cittadini, compresi i dipendenti pubblici, mentre i costi della politica e delle maggiori istituzioni stentano a tagliare qualsiasi privilegio. Un conto è bloccare retribuzioni da 1.500 euro netti al mese, altro è bloccare retribuzioni di oltre 5 volte maggiori, ll’impatto non è lo stesso.

Il Ministero delle’Economia e delle Finanze ha inviato alle commissioni parlamentari, per l’acquisizione dei previsti pareri, uno schema di Decreto che proroga il blocco delle retribuzioni dei dipendenti pubblici per il 2014, facendo seguito a quello in vigore per il biennio 2011-2013, disposto dal Decreto Legge n.98/2011, convertito dalla L.111/2011.

Quali sarebbero gli affetti pratici dell’approvazione di un simile decreto? Impossibilità di superare la retribuzione spettante a ciascun dipendente nell’anno 2010; blocco delle procedure di concertazione senza la previsione di una misura dell’indennità della cosiddetta ‘vacanza contrattuale’ superiore a quella corrisposta in atto; blocco degli adeguamenti indicizzati; blocco degli automatismi stipendiali per classi e scatti; attribuzione di promozioni ai soli fini giuridici: cioè maggiori responsabilità con la stessa retribuzione.

Per il biennio 2011-2012 in considerazione della specificità del comparto sicurezza e difesa il provvedimento indicato aveva previsto un fondo di 80 milioni di euro all’anno (poi progressivamente aumentato fino a 115 milioni annuali) per il finanziamento delle cosiddette ‘misure perequative’, erogate sotto forma di assegni ‘una tantum’ al personale. Per il 2014 non è stata fatta la stessa previsione.

Il 22 maggio scorso il Cocer (Consiglio Centrale di Rappresentanza) dell’Esercito ha sottolineato in un suo comunicato stampa che lo schema di DPR in discussione al parlamento, concernente il ‘regolamento per l’armonizzazione previdenziale per il personale del Comparto Difesa e Sicurezza’, unito al blocco degli stipendi per il 2014, avrebbe degli effetti devastanti sul personale dell’intero comparto. Ricordando poi che lo Strumento Militare avrà una drastica riduzione del personale delle Forze Armate (di circa 23.000 unità), ben si comprende come gli effetti del combinato disposto di questi provvedimenti possa mettere a rischio la stessa sicurezza del comune cittadino. Tra le richieste del Cocer, quella di aprire un tavolo di concertazione previdenziale con le autorità competenti, richiesta legittima soprattutto alla luce di decisioni prese nel passato dai ministri cosiddetti ‘tecnici’ del lavoro e della previdenza, decisioni che devono ancora dimostrare di essere state corrette in un quadro generale previdenziale.

Ogni settore deve fare il suo sforzo di spending review: vale la pena però comprenderne di più considerata la ‘specificità’ di questo settore. Quindi abbiamo voluto chiedere al presidente del Cocer Difesa, generale di divisione Paolo Gerometta, alto ufficiale di lunga esperienza professionale che ha ricoperto incarichi operativi in prima linea e che ben conosce le problematiche del settore, di spiegare quali sono le criticità rilevate nei provvedimenti in discussione.

D: Generale, da tempo lei si sta occupando di queste problematiche. Quali sono i maggiori problemi del comparto difesa, nel caso questi provvedimenti fossero approvati nella loro attuale stesura?

R. Mi occupo di problematiche riguardanti il personale militare fin dal 1989. In particolare, ho collaborato alla stesura della normativa primaria ed applicativa che ha introdotto il modello “professionale” nel nostro Paese ed il servizio militare femminile che in combinato disposto hanno costituito la svolta epocale delle nostre Forze Armate nel secondo dopoguerra. Inoltre, ho partecipato alla stesura di tutti i riordini delle carriere, delle politiche di reclutamento nonché di quelle relative al trattamento economico e pensionistico dal 1990 ad oggi. Ho intervallato questi periodi di lavoro nel settore del personale con significativi periodi operativi di comando, sia in Patria che all’estero, che mi hanno sempre consentito da un lato di verificare la validità “sul campo” delle normative introdotte e dall’altro di trarre molti i spunti per elaborarne evoluzioni delle stesse o delle nuove volte a fornire risposte alle necessità dettate dai nuovi scenari di impiego delle Forze Armate italiane ed internazionali. Tornando ora al all’oggetto dell’intervista occorre evidenziare subito che da circa tre anni il personale militare e civile della Difesa è stato oggetto di una serie di interventi normativi, contenuti nelle annuali “leggi di stabilità” ed in quelli di “spending review”, alquanto disarmonici tra loro che hanno avuto come principale effetto quello di penalizzare il personale stesso senza peraltro apportare alcun tipo di beneficio poiché i contenuti risparmi ottenuti non sono stati assolutamente utilizzati nell’ambito della Difesa. Infatti, dietro a questo frastagliato complesso di normative non vi è una una ”vision” volta a ottimizzare e rendere più funzionale lo strumento militare, bensì una mera ricerca di “fare cassa” nel breve periodo, senza preoccuparsi degli effetti negativi che tali interventi potranno avere nel medio-lungo periodo.

Questa ha costituito una sorta di “miopia politica” che se non corretta con immediatezza, potrà portare ad avere uno strumento costituito da una componente umana sempre più a rischio di demotivazione e da una organizzazione che avrà sempre più difficoltà ad assicurare ai propri uomini e donne la preparazione necessaria, la giusta qualità della vita ed i mezzi/equipaggiamenti più adeguati per l’assolvimento dei compiti assegnati dal Paese. In tale quadro, il modello delineato dalla recente delega sulla revisione in senso riduttivo dello strumento militare a 150.000 unità rappresenta un tentativo estremo di ridare organicità alla materia ma costituisce anche una “linea del Piave” oltre la quale non è più possibile assicurare un output operativo certo ed in grado di consentire l’assolvimento dei compiti che l’attuale legislazione assegna alle Forze Armate. In tale quadro e per motivi diversi sia il provvedimento di proroga del blocco stipendiale sia quello relativo all’armonizzazione pensionistica del personale militare creano una serie di effetti pratici tali da mettere in discussione il conseguimento degli obiettivi della legge di delega a regime che potranno essere parzialmente corretti a prezzo di ulteriori e significative penalizzazioni, soprattutto del personale più giovane che è quello a cui sono già arrivati i conti più salati da pagare in special modo nell’ambito previdenziale.

Quali potrebbero essere delle proposte pratiche da fare ai parlamentari per attenuare o eliminare le criticità da Lei messe in evidenza, sempre tenendo in conto le condizioni economiche italiane e il dovere di tutti, dico tutti, i cittadini, di partecipare allo sforzo comune per la risoluzione dei problemi strutturali ed economici italiani?

I militari, come tutte le altre categorie di cittadini, devono assolutamente partecipare allo sforzo comune e in tal senso, proprio alla luce dei valori che sono peculiari della militarità, la compagine con le stellette sta affrontando la quanto mai difficile e complessa congiuntura non solo economica. In tale quadro, peraltro, sono assolutamente convinto che questo concorso allo sforzo comune debba indispensabilmente svilupparsi secondo criteri di equità e nel pieno rispetto del principio di “specificità” che la legge riconosce al personale del comparto difesa-sicurezza-soccorso pubblico.

Per quanto concerne la proroga del blocco stipendiale, né l’equità né la specificità hanno trovato un compiuto recepimento nell’ambito del relativo provvedimento. Infatti, soprattutto per quanto concerne il blocco delle progressioni economiche collegate con gli avanzamenti, le “anomalie” in termini di equità sono molteplici e hanno come principale conseguenza sia la progressiva penalizzazione disomogenea del personale militare, sia una sempre maggiore demotivazione dello stesso proprio a causa dei differenti effetti, tra soggetto e soggetto, causati dalla progressiva stratificazione dei blocchi stipendiali annuali. Per esempio, un comandante di reggimento – primo gradino della dirigenza militare – responsabile di una o più caserme e di un numero di militari alle dipendenze oscillante tra le 600 e le 1000 unità, oggi percepisce uno stipendio mensile uguale e spesso inferiore a quello dei suoi capi ufficio e dei suoi collaboratori più anziani.

Analoghi esempi possono essere fatti per i sottufficiali ed i graduati. Questa carenza di equità potrebbe essere corretta eliminando in toto il blocco o limitandolo nella portata, estendendo anche per il 2014 il “Fondo di specificità” per gli assegni “una tantum” appunto quale parziale ristoro degli effetti “perniciosi” del blocco stipendiale. Per quanto concerne, l’armonizzazione del trattamento pensionistico occorre preliminarmente evidenziare che il relativo provvedimento prevede una revisione in aumento delle permanenze in servizio del personale militare. Ciò è in totale controtendenza rispetto all’esigenza di ridurre entro il 2024 il volume complessivo delle tre Forze Armate a 150000 unità e quindi potrebbe provocare una combinazione di effetti negativi collaterali. In particolare, il mancato conseguimento degli obiettivi di progressiva riduzione del modello e quindi maggiori oneri finanziari rispetto a quelli programmati con conseguente necessità di porre in essere forme di esodo forzato del personale in esubero che in ogni caso risulterebbe penalizzante per lo stesso. Inoltre, dopo il 2024, il personale più giovane non vedrebbe più assicurato il massimo dell’anzianità contributiva al raggiungimento dei limiti di età “ordinamentali” dettati dalla specificità dello status militare che non consente di svolgere adeguatamente i propri incarichi oltre una certa età. Di conseguenza, è vitale mantenere l’attuale “status quo” – ovvero 40 anni di servizio più la speranza di vita – il limite per essere collocato a riposo d’ufficio.

L’interessante chiave di lettura fornita dal generale Gerometta ci consente di auspicare che, con la fine dell’era dei ministri ‘tecnici’, le forze politiche abbiano la compiacenza di sedersi ai tavoli di concertazione, per evitare di creare problemi costosi come quelli degli ‘esodati Fornero’, attraverso l’introduzione di riforme attuabili a rischio dei cittadini, che si rivelano più costose del mantenimento dello ‘status quo’. Occorre serietà e professionalità da parte della politica, due qualità che finora non hanno brillato in quel contesto. A partire dall’audizione parlamentare del Cocer prevista per oggi e di cui vi informeremo

©RIPRODUZIONE RISERVATA

20130424_TW@Firuzeh2

COMUNICATO STAMPA DELLA CATEGORIA UFFICIALI DEL COCER ESERCITO

LA POLITICA ASCOLTI I MILITARI CHE NON HANNO BISOGNO DI INTERMEDIARI PER FAR SENTIRE LA LORO VOCE

Pochi giorni fa, la Sezione Esercito del Consiglio Centrale di Rappresentanza dei Militari (COCER), che rappresenta la maggioranza del personale delle Forze Armate, ha espresso la propria ferma contrarietà a qualsiasi forma di proroga del blocco stipendiale. Sono state molte le richieste di delucidazioni al riguardo e non sono mancate, anche in questo caso, le proposte di “protettorato” da parte di succedanei di partiti e sindacati. Con lo stesso orgoglio e la stessa fierezza di “servitori specifici in divisa dello Stato” richiamati in quel comunicato, vogliamo personalmente ma chiaramente evidenziare a tutti che noi militari sappiamo tutelarci in proprio, utilizzando gli strumenti consentiti dalla legge che sono certamente “datati” ma che sapremo con determinazione utilizzare oltre il meglio delle loro potenzialità. Ciò troverà un primo riscontro pratico, martedi prossimo 28 maggio, allorquando l’intero COCER interforze sarà audito dalle Commissioni Affari Costituzionali e Lavoro, in seduta congiunta, proprio sul blocco stipendiale. Questa sarà l’occasione per ribadire, senza paura, che questo provvedimento combinato con il cosidetto “Fornero” in materia di armonizzazione pensionistica, da un lato si porrà in rotta di collisione con il provvedimento di riduzione a 150.000 unità dello Strumento Militare mentre dall’altro potrebbe intaccare anche significativamente la funzionalità e l’operatività dello Strumento stesso. Invece di proseguire sulla strada dei tagli indiscriminati a scapito della qualità della vita dei militari appartenenti soprattutto alla fasce retributive più basse, sui quali peraltro gravano dubbi d’ordine costituzionale, forse sarebbe meglio cambiare rotta e puntare – ad esempio – su ulteriori forme di ottimizzazione di una risorsa preziosa, quale è l’Esercito, incrementandone l’impiego a supporto delle Forze di Polizia e nell’ambito delle attività della Protezione Civile, che consentirebbe di fornire risposta alle crescenti esigenze di sicurezza e tutela di tutti i cittadini, senza ulteriori costi di personale.

Il Presidente del COCER Esercito – Gen. D. Paolo GEROMETTA

Il Presidente Vicario del COCER Esercito – Ten. Col. Sandro PAPPALARDO

Maria Gabriella Pasqualini

Maria Gabriella Pasqualini si è laureata cum laude alla Sapienza in Scienze Politiche, Già distaccata presso il servizio diplomatico, poi docente universitario, è autore di numerosi volumi di storia militare e di saggi storici. Esperta di Medio e Vicino Oriente, collabora con numerose riviste scientifiche. A THE HORSEMOON POST è Vicedirettore e Responsabile Esteri e Difesa.