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Sebastian Vettel cavaliere solitario a Montreal, sul circuito dedicato a Gilles Villeneuve

Il pilota della Red Bull vince per la prima volta il Gran Premio del Canada, davanti a Fernando Alonso che non molla. Terzo Lewis Hamilton, crollato Rosberg, svanito Bottas (che le suona a Maldonado). Massa, che gara! Ah…se avesse vinto una Mercedes…

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Il Gran Premio del Canada era stato stregato per Sebastian Vettel, ma oggi il sortilegio è stato infranto, perché il tre volte campione del mondo ha dominato fin dal via la gara e l’ha poi condotta in solitario. Doppiare 15 avversari è una misura significativa della sua egemonia. Una vittoria a sorpresa però, che contraddice le lamentele della Red Bull sulla performance delle gomme sulla monoposto blu e, di colpo, fa tornare tra i protagonisti del podio Vettel, il quale però in testa al mondiale era, in testa al mondiale rimane.

Al secondo posto Fernando Alonso, che ha condotto una gara intelligente e senza paura. Liberatosi di Bottas in partenza insieme a Rosberg e Webber; lasciatosi poi la Mercedes del tedesco alle spalle nel concitazione dei pit stop, l’asturiano ha ingaggiato una battaglia con Webber, fino a passarlo al 42° giro, complice un’ala della Red Bull dell’australiano danneggiatasi durante il doppiaggio di van der Garde al tornantino (sei giri prima). Poi la cavalcata per acchiappare Lewis Hamilton (ammesso e non concesso che fosse davvero il britannico alla guida della Mercedes: lo vedremo dalle foto pubblicate su Twitter nei prossimi giorni…). La sfida conclusasi con il sorpasso di Hamilton ha consegnato al pilota di Oviedo un secondo posto importante in ottica campionato, che è ancora lungo (ma non sia una giustificazione).

20130516-lewis-hamilton-tweet-from-orlando-butHamilton (sempre che…) ha fatto il possibile, con una monoposto che ancora non ha digerito in pieno, che ancora non sente come una tuta di lattex, aderente fino a comandarla col respiro. Il riferimento sado-maso è solo un pretesto, per dire che Lewis Hamilton ha abusato della credulità dei propri followers e, soprattutto, della fede altrui: andrebbe sanzionato per frode sportiva. La foto pubblicata su Twitter il 16 maggio scorso (riportata nell’immagine a sinistra), con cui dichiarava di essere a Orlando (Florida) dalle parti di Disney World – mentre invece era a Barcelona a provare le Pirelli con la monoposto d’argento del 2013 (era stato davvero nella città della Florida qualche giorno prima, per un evento legato a uno sponsor) – è una falsa dichiarazione avente l’intento di sviare l’attenzione e di crearsi un alibi. Scandaloso! Su Nico Rosberg, “solo quinto” ci riserviamo di osservare fra un po’, in conclusione.

Sotto il podio ancora una volta Mark Webber, che prosegue la sua parabola discendente. Essersi messo in modo plateale contro Helmut “Turiddu” Marko, capobastone della consorteria energetico-mafiosa di Salisburgo, non ha giovato all’australiano. Al contrario di quanto avviene con Jean-Eric Vergne, che noi consideriamo il più attendibile sostituto di Webber per il 2014. Non foss’altro perché – al contrario di Daniel Ricciardo – non si è mai sognato di dichiarare alla stampa di “non voler vivere di corse tutta la vita” e di non vedere l’ora di vincere un mondiale per tornarsene alla vita serena in Australia. Vergne è un investimento della Red Bull (come Ricciardo), ma ha una prospettiva più ampia, da potenziale campione. Dispiace per Ricciardo (mezzo corregionale, avendo papà messinese e mamma calabrese), ma questo è. Un professionista certe dichiarazioni (di qualche tempo fa, ma noi non dimentichiamo. Pregasi verificare su “Autosprint”) non se le deve sognare nemmeno.

Paul di Resta, dopo un venerdì e un sabato tribolato con mille problemi alla monoposto (cambio), ha riscattato il sacrificio con una gara ec-ce-zio-na-le! Lo scozzese, cugino di Dario Franchitti, ha festeggiato come meglio non avrebbe potuto il Centesimo gran premio della Force India. Partito dietro Massa (17°), lo scozzese ha mostrato che un passo di gara costante e una sola sosta (al 58° giro!) si può ottenere molto, ancorché doppiato di un giro. Peccato che il team sia indiano (c’è una certa questione aperta con due servitori dello Stato italiano, ostaggio della demagogia indiana, noi non possiamo simpatizzare in alcun modo per questo team, che però rispettiamo), perché gioirne sarebbe il minimo. Paolino di Resta consideri la nostra gioia conservata in cassaforte: la esibiremo al momento opportuno (per ora teniamo più a Massimiliano Latorre e a Salvatore Girone, ci perdonino i nostri 5 lettori). Nel team anglo-indiano il risultato è stato completato dal compagno di squadra Adrian Sutil, autore di una gara su di giri, con annesso 360 gradi alla micidiale curva 4, un drive through beccato per non aver dato strada ad Alonso e Hamilton in lotta, tante battaglie in pista. Ma a parte questo, merita un applauso.

Kimi Räikkönen ha sofferto la crisi della Lotus su una pista con asfalto liscio, poco abrasivo, che non esalta la capacità della monoposto di adattarsi bene alle gomme. I due punti sono una briciola che premia la formichina nero-oro, ma Räikkönen darà di più in seguito. Per ora, ventiquattresima gara a punti, non male.

Infine, per la Top Ten, una parola per Felipe Massa. Sabato, nelle condizioni in cui si sono svolte le qualifiche il botto di Massa alla curva 4 avrebbe potuto accadere a chiunque. Se accade al pilota di San Paolo, ecco levarsi le grida dei commentatori “obiettivi” le solite osservazioni: eh, però, ma tu guarda, com’è che capitano tutte a lui, sostituitelo. Commenti di chi non ha mai guidato in una corsa di  20130609-taki-inoue300x52automobili, direte. Non sempre. Taki Inoue, “indimenticato” pilota nipponico di Formula 1, a un certo punto ha postato su Twitter: “Massa doesn’t know how to overtake the car. I really appreciate to teach him how to do it” (Massa non sa come superare la monoposto. Davvero gradirà insegnarglielo). Taki Inoue è, per la memoria storica della F1, il pilota che riuscì a farsi investire dalla Medical Car, durante il GP di Ungheria, l’uomo che sa più di slot machines di quanto possa dire di conoscere di macchine da corsa.

L’incidente occorso a Taki Inoue al GP di Ungheria del 1995: rigorosamente fuori dalla monoposto, …

Le critiche sperticate a un pilota sono esagerate, sempre. Al brasiliano – l’abbiamo detto e lo ripetiamo – ne sono state dette di ogni tipo. Ma per cambiare il comportamento di una monoposto (e fare impazzire un pilota) basta poco, è sufficiente modificare a sua insaputa la pressione delle gomme. Sarebbe utile se tutti lo lasciassimo lavorare in pace. La Ferrari – che è un player globale – se lo ha confermato avrà motivi fondati.

Tornando al GP del Canada, il precipizio in cui era caduto dopo le qualifiche – la sedicesima posizione – non faceva sperare di più. Invece, sapendo che la botta psicologica va curata con una controbotta psicologica, Felipe Massa è stato protagonista di una gara maiuscola. Sempre all’attacco, già al primo giro aveva guadagnato due posizioni, sempre con l’attenzione necessaria a non commettere errori e inficiare in malo modo il tentativo di aggiudicarsi dei punti. L’ottavo posto finale non è un premio, è il minimo guadagnato con grande mestiere e un cappello tessuto di timore. La smettessero i giudici delle gare altrui dalla poltrona di casa. Compresi certi memorabili piloti nipponici con residenza a Monte Carlo (per sfuggire alle tasse dell’Imperatore…).

Per il resto (prima di parlare di Rosberg, non ce lo siamo dimenticato), le McLaren comprimarie nella serie B, non è un posto che meritano. A Woking decidessero di darsi una mossa e di ammettere oggi di aver fallito la monoposto, tornino subito a quella del 2012. Negativa la gara di Ricciardo, che perde il confronto con Vergne, ma forse per l’australiano della Toro Rosso può attagliarsi il discorso fatto per Webber (connazionale: sarà un caso?). In Williams, il team baci i piedi a Bottas e cerchi le risorse per liberarsi di Maldonado: il papà merita di riaverlo accanto nella vendita di autovetture; la moglie per crescere i pargoli. Il finlandese invece merita di avere un pungolo migliore e, soprattutto, una monoposto migliore. Sulle Marussia e sulle Caterham, ci appelliamo alla clemenza della corte. Due giri di distacco (a salire) sono tanti, di più non ci sentiamo di dire per carità cristiana.

Infine – the last, but not the least – Rosberg. È chiaro a tutti che Nico sia l’uomo squadra della Mercedes, la figura attorno alla quale a Stoccarda si sta costruendo un presente brillante e un futuro dominante. Hamilton può cogliere il momento magico, lo ha capito e cerca di ingraziarsi la squadra (Toto Wolff e Niki Lauda, per fare nomi e cognomi) con le stupidaggini tipo la foto su Twitter. Da Rosberg la Mercedes si aspetta (si può aspettare) leale fedeltà, visto il trattamento paritario (se non di favore) avuto quando sull’altra monoposto d’argento si calava un certo Michael Schumacher (che le ha prese, ma in un momento in cui non doveva dimostrare niente a nessuno: ci stava). Da Hamilton la squadra non si può aspettare complicità silenziosa, comunione d’intenti, da Rosberg sì.

Ebbene, visto che siamo malpensanti, noi pensiamo che la gara sottotono di Rosberg in Canada non sia un caso: pensiamo che in anticipo sia stato deciso di mantenere un “basso profilo”. Immaginate che sarebbe accaduto se Rosberg avesse dominato, con una monoposto che sente in ogni meandro come sua… Si sarebbe scatenato un putiferio esagerato sia verso la Mercedes che verso la Pirelli, aggravando la posizione di entrambe le case nel processo di fronte al Tribunale Internazionale della Fia, cui il team tedesco è stato deferito dal presidente Jean Todt. Il “Test Gate” è una macchinazione stupida: se ne sono accorti in ritardo che occorre tornare a provare in pista durante la stagione.

Ci direte: farneticazioni! Probabile, ma noi pensiamo che questo non sia uno scenario inverosimile in una disciplina che somiglia sempre più alle sale delle slot machines (dove vince solo e sempre il gestore della sala), che a una serie sportiva. In confronto, la IndyCar sembra un campionato cavalleresco organizzato dal “Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta”, invece che una serie professionistica coniugante sport e business, ma dove non si nega il secondo aspetto pur salvaguardando il primo valore.

Vedremo a Silverstone se Rosberg tornerà protagonista del podio e del campionato, che sembra sempre più nelle mani di Sebastian Vettel. Vedremo come si risolverà il pasticcio montato tra Pirelli e Mercedes, con il contributo di qualcuno del “government body” della F1 (se a Charlie Whiting suonassero le orecchie, ebbene siamo noi la causa…).

Per Alonso non sarà facile riassorbire un distacco di 36 punti in classifica, ma può accadere che lo spagnolo non si arrenda. Per la Ferrari, invece, colmare i 56 punti di distacco nella classifica costruttori sarà ancora più arduo, se non si otterrà da Massa più continuità e, soprattutto, se non si agirà perché la sua fiducia nella monoposto non cada in modo verticale. In fondo basta poco, essere corretti, giusti, obiettivi. È una missione difficile per Maranello, ma non impossibile.

Salut, Gilles (sarà sempre tuo il nostro cuore, caro Canadese Volante)!

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F1, Gran Premio del Canada – Classifica finale

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