Carboidrati e dieta, sì alla pasta ma al dente
A discutere dell’importanza dei carboidrati a tavola i maggiori esperti mondiali di alimentazione, riunitisi a Stresa nei giorni scorsi. Sì ai carboidrati, ma meglio quelli della pasta cotta al dente, che non vengono sperperati dall’organismo e non innalzano la glicemia.
L’estate è ormai alle porte e sono certamente tanti coloro che, preoccupati della imminente prova costume, pensano di iniziare una dieta, magari una di quelle dell’ultimo minuto. E tra gli errori più frequenti c’è, senza dubbio, quello di eliminare i carboidrati dalla propria alimentazione. Niente di più sbagliato.
Ad affermarlo in questi giorni i più grandi esperti mondiali di alimentazione che a Stresa, in provincia di Novara, hanno dato vita ad un “documento di consenso” che misura la velocità con cui sale la glicemia dopo l’assunzione di 50 gr di carboidrati. Sulla base dei loro studi, gli studiosi hanno puntato il dito non contro la quantità assunta ma la qualità degli alimenti. E tra i farinacei che meritano di restare nelle nostre tavole non deve mancare la pasta, soprattutto se al dente.
Andrea Poli, direttore scientifico di Nutrition Foundation of Italy, spiega infatti che “per una dieta sana non basta tener conto dei grassi, ma anche dei carboidrati, della loro quantità ma soprattutto della qualità. Da questo punto di vista, il carboidrato che ne esce meglio è la nostra ‘pasta’ che, se di grano duro e cotta ‘al dente’ ha un IG (indice glicemico) di 45, preferibile al pane bianco (70). Ma se la pasta è troppo cotta l’IG sale. Così come sale l’IG dei riso e di tutti i carboidrati contenenti amido se la cottura viene prolungata”.
E se era già noto che i carboidrati giocano un ruolo fondamentale per lo sviluppo biologico degli uomini e per la fertilità, giocando un importante ruolo di riserva energetica e trasporto dell’energia, gli esperti dicono oggi che la pasta al dente è ideale per fornire le giuste calorie, dal momento che queste non vengono sperperate nell’organismo, provocando un aumento della glicemia.
Se il riso ha un altissimo IG (104), non si può dire la stessa cosa dei dolci solitamente confezionati con fruttosio (18-22). Ma tra gli alimenti che si comportano in modo strano ci sono le patate che, cotte al microonde hanno un IG pari a 117, al vapore 93, bollite 77, ma che subiscono una diminuzione dell’indice glicemico se consumate fredde di frigorifero.
Ad affermare che l’IG può essere ridotto anche ad alti contenuti di fibre, Livia Augustin del St. Michael’s Hospital di Toronto: “È bene che nella dieta compaiano cereali non raffinati, oltre a legumi come fagioli (21-32), ceci (22-34) e lenticchie (42)”. ”In considerazione del rapido aumento di obesità e diabete – afferma il canadese David Jenkins – a Stresa è stato creato anche un ‘Consorzio della qualità dei carboidrati’ al fine di diffondere le informazioni”. In Paesi come Australia e Nuova Zelanda, è stato applicato un logo agli alimenti che permette al consumatore di identificare quelli a più basso IG”.
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