Annuncio a sorpresa: in Afghanistan abbiamo fallito, per questo apriamo colloqui di pace coi Talebani
Dieci anni di lotta contro lo Stato afghano “scalato” da al Qaeda, qualche migliaia di morti, centinaia di miliardi di dollari con cui si sarebbe sfamato tutto il mondo, insegnato un mestiere ai più disgraziati del Pianeta e forse tolta l’acqua allo stagno del terrorismo jihadista
Washington – Gli Stati Uniti avvieranno colloqui di pace diretti con i talebani. Lo ha annunciato la Casa Bianca in concomitanza con la fine del G8 in Irlanda del Nord. Il primo incontro avrà luogo nei prossimi giorni a Doha, nel Qatar, dove i talebani hanno aperto un ufficio di rappresentanza. Secondo la BBC, il presidente afghano Hamid Karzai ha annunciato l’invio di una delegazione per seguire i colloqui.
L’avvio del negoziato è però sottoposto a una serie di condizioni sospensive: la rinuncia della violenza da parte dei talebani, la rottura con Al Qaeda e il rispetto della costituzione afghana, compresi i diritti delle donne e delle minoranze. White House ha voluto marcare il fatto che nessuno si nasconde che sia l’avvio di un percorso lungo e senza garanzie di successo. Somiglia molto a certi decreti “del fare” che però non sanno dove e come iniziare.
Contraddittoria la dichiarazione del presidente afghano Hamid Karzai, che dalla capitale ha oggi annunciato l’inizio della quinta e ultima fase della transizione del dopo-talebani (ironia della sorte…): «Vogliamo che i problemi degli afghani vengano risolti dagli afghani stessi, in patria, ma nell’interesse dei negoziati di pace abbiamo accettato l’apertura di un ufficio dei Talebani in Qatar».
«L’Alto consiglio di pace – un organismo creato dallo stesso Karzai nel 2010 nell’intento di favorire il processo di pace – si recherà in visita in Qatar per discutere dei colloqui di pace con i Talebani» ha confermato il presidente, che nello scorso mese di aveva incontrato l’emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, per discutere dell’apertura di un ufficio politico dei Talebani nel Paese del Golfo. La scorsa settimana il presidente afghano è stato ancora una volta a Doha.
L’ufficio politico dei Talebani a Doha è stato aperto per «sostenere una soluzione pacifica e politica» della crisi afghana e favorire negoziati di pace, per formare «un governo giusto e indipendente di stampo islamico per il popolo afghano», ha reso noto l’Emirato islamico dell’Afghanistan (come viene definito l’unico governo ritenuto legittimo dai Talebani, ossia il loro governo) nel corso di una conferenza stampa a Doha.
Il portavoce degli Studenti Coranici ha poi chiarito che il movimento non consentirà a nessuno «di rappresentare un pericolo per altri Paesi nella regione» e poi ha chiarito che «con l’apertura di un ufficio politico si intende anche creare un meccanismo per il dialogo». «I Talebani – ha proseguito il portavoce Zabihullah Mujahid – non hanno altri obiettivi al di fuori del loro Paese», perché l’unica finalità della loro azione politica è «metter fine in modo legittimo all’occupazione del proprio Paese» da parte delle forze internazionali.
Nel processo di “normalizzazione” in Afghanistan sta giocando un ruolo fondamentale l’Emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, che peraltro è attico in Siria nel supporto finanziario degli insorti, una frangia importante dei quali è ispirata in modo deciso da Al Qaeda. I infatti Talebani hanno voluto esprimere in modo esplicito e pubblico il un ringraziamento all’Emiro del Qatar «per aver concesso l’apertura di un ufficio a Doha».
L’ISAF (International Security Assistance Force) è una forza internazionale guidata dalla NATO istituita dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1386 nel dicembre del 2001, a seguito delle decisioni prese in seno alla Conferenza di Bonn, in cui le opposizioni contro il Talebani si coalizzarono per il futuro pacifico e non fondamentalista del Paese asiatico.
L’apertura di negoziati di pace è condivisibile in linea di principio, perché una guerra, anche se guidata dalle Nazioni Unite, non può che finire con una pace, atto per cui sono necessari negoziati indispensabili a garantire una transizione governata.
Tuttavia, le condizioni poste ai Talebani sono assolutamente inconcepibili per gli stessi “studenti coranici”, che intendono improntare lo Stato afghano secondo i principi della rigida applicazione della Sharia nel senso più retrivo e fondamentalista. Per questo motivo, abbandonare l’Afghanistan ai Talebani dopo quasi dodici anni di sacrifici – anche in termini di vite umane – equivale ad affermare al mondo intero di aver fallito una strategia per salvare dalla violenza un popolo di donne che vengono quotidianamente bersagliate dalla cieca violenza religiosa, malgrado la presenza delle forze internazionali sul territorio.
Ritirarsi e riconsegnare ai Talebani questo popolo inerme significherà abbandonarlo alla cieca violenza di cui questa organizzazione ha dato prova negli ultimi 15 anni.
Ieri mattina peraltro un attentato kamikaze ha colpito il convoglio del vice-presidente Haji Mohammad Mohaqeq, leader della hazara, rimasto illeso. Morti tre uomini del seguito.
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