All’aeroporto di Catania si favorisce il fai-da-te. Viaggiatori sbloccano nastro inceppato

Al termine del volo IG 545 da Verona, sabato sera i viaggiatori si sono dovuti sorbire una prolungata attesa (oltre 20 minuti) e poi rimediare al blocco di una valigia. Di operatori della SAC neanche l’ombra. Chi viaggia protesta a voce, ma non mette mai per iscritto le denunzie di malfunzionamento delle società di gestione aeroportuale, soprattutto al “Vincenzo Bellini” di Catania. La testimonianza di un viaggiatore del Trentino: qui avete tutto, ma non sapete valorizzare le vostre straordinarie potenzialità

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Si sa, in tempi di crisi ci si deve industriare a far da se. Si dirà: il crollo del welfare, il clash finanziario, lo Stato non più capace di affrontare tutti i problemi della gente, una nuova frontiera dei servizi sociali. Questo deve essere lo spirito neo-liberale in auge all’aeroporto “Vincenzo Bellini” di Catania.

I viaggiatori che sbarcano dagli autobus navetta, dagli aerei all’aerostazione, entrando si scontrano con un tappeto di gomma anti-scivolo sporco all’inverosimile. In genere l’attesa dei bagagli è più lunga che in altri scali, soprattutto in caso di voli notturni.

Ma ieri sera i viaggiatori del volo Meridiana IG 545 proveniente da Verona hanno dovuto mettere mano all’intraprendenza. Dopo oltre venti minuti, finalmente i bagagli erano smistati nel nastro trasportatore (il numero 4, per la precisione). Senonché, la terza o la quarta borsa si incastrava nella struttura, causando l’intasamento e il successivo blocco dello smistamento.

Qualche viaggiatore, assennato, a quel punto azionava il blocco di sicurezza, aspettando che intervenissero i tecnici dell’aeroporto. Dopo aver atteso inutilmente circa due minuti, un viaggiatore – un signore trentino con moglie “mezza siciliana e un genero siciliano” – ha colto il messaggio implicito a favore del fai-da-te e si è prodigato per liberare la valigia. A fronte di qualche difficoltà, è intervenuto un “collega” di bricolage aeroportuale, mettendo fine all’attesa.

Prima che riprendessimo la scena, promettendo di darne conto all’opinione pubblica, le critiche a voce (più o meno) alta si sono sprecate, verso una struttura percepita non in linea con gli investimenti effettuati (per usare un volenteroso eufemismo). Poi, una volta palesata la ripresa, è calato il muro di silenzio. Tutti pronti a lamentarsi, pochi capaci di farlo in modo pubblico. La nota riservatezza siciliana…

Dunque, l’ennesimo episodio di disservizio e di strafottenza verso settori – turismo e trasporti – che dovrebbero andare a braccetto per sviluppare un “effetto molla” sull’economia siciliana e quella italiana. Ieri Paolo Panerai, nel suo consueto editoriale del sabato su “Italia Oggi”, citava un fatto occorsogli proprio in Sicilia.

«Nei giorni scorsi sono stato testimone in un piccolo ma importante aeroporto appena aperto al Sud di una richiesta e di alcune affermazioni assurde e preoccupanti da parte di chi è incaricato dei controlli con la fiamma gialla sul cappello» ha scritto l’editore/direttore della testata economica. «Era in partenza per Milano un gruppo di 11 cinesi, di cui cinque alti funzionari dello Stato: volavano con due aerei privati dopo aver visitato alcune bellezze della Sicilia in una prospettiva di investimento nell’isola e di incremento dei flussi turistici cinesi. Erano felicissimi per aver scoperto le straordinarie bellezze dei mosaici della Villa Romana del Casale a Piazza Armerina. Avevano già fatto il controllo di sicurezza dei bagagli e stavano per imbarcarsi quando gli è stato chiesto di tornare indietro appunto dalle Fiamme gialle e di aprire tutti i bagagli».

«A chi accompagnava il gruppo cinese – ha raccontato Panerai – e si è permesso di osservare che con quel controllo in un volo nazionale non solo si era creato disagio per far svuotare i voluminosi bagagli, perdendo 20 minuti di tempo prezioso, ma si era anche trasmesso a quei cinesi il concetto di un regime di polizia visto che non c’era nessuna dogana da passare». «La risposta letterale è stata» aggiungeva Panerai «ma cosa vuole che debba preoccuparmi di far apparire la Sicilia (e quindi l’Italia) un Paese accogliente e aperto ai turisti: in primo luogo non saranno i turisti a farci uscire dalla crisi e in secondo luogo questa mattina ho scoperto che sono stati eliminati alcuni professori di sostegno nella scuola di mia figlia».

La conclusione del direttore di “Italia Oggi” è stata: «da una parte una pura affermazione di potere derivante dall’appartenere a un’arma per altro benemerita; dall’altra quasi una punta di disprezzo per chi aveva portato soldi in Sicilia e si apprestava a convincere migliaia o centinaia di migliaia di turisti a visitare l’isola; dall’altra ancora la connessione fra una vicenda personale, probabilmente anche dolorosa, e una sorta di protesta all’interno delle proprie funzioni».

Siccome Panerai è persona seria, non si può mettere in discussione il suo racconto circostanziato. Se noi non capiamo che la Sicilia (e l’Italia) è seduta sul “suo petrolio” (le straordinarie possibilità turistiche, enogastronomiche, culturali), allora non faremo che eternare uno stato precario di malessere, che prima o poi sfocerà in manifestazioni di piazza. Ma il “pesce puzza dalla testa”.

È della stessa opinione il viaggiatore proveniente dal Trentino Alto Adige intervenuto a sbloccare il bagaglio dal nastro trasportatore. Questo signore appassionato della Sicilia – e che nell’isola viene da 30 anni – ci ha detto senza peli sulla lingua: «avete bellezze straordinarie, che non sapete valorizzare nel modo migliore. Questo episodio non fa che confermare una scarsa qualità della classe dirigente, che non è – a mio avviso – quella di tutti i siciliani, perché ne conosco molti perbene, capacissimi, di grande rigore. Ho la sensazione – ha concluso questo signore – che la politica inquini tutto qui».

All’aeroporto di Catania alcuni devono pensare che il declino sia inarrestabile e che sia giunta l’ora di un “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Perciò, di fronte a un piccolo disservizio (seguito a un’attesa di oltre 20 minuti) avranno riesumato certe espressioni colorite del passato politico italiano, gridando “me ne frego!”.

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