Il Papa all’Angelus: diamo testimonianza di fede. Poi ricorda il beato Rolando Rivi, assassinato da partigiani comunisti
Nel mese dedicato alle missioni, il Pontefice ricorda che Ottobre è il mese dedicato alle missioni. Francesco chiede a tutti di dare testimonianza a Cristo “nella propria vita di ogni giorno”. Il rosario è una “scuola” di preghiera e di fede. Nell’Anno della Fede dobbiamo domandare: “accresci la nostra fede!”. Poi ricorda che ieri a Modena è stato beatificato Rolando Rivi, un esempio di martire per la fede, ucciso per odium fidei. Dopo l’Angelus, lancia una preghiera silenziosa per “i fratelli e le sorelle” morti nel disastro di Lampedusa e ricorda Assisi
Città del Vaticano – Angelus denso di commozione quello di oggi a Piazza San Pietro. Il Papa ha ricordato ancora una volta le vittime del tragico naufragio di Lampedusa, ma – nella prima domenica di ottobre, mese dedicato alle missioni – non ha tralasciato di ricordare che la vita del cristiano è testimonianza a Cristo ogni giorno, come dimostra la eroica vita del ragazzino seminarista modenese Rolando Rivi, che morì martire a 14 anni, per mano criminale ed efferata di inumani partigiani comunisti.
«In questo mese di ottobre, che è dedicato in particolare alle missioni, pensiamo a tanti missionari, uomini e donne, che per portare il Vangelo hanno superato ostacoli di ogni tipo, hanno dato veramente la vita» ha detto Bergoglio «come dice san Paolo a Timoteo: “Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo” (2 Tm 1,8)».
All’Angelus, rivolto a decine di migliaia di pellegrini in piazza San Pietro, rifacendosi alla liturgia domenicale (XVII domenica durante l’anno, C), Papa Francesco ha ricordato la tradizione di dedicare il mese di ottobre alla conoscenza delle situazioni di missione e alla solidarietà con i missionari. Mese che inizia con la memoria di santa Teresa di Gesù Bambino, la carmelitana patrona delle missioni e in una delle ultime domeniche si celebra la Giornata missionaria mondiale, che quest’anno cade il 20 ottobre.
Conoscere le missioni è sempre un modo per maturare la propria vocazione missionaria e lo stesso Francesco ha spiegato che il concetto «ci riguarda tutti: ognuno di noi, nella propria vita di ogni giorno, può dare testimonianza a Cristo, con la forza di Dio, la forza della fede». Ma «come attingiamo questa forza?» s’è chiesto il Pontefice. «La attingiamo da Dio nella preghiera. La preghiera è il respiro della fede: in un rapporto di fiducia, di amore, non può mancare il dialogo, e la preghiera è il dialogo dell’anima con Dio» si è e ha risposto, aggiungendo che «ottobre è anche il mese del Rosario, e in questa prima domenica è tradizione recitare la Supplica alla Madonna di Pompei, la Beata Vergine Maria del Santo Rosario. Ci uniamo spiritualmente a questo atto di fiducia nella nostra Madre, e riceviamo dalle sue mani la corona del Rosario» che è sempre «una scuola di preghiera, una scuola di fede!».
In precedenza, ricordando il Vangelo del giorno, in cui i discepoli domandano: “Accresci in noi la fede!”» (Lc 17,5-6), il Papa ha detto che questa è anche la nostra domanda nell’Anno della Fede: «Sì, Signore, la nostra fede è piccola, la nostra fede è debole, fragile, ma te la offriamo così com’è, perché Tu la faccia crescere. Ripetiamo tutti insieme: Signore, accresci in noi la fede!». E l’ha fatto ripetere per tre volte a tutti i fedeli.
E poi ha aggiunto: «E il Signore che cosa ci risponde? Risponde: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe” (v. 6). Il seme della senape è piccolissimo, però Gesù dice che basta avere una fede così, piccola, ma vera, sincera, per fare cose umanamente impossibili, impensabili. Ed è vero! Tutti conosciamo persone semplici, umili, ma con una fede fortissima, che davvero spostano le montagne! Pensiamo a certe mamme e papà che affrontano situazioni molto pesanti; o a certi malati, anche gravissimi, che trasmettono serenità a chi li va a trovare. Queste persone, proprio per la loro fede, non si vantano di ciò che fanno, anzi, come chiede Gesù nel Vangelo, dicono: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Quanta gente fra noi ha questa fede forte, umile, che fa tanto bene!».
Il Pontefice aveva iniziato il suo discorso, prima dell’Angelus, rendendo «grazie a Dio» per il suo pellegrinaggio ad Assisi. «Pensate – ha detto – che era la prima volta che mi recavo ad Assisi ed è stato un grande dono fare questo pellegrinaggio proprio nella festa di san Francesco».
Dopo la preghiera mariana, Francesco ha poi ricordato che «ieri, a Modena, è stato proclamato Beato Rolando Rivi, un seminarista di quella terra, l’Emilia, ucciso nel 1945, quando aveva 14 anni, in odio alla sua fede, colpevole solo di indossare la veste talare in quel periodo di violenza scatenata contro il clero, che alzava la voce a condannare in nome di Dio gli eccidi dell’immediato dopoguerra. Ma la fede in Gesù – ha affermato il Papa – vince lo spirito del mondo! Rendiamo grazie a Dio per questo giovane martire, eroico testimone del Vangelo». E poi ha commentato che «i giovani di 14 anni hanno adesso un esempio in lui, che sapeva cos’era importante, pieno di coraggio».
Rolando Rivi nacque a San Valentino, frazione di Castellarano, in provincia di Reggio Emilia, secondo dei tre figli di Roberto Rivi e Albertina Canovi. Entrò nel seminario di Marola nell’autunno del 1942, ma nel 1944 fu costretto a ritornare a casa, in seguito all’occupazione tedesca del paese. Non smise però di sentirsi seminarista, né di indossare l’abito talare, nonostante i genitori fossero contrari, perché preoccupati per l’anticlericalismo dei partigiani comunisti operanti nella zona e responsabili di atti di violenza, da cui non furono risparmiati sacerdoti.
Il 10 aprile 1945 fu preso da un gruppo di partigiani comunisti, che costrinse il ragazzo quattordicenne a seguirli nella boscaglia. Ai genitori fu lasciato un bigliettino sprezzante: “Non cercatelo. Viene un attimo con noi partigiani“. Dopo tre giorni di percosse, umiliazioni e sevizie, questa banda di criminali lo uccise a colpi di pistola in un bosco di Piane di Monchio, frazione di Palagano.
Seguendo le indicazioni di alcuni partigiani, comprese quelle dello stesso assassino, Giuseppe Corghi, la sera del 14 aprile il padre Roberto e don Alberto Camellini, curato di San Valentino, ne ritrovarono il cadavere con evidenti i segni delle sevizie subite e le due ferite mortali, una alla tempia sinistra e l’altra all’altezza del cuore. L’assassino dei giovane Rolando e il suo complice, Delciso Rioli, furono condannati a una pena di 26 e 16 anni, poi amnistiata. La sua storia è rimasta per decenni sepolta nei ricordi familiari, per il contorno politico emiliano, intriso di cultura comunista e dove il Partito Comunista ha avviluppato il suoi tentacoli partitocratici. Ieri Rolando Rivi ha avuto il riconoscimento umano del suo eroismo per la fede, che il Signore gli ha già sicuramente attribuito.
In chiusura del suo discorso domenicale ai fedeli riuniti in piazza San Pietro, Papa Francesco ha reiterato la preghiera di suffragio per i morti della tragedia di Lampedusa. «Vorrei ricordare insieme a voi – ha detto – le persone che hanno perso la vita a Lampedusa giovedì scorso. Preghiamo tutti in silenzio per questi fratelli e sorelle nostri, uomini, donne, bambini. Lasciamo piangere il nostro cuore. Preghiamo in silenzio». Ne è seguito un minuto di silenzio.
Il 3 ottobre scorso, a circa un miglio dall’isola di Lampedusa, è affondato un barcone con circa 500 profughi. Molti di loro, forse 300, sono rimasti intrappolati e annegati. Da poche ore sono riprese le operazioni di recupero dei miseri resti delle vittime, ostacolate negli ultimi due giorni dalle condizioni meteo.
(AsiaNews)