Pakistan, nei libri di testo delle scuole primarie si insegna ai bambini che è lecito uccidere i cristiani
In un rapporto del Middle East Media Research i libri discriminatori sono diffusi in tutte le scuole pubbliche primarie. Per legge anche i cristiani sono costretti a studiare su tali testi, una vergogna internazionale su cui tacciono i cosiddetti progressisti a favore di un’integrazione della morte contro la vita, dell’abominio contro la libertà religiosa
Islamabad – Nei libri di testo delle scuole pakistane l’uccisione dei cristiani viene insegnata come “obiettivo formativo”, che aiuterebbe gli stessi cristiani a cercare il martirio per la fede. Insomma si insegna ai bambini musulmani che i cristiani vanno ammazzati per aiutarli a diventare martiri a loro insaputa.
È quanto emerge da un rapporto pubblicato alla fine di settembre dal Middle East Media Research institute (Memri). Secondo la ricerca, questo tipo di testi scolastici sono diffusi nella maggior parte delle scuole pubbliche primarie pakistane e sono adottati anche dai cristiani e dai membri di altre minoranze religiose, che sono costrette a leggerli e studiarli. Gli autori dei libri guidati dai leader religiosi hanno modificato il significato del termine “minoranza”, che ora viene percepito con significato negativo.
Il problema dell’educazione in Pakistan è emerso con forza nel 2011, anno dedicato dal governo alla promozione di questo tema. In un anno sono stati pubblicati diversi studi da cui è emerso che migliaia di studenti non-musulmani sono “costretti” a studiare l’islam ed elementi della religione musulmana, nel timore di discriminazioni.
“Nel 2012 la Commissione nazionale di Giustizia e pace della Chiesa cattolica ha pubblicato un rapporto in cui ha denunciato la legge approvata dal Parlamento del Punjab che rende obbligatorio nel piano studi l’apprendimento del Corano” si afferma in una nota diramata da AsiaNews, che ricorda anche un’intervista pubblicata nel 2011 a monsignor Lawrence John Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore (Punjab), secodno il quale “il Pakistan è diventato uno Stato per soli musulmani“.
“I non musulmani non godono di uguali diritti” aggiunge l’agenzia diretta da padre Bernardo Cervellera. In Pakistan dunque vige un sistema di apartheid religiosa in punta di diritto, oltre che di fatto, che non suscita però alcuna presa di posizione dei cosiddetti progressisti occidentali – italiani in particolare – pronti (come è giusto che sia) a manifestare a favore dei diritti degli immigrati dai Paesi del terzo mondo, ma muti come i pesci di fronte a queste manifestazioni oggettive dell’orrore.
Forse la banalità del male evocata da Hannah Arendt è sempre possibile, quando la ragione si oscura e la libertà viene barattata con il quieto vivere, se non proprio con un’autoflagellazione che non ha più motivo di essere. Non produce orrore tutto questo?
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