Un inferno che non si dimentica. Dieci anni fa la strage di Nassiriya fece scoprire l’umanità delle FFAA
Alle 10:40 (8:40 in Italia) del 12 novembre 2003 l’attentato più sanguinoso dell’operazione “Antica Babilonia” in Iraq. Morirono 12 carabinieri, cinque soldati dell’Esercito e due civili italiani. Tra le vittime anche nove iracheni. Scalas all’Adnkronos: “le esistenze di chi ha vissuto quella tragedia mai più le stesse“. Pasqualini: “avrei dovuto essere alla base, sono viva per una fortunata circostanza”. Napolitano: “Vittime di inaccettabile e vile barbarie”. Letta: “Un pensiero alle vittime e alle famiglie”. Mercoledì i familiari delle vittime dal Papa
Sono passati dieci anni dall’attacco jihadista di Nassiriya, ‘attentato più sanguinoso nella lunga catena di lutti che caratterizzò l’operazione ‘Antica Babilonia’ in Iraq. Per chi lo visse di persona è come se il tempo non sia mai passato.
«Le conseguenze di quell’attentato rimangono dentro ogni persona che ha vissuto quella esperienza» dice all’Adnkronos Gianfranco Scalas, all’epoca addetto stampa del contingente italiano della Brigata Sassari dell’Esercito. Scalas non riesce a nascondere l’emozione raccontando quel «terrificante impatto e le sue conseguenze in cui ho perso due collaboratori e altri due sono stati feriti».
Alle 10.40 (le 8.40 in Italia) del 12 novembre 2003 un camion sfondò la recinzione della sede della missione Msu (Multinational Specialized Unit) dei Carabinieri a Nassiriya, aprendo un varco a un’autobomba che esplose subito dopo. Le conseguenze sarebbero state ancora più devastanti, se uno dei carabinieri di guardia all’ingresso della base – Andrea Filippa – non avesse intuito quanto stava per accadere e non avesse reagito sparando all’impazzata contro il camion, uccidendo i due a bordo e di fatto rallentando l’autobomba, che si trovò a esplodere con un inaspettato scudo che attenuò l’esplosione. Filippa fu il primo caduto nell’attacco, a seguito del quale morirono 12 12 militari dell’Arma del Carabinieri, cinque militari dell’Esercito e due civili. La base Maestrale fu ridotta a uno scheletro di cemento. Dove l’autobomba esplose non rimase che un cratere profondo otto metri. Fu calcolato che il tritolo esploso era stato di quasi otto volte più potente di quello dell’attentato di Capaci.
«Io in quel momento non ero sul posto – ha raccontato Scalas all’Adnkronos – sono arrivato dopo aver sentito, attraverso le nostre radio le voci e le urla. Mi sono precipitato alla base e ho trovato una situazione infernale. Uno scenario terribile… una macelleria. È stato un evento traumatico, una strage tremenda. E’ una pagina che non si può dimenticare. È un film che torna alla mente immagine dopo immagine, nonostante siano passati dieci anni non ho dimenticato alcun particolare. Le esistenze di chi ha vissuto quella tragedia non sono state più le stesse».
Dello stesso tenore le parole di Maria Gabriella Pasqualini, docente universitaria, già in servizio nel corpo diplomatico, storica del Medio Oriente e delle Operazioni Militari Internazionali e autrice di diverse opere di storia dell’intelligence nazionale. Pasqualini era in Iraq nell’ambito di una missione di studio sulle missioni militari dei Carabinieri, con particolare attenzione all’opera di salvaguardia dei siti archeologici locali condotta dallo speciale Nucleo Tutela Patrimonio Artistico.
«La nostra partenza per l’Italia era prevista per il 15 novembre, dopo l’avvicendamento del comando, quindi i miei “angeli custodi” mi portarono in un sito archeologico che non avevo ancora visitato» dichiara la docente universitaria, vicedirettrice di The Horsemoon Post. «Niente faceva presagire quel che stesse accadendo – aggiunge – perché i Carabinieri avevano con la popolazione un ottimo rapporto» chiarisce. «A un certo punto qualcuno della mia “scorta” si avvicinò trafelato e mi disse “Professoressa, dobbiamo rientrare d’urgenza, è successo qualcosa di grave”, così lasciammo perdere tutto e rientrammo di corsa. Mai avremmo potuto immaginare la scena che poi avemmo di fronte alla “Base Maestrale”» racconta trattenendo la commozione.
«Avrei dovuto essere dentro il comando quel giorno, per un briefing» – «ma si decise di uscire per visitare quel sito che ancora non avevo visitato. Questo mi salvò la vita e credo che io sia qui anche per raccontare lo sforzo dei militari italiani all’estero, che non è solo militare tout court, ma è soprattutto umanitario e di servizio alla pace internazionale» conclude la professoressa romana, che lo scorso 25 ottobre ha parlato della sua esperienza in Iraq agli studenti di Verona, in una conferenza tenuta al Circolo Ufficiali di Castelvecchio.
Le polemiche seguite all’attentato sono considerate di scarso rilievo da Gianfranco Scalas. «Dopo l’attentato tutti si sono occupati di cercare il capro espiatorio, di capire se le difese della base erano adeguate ma nessuno – afferma Scalas – si è preoccupato dei feriti e delle famiglie delle vittime. Parlo di sentimento, umanità, rispetto. Questo avrei voluto vedere in questi dieci anni. Che non si abbia a ripetere mai più una cosa del genere. Siamo soldati, eravamo a Nassiriya per eseguire un ordine dello Stato italiano. Le istituzioni non scordino chi è al servizio dello Stato, tengano presente che dentro a quella divisa ci sono uomini in carne e ossa».
Nell’attentato morirono anche nove iracheni, mentre i feriti italiani furono diciotto. I funerali delle vittime furono celebrati il 18 novembre, nella basilica di San Paolo, alla presenza di tutte le più alte cariche dello Stato.
In occasione del 10° anniversario della strage di Nassiriya, il ministero della Difesa celebra la “Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace”. Nell’ambito delle commemorazioni, consegnata ai familiari delle vittime della strage la “Medaglia della Riconoscenza”. Dalla Difesa spiegano che si tratti di «Un gesto a favore di quanti hanno donato la propria vita in difesa del bene comune per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionale nello svolgimento di attività di alto valore umanitario all’estero».
Per la giornata del ricordo alle 10:30 la deposizione di una corona di alloro all’Altare della Patria da parte del ministro della Difesa e alle 11 la Messa in Suffragio di tutti i Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, celebrata nella basilica di Santa Maria in Aracoeli al Campidoglio.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto ricordare oggi i Caduti di quel giorno. «Rivolgo il mio deferente omaggio a tutti coloro che hanno perso la vita adempiendo con onore al proprio dovere, al servizio dell’Italia e della comunità internazionale – scrive Napolitano nel messaggio inviato al ministro della Difesa, Mario Mauro, in occasione della “Giornata dedicata al ricordo dei caduti, militari e civili, nelle missioni internazionali per la pace”. «Nel 10° anniversario della strage di Nassirya, che oggi ricorre, un commosso pensiero va, in particolare, ai 19 italiani tragicamente caduti in quell’efferato, gravissimo attentato e agli iracheni che con essi perirono, vittime – conclude il Capo dello Stato – di una stessa inaccettabile e vile barbarie».
Il presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, che ieri a Malta aveva già idealmente avviato il ricordo delle vittime di Nassiriya, ha affidato oggi a Twitter il proprio pensiero. «Oggi la memoria tragica di Nassiriya. Il pensiero per le famiglie dei 19 italiani e 9 iracheni che perirono. La vicinanza alle forze armate».
Oggi la memoria tragica di Nassiriya.Il pensiero per le famiglie dei 19 italiani e 9 irakeni che perirono.La vicinanza alle forze armate.
— Enrico Letta (@EnricoLetta) November 12, 2013
Domani, 13 novembre, nel corso dell’udienza generale del mercoledì, Papa Francesco incontrerà i familiari delle vittime della strage.
I 19 italiani caduti a Nassiriya:
- i carabinieri
- Massimiliano Bruno, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
- Giovanni Cavallaro, sottotenente
- Giuseppe Coletta, brigadiere
- Andrea Filippa, appuntato
- Enzo Fregosi, maresciallo luogotenente
- Daniele Ghione, maresciallo capo
- Horacio[1] Majorana, appuntato
- Ivan Ghitti, brigadiere
- Domenico Intravaia, vice brigadiere
- Filippo Merlino, sottotenente
- Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
- Alfonso Trincone, Maresciallo aiutante
- i militari dell’esercito
- Massimo Ficuciello, capitano
- Silvio Olla, maresciallo capo
- Alessandro Carrisi, primo caporal maggiore
- Emanuele Ferraro, caporal maggiore capo scelto
- Pietro Petrucci, caporal maggiore
- i civili
- Marco Beci, cooperatore internazionale
- Stefano Rolla, regista
Nell’azione rimasero ferite altre venti persone:
- i carabinieri
- tenente Riccardo Ponzone,
- maresciallo A.s.UPS Vittorio De Rasis,
- maresciallo Ca. Maurizio Lucchesi,
- maresciallo O. Antonio Lombardo,
- maresciallo Marilena Iacobini,
- maresciallo Riccardo Saccottelli,
- brigadiere Maurizio Bissoli,
- brigadiere Cosimo Visconti,
- vicebrigadiere Paolo Di Giovanni,
- vicebrigadiere Fabio Fedeli,
- vicebrigadiere Roberto Gigli,
- vicebrigadiere Pietro Livieri,
- appuntato scelto Antonio Altavilla,
- appuntato scelto Marco Pinna,
- appuntato scelto Roberto Ramazzotti,
- appuntato Ivan Buia,
- appuntato Agostino Buono,
- carabiniere scelto Mario Alberto Calderone,
- carabiniere scelto Matteo Stefanelli
- i civili
- Aureliano Amadei, aiuto regista di Stefano Rolla.
Aggriornato il 12 Novembre 2013, ore 14.07 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
(Credits: Adnkronos, Difesa, Twitter)