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Pakistan, i droni e la pace

Argomento poco trattato dai media italiani, i droni sono uno strumento di morte efficace, spesso infallibile. Tuttavia negli ultimi tempi gli interrogativi sulla liceità del loro uso, nel panorama giuridico internazionale di guerra, si sono moltiplicati: sono da bandire come mezzi illeciti di contrasto delle minacce, perché non hanno persone a bordo? Sono da accettare nell’ottica di una guerra tecnologica? Costituiscono un problema da affrontare nell’ottica dei diritti umani? È difficile dare una risposta, né abbiamo la pretesa di farlo, il dibattito è aperto: qui si vuole solo affrontare il tema

Un Predator statunitense spara un missile aria-terra

Lo scorso 1° novembre 2013, a Danday Darpa Khel nel distretto di Miranshah (Waziristan del Nord, Pakistan), un drone statunitense ha ucciso quattro persone, tra le quali Jamshed Zulfikar Mehsud (n.d.b. Hakimullah), leader dei “Tehrik-e-Taleban” (TTP), formazione pakistana che riunisce una trentina di gruppi operanti nel Nord Ovest del Pakistan. L’episodio ha scatenato la furiosa reazione del Governo pakistano per due principali motivi.

In primo luogo, appena due giorni prima il neo-eletto Premier Nawaz Sharif (insediatosi a giugno 2013 a capo del nuovo Governo civile dopo le elezioni del precedente maggio) aveva annunciato l’apertura di un dialogo con il movimento, per una possibile pacificazione proprio in ragione di un’inaspettata apertura di Mehsud, esponente di spicco della più forte tribù del Waziristan del Sud e forse l’unico in grado di coinvolgere nel progetto la frammentata guerriglia pakistana.

Il timore che la scomparsa di Mehsud segni il fallimento dell’iniziativa del Premier Nawaz sembra confermata pochi giorni dopo quando il movimento nomina come successore Maulana Fazlullah, il religioso integralista che aveva formato un “Emirato islamico” nella Valle dello Swat e che è a capo di una milizia della North West Frontier.

In realtà nel maggio 2008, nel corso degli interventi dell’esercito per sradicare dalla vallata i Taleban afghani e l’ala residuale di Al Qaeda in fuga dall’Afghanistan dopo la disfatta di Tora Bora (novembre 2002), Fazlullah, grande esperto di tecnologia, si era accordato con il TTP e aveva raggiunto un accordo con le forze governative che prevedeva fra l’altro uno scambio di prigionieri (portato a termine) e la cessazione delle iniziative della guerriglia contro l’Esercito.

Gli USA espressero profonde riserve sull’accordo perché “contrari a trattare con i terroristi”, suscitando non poche perplessità a Islamabad, dove si conosceva bene il considerevole supporto fornito dagli USA alle “organizzazioni combattenti” (fra cui Al Qaeda) presenti in Afghanistan durante la guerra contro l’URSS (1979-1989). L’accordo non durò a lungo.

Fazllulah (con la sua milizia) fu costretto a lasciare la Valle, così riprese la strategia stragista e da allora si oppose a ogni apertura al dialogo, arrivando a eliminare anche in seno alla sua organizzazione esponenti favorevoli ad attenuare lo scontro contro il Governo.

In secondo luogo, il Pakistan ha ribadito agli USA che la policy dei droni viola la sovranità del Paese e ha procurato dal 2008 al 2013 numerose vittime civili fra le 2.227 persone rimaste uccise.

Sull’attività dei droni in Pakistan una serie di documenti indica dati significativi, ma di differente valenza, anche per la difficoltà di reperire documenti ufficiali.

L’esperto delle Nazioni Unite Ben Emmerson nel marzo 2013 presentò un bilancio di almeno 330 raid dal 2004, con l’uccisione di 2.200 persone, di cui 400-600 vittime civili, aggiungendo che in Pakistan le vittime del terrorismo erano state oltre 40 mila, considerando anche i numerosi attacchi contro le comunità cristiane (che constano circa 200 mila persone, il 2% dei 180 milioni di abitanti del paese) e sciite (poco meno di 1,5 milioni, il 17% della popolazione), obiettivi privilegiati di gruppi legati ai TTP. Settemila soldati sono caduti durante il conflitto interno nella Swat e nelle  “Federally Administered Tribal Areas” (FATA) confinanti da Nord est a Sud est con l’Afghanistan a da Nord ovest dalla Swat al Punjab. La spesa complessiva è stata circa 70 miliardi di dollari.

Secondo uno studio della ”Political Agent” di Wana (capitale del Waziristan del Sud) del luglio 2013, gli Usa fra il 2006 e il 2009 hanno eseguito 75 raid che hanno causato 746 morti, di cui 147 vittime civili, fra cui 92 bambini, un dato che contraddice la versione statunitense, secondo cui le vittime civili sarebbero “solo” 50 su 2.000.

L’Alta Corte di Peshawar – in una causa civile promossa dalla “Foundation for Fundamental Rights” contro la CIA – ha emesso nel mese di aprile 2013 una sentenza che stabilisce l’ammontare delle vittime in 896 civili uccisi fino al 2012 nel Nord Waziristan e 533 morti civili nel Waziristan del Sud.

Secondo una ricerca, sempre del luglio 2013, del “Bureau of Investigative Journalism”, dal 2004 al 1° novembre 2013 sarebbero stati uccisi dai droni circa 3.460 persone, tra cui solo tre esponenti di spicco nell’anno che sta per concludersi: Mullah Nazir in gennaio, Waliur Rahman in maggio e Hakimullah Mehsud il 1° novembre.

Sull’uso più generale dei droni – per ora praticato da USA e, in minore misura, da Israele e UK – in un articolo di Michael Walzer apparso sulla rivista “Dissent” si indicano durante il primo mandato dell’amministrazione del Nobel per la Pace Barak Obama 310 attacchi in Pakistan, fra 54 e 64 in Yemen e fra 10 e 23 in Somalia, con un numero di vittime che solo in Pakistan oscilla fra i 2.629 e 3.461, con una stima di civili uccisi fra 476 e 891 (più di 176 bambini).

L’eliminazione di Mehsud e il perseverante utilizzo dei droni da parte degli USA non facilitano il tentativo pakistano di riequilibrare una situazione d’instabilità e le tensioni derivanti da numerosi fattori spazianti dall’irrisolta disputa con l’India lungo la frontiera con il Kashmir, alle campagne di attentati devastanti di diversa matrice (religiosa, settaria, etnica);  dall’elevato livello militare di formazioni terroristiche in grado di controllare intere aree  a un alto tasso di corruzione che ne erode le potenzialità.

È presumibile che con la morte di Mehsud si allontani l’ipotesi negoziale di Nawaz Sharif con il TTP il cui attuale leader Fazlullah, pronto all’apertura con il Governo nel 2008 e sperimentatane l’inaffidabilità, ha assunto una posizione di rigida chiusura come ha dichiarato lo stesso giorno del suo insediamento al posto di Mehsud e dimostrato – come ritenuto da altri gruppi terroristici – con la strage eseguita (gennaio 2013) a Mingora, della Swat Valley in danno di 22 membri della madrasa (scuola coranica) della formazione “Tableghi Jamaat”, seguaci dell’originale scuola di Deoband (fondata intorno al 1920 ad Uttar Pradesh, India, al confine con il Nepal, a 170 km Nord est dalla capitale) perché dichiaratisi favorevoli al colloquio inter-religioso.

Perché – nonostante il Ministro dell’Interno pakistano Chaudrhy Nisar Alì Khan abbia definito l’azione come ”un attacco degli americani alla pace nella Regione” – del caso sarà investito il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e Imran Khan, capo del “Pakistan Tehrek-e- Insaf” (di opposizione) che comanda la provincia del Kyber Paktunkhwa (dove Mehsud è stato ucciso) da dove passa parte della logistica NATO per l’Afghanistan, ne abbia minacciato la chiusura, l’amministrazione Obama proseguirà nell’aumento costante dell’uso dei droni, come sta facendo in Iraq e Afghanistan dopo il ritiro da quei teatri.

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