Afghanistan, confronto USA-Cina

La Cina vuole contrastare gli USA anche in Afghanistan e porsi sempre più come una potenza mondiale in grado di influenzare seriamente la politica globale. Ha successo

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Anche il 2014 presenta in Afghanistan segnali non incoraggianti. I Taleban hanno eseguito due attentati il 6 gennaio contro basi militari di NATO e ISAF. Il primo nel distretto diplomatico di Kabul vicino a Camp Eggers, base militare statunitense-afghana gestita dalla NATO, dove un’esplosione ha investito un convoglio mentre rientrava senza provocare vittime. L’altro nel distretto di Ghanikhel a est di Nagharar, dove un gruppo di kamikaze ha attaccato militari della Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza uccidendone uno e perdendo sei militanti.

Pochi giorni prima, proprio all’inizio dell’anno, i Taleban del The Tehreek-e-Taleban Pakistan (TTP) hanno rifiutato i colloqui proposti dal Governo fino a quando proseguirà la politica delle esecuzioni mirate. Il TTP ha anche accusato i due leader della formazione Jamiat Ulema-e-Islam, Maulana Smiud Haq e Maulana Fazhul Rehman, di aver cercato di favorire il Premier Nawaz Sharif riproponendone la richiesta di avviare negoziati per una possibile pacificazione.

Le elezioni presidenziali dell’aprile 2014, la firma degli Accordi di sicurezza bilaterali USA/Afghanistan e il ritiro delle Forze USA a fine dicembre 2014 si svolgeranno in un clima di crescente instabilità che non risparmia alcun settore, neppure quello delle ONG operanti in tutti i settori del Paese sin dal 2001 dopo la disfatta dei Taleban.

Nel 2013 il numero dei morti fra gli esecutori dei progetti assistenziali è stato superiore a trenta con una previsione di crescita anche per l’anno successivo. Secondo l’Aid Workers Security Database, infatti, sui 164 attacchi contro le ONG in tutto il mondo ben 79 sono stati commessi in Afghanistan facendone il Paese più pericoloso di tutti.

Un altro fattore di rischio-Paese non secondario è dato dal confronto USA-CINA che a Kabul con agende diverse intendono acquisire un ruolo egemonico in un quadro regionale già gravato dalla storica rivalità con Pakistan e India.

Per quanto riguarda gli USA, già irritati per il rinvio della firma sugli Accordi di sicurezza bilaterali che assicurano l’immunità per le residuali Forze statunitensi destinate a rimanere nel Paese dopo il 2014, la decisione del Presidente Hamid Karzai di liberare dalla prigione di Bagram ottantotto Taleban ha provocato la vivace reazione del senatore repubblicano Lindsey Graham. Nel corso dell’incontro con il Presidente Karzai il senatore Lindsey ha protestato e chiesto di rivalutare la vicenda che potrebbe avere una negativa ricaduta nei rapporti tra i due Paesi. L’esponente USA ha precisato che i Taleban in attesa della libertà sono responsabili dell’uccisione di oltre sessanta militari della coalizione NATO e cinquantasette afghani.

Inoltre, senza fare cenno sulle vittime collaterali provocate dai droni durante i continui raid in Afghanistan e Pakistan contro terroristi – veri o presunti tali – ha rimarcato la necessità di accelerare la firma dell’Accordo bilaterale di sicurezza.

Più articolata è la posizione cinese. La Cina condivide nel Nord-Ovest con l’Afghanistan una frontiera di soli 76 km all’interno del territorio montagnoso di Wakhan. Frontiera che ha molto interesse a controllare per almeno due ragioni: evitare infiltrazioni di combattenti afghani nella vicina Regione dello Xinjiang che registra la crescente insorgenza della popolazione Uiguri, minoranza islamica di etnia turcofona dotata di un braccio armato particolarmente attivo dal 2009; la tendenza separatista dell’East Turkestan Islamic Movement  che avrebbe consolidati rapporti con formazioni combattenti afghane. In tale quadro, l’intenzione cinese è quella di dispiegare truppe in Afghanistan a difesa della frontiera, suscitando le reazioni di USA, India e Giappone.

Sin dal 2002, l’anno successivo all’inizio dell’operazione USA in Afghanistan nell’ottobre 2001, la Cina ha operato nei settori dell’economia e della ristrutturazione con numerosi progetti di alto profilo fra i quali spiccano: nel 2007, lo sfruttamento da parte della Cooperazione Metallurgica Cinese per 3,5 miliardi di dollari per trenta anni delle miniere di rame di Aynak nella provincia afghana di Lowgar; i progetti nel bacino petrolifero dell’Amu Darya.

Investimenti che hanno provocato l’allarme di USA e parte della Comunità Internazionale, interessati alle enormi riserve di materie prime afghane: riserve petrolifere stimate in 1.596 milioni di barili e di 15.687 trilioni di piedi cubi di gas naturale; sterminate miniera di materie prime ferrose (in particolare rame) e pregiate (specialmente oro).

Interessata alla stabilizzazione del Paese, la Cina ospiterà nel 2015 il Summit Ministeriale del processo di Istanbul per acquisire maggior peso in seno all’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai e rendere la stessa egemonica nella Regione asiatica e nel Pacifico  in chiave anti-USA. in questo periodo Beijing osserva con preoccupazione: l’Accordo bilaterale di Sicurezza Kabul – Washington che, quando sarà firmato, significherà la presenza USA nella Regione per altri dieci anni a partire dalla fine del 2014; un possibile vacuum di sicurezza nel periodo immediatamente successivo al ritiro del contingente USA nel dicembre 2014.

La Cina ha preso le opportune contromisure. Durante la visita del Presidente Karzai a Beijing nel settembre 2013 in un comunicato congiunto i due Paesi si sono impegnati a vietare che i rispettivi territori passano venire utilizzati per attività contrarie agli interessi dell’altro.

Contraria all’opzione militare in Afghanistan, la Cina ha sempre supportato la riconciliazione politica  e i colloqui fra le più rappresentative forze afghane e i Taleban. Pechino ha la consapevolezza che il tempo è limitato per l’imminenza delle elezioni presidenziali, il successivo ritiro USA e lo stallo dell’iniziativa di Doha frustrata dalla sconcertante iniziativa unilaterale USA verso i Taleban.

In merito, la Cina sta lavorando con i più importanti esponenti politici afghani e pakistani affinché Kabul apra credibili rapporti con la controparte Taleban e comprenda almeno se il movimento jihadista-deoband intenda o meno continuare la lotta armata dopo dicembre 2014. Ma il percorso verso la pacificazione non sarà di certo “un pranzo di gala”.

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