L’Europa unita che non c’è e l’egemonia della Germania. Che fare? Federare, sùbito

Nell’escalation ucraina ci sono responsabilità dell’Unione Europea, che ha illuso i manifestanti di Maidan con poteri (e denari) che non ha o non vuole mettere sul tappeto di gioco. Non siamo uno Stato federale, ma ci atteggiamo a grande potenza. Finisca questa pantomima con una stagione costituente federale o con l’affievolimento dei legami intra-europei, a partire dalla politica estera, troppo importante per farla gestire a un “comitato”

 L'Europa che servirebbe agli europei è ancora in piena notte...

Che illusi, gli ucraini, a credere alle chimere europeiste senza Europa. È evidente che l’Europa unita non esiste, se non per gli aspetti economici e finanziari, i vincoli di bilancio, la misura delle banane, gli stipendi pesantissimi dei funzionari (e qualche altra cosa…) dell’Eurocrazia: quello europeo è un regime diversamente dittatoriale, che governa senza legittimità diretta in modo antidemocratico lo spazio di democrazia più vasto della Via Lattea.

Che cosa avrebbe mai potuto offrire l’Unione Europea ai giovani ucraini democratici, desiderosi di agganciare il sogno europeo? Niente o pochi spiccioli, nell’attuale scenario vocato all’austerità pro domo germanica. O forse sarebbe meglio dire che cosa avrebbe potuto offrire la Germania, coperta dal mantello europeo, all’Ucraina e ai giovani ucraini?

In ogni caso, è opportuno fare due riflessioni, la prima con lo sguardo rivolto all’interno, la seconda riguardante le relazioni internazionali.

Quando nel 1950 si avviò il processo di integrazione europea – sulle macerie delle due guerre mondiali del XX Secolo – si intendeva avviare un processo politico che impedisse il ripetersi dell’orrore, ma su basi funzionaliste, concrete, materiali, con il convincimento che risolvere problemi concreti (a partire dal carbone e dall’acciaio) con la cooperazione multilaterale servisse a sviluppare l’integrazione “approfondendo” la cooperazione e “allargando” le materie da affrontare in comune.

Un processo originale, in virtù del quale fin dall’inizio del processo i Padri Fondatori si ponevano l’obiettivo di realizzare la Federazione Europea. Così non è stato, a dispetto del fatto che il punto ideale di arrivo fosse – sempre fin dall’inizio – il modello di integrazione seguito dalle Tredici ex-Colonie nordamericane, riunitesi prima in Confederazione, poi in Federazione con una dialettica tra Governo Federale e Stati membri in un quadro di sovranità condivisa, perché indivisibile, ma distinguibile per sfere di competenza.

Tuttavia, è un dato ricorrente nello studio dei sistemi sociali: dove c’è disordine, prima o poi arriva un elemento regolatore che si pone l’obiettivo dell’ordine, anche utilizzando metodi surrettizi. In Europa, le classi politiche degli Stati membri dell’UE rimangono gelose delle proprie finte prerogative (finte perché in realtà non possono esercitarle davvero), ma l’altra faccia della medaglia è l’emergere del potere diversamente egemonico della Germania, che sta esercitando il ruolo di leader regolatore delle sorti comuni.

Una follia che fa rivoltare nella tomba i federalisti nordamericani del XVIII Secolo, ma anche quelli europei – francesi, italiani, belgi, tedeschi – del XX.

Rivolgendo lo sguardo all’esterno, la finta unità europea nelle relazioni internazionali impone una recita a soggetto – a seconda delle convenienze – perché non esiste un governo federale, non esiste un’esclusiva competenza del livello federale per risolvere le questioni aperte sullo scacchiere internazionale. Insomma l’Europa non c’è, ma fa finta di esserci, pericolosamente.

Perfino se confrontiamo il motto degli Stati Uniti e quello europeo ci possiamo rendere conto della radice dei problemi europei. In “E pluribus unum (da tanti uno), quello degli Stati Uniti d’America, si simboleggia la capacità di tradurre il pluralismo interno – che è uno degli strumenti del check and balances tra i poteri costituzionali statunitensi – con la unitarietà esterna, che si coniuga in termini di capacità di agire nel mondo.

Viceversa, nel motto europeo “In varietate concordia” è evidente l’incapacità conclamata di distinguere un piano interno e un piano esterno della “impalcatura costituzionale europea”, una cesura tra un prima e un dopo il crollo della sovranità dello Stato moderno europeo, che si regge su una finzione della capacità di agire all’esterno, fotografata dalla composizione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui Gran Bretagna e Francia rimangono membri permanenti perché vincitori della II Guerra Mondiale. Ma oggi, Francia e Gran Bretagna avrebbero capacità di agire in modo autonomo nel mondo, senza l’integrazione militare del Trattato Nord Atlantico e politica dell’Alleanza Atlantica? Ne dubitiamo fortemente.

Di fronte all’ennesima crisi con potenzialità costituenti (per le istituzioni comunitarie), l’Europa risponde con un ritardo drammatico. E non potrebbe essere altrimenti, visto che è impossibile gestire le crisi geopolitiche – ossia anche militari – con i “comitati”: occorrerebbe quel “Governo europeo federale”, che non c’è.

Non c’è l’Europa che ci servirebbe, quella prospettata dai Padri Fondatori, quella immaginata dagli esuli di Ventotene sulla base dello studio del dibattito federalista statunitense. In breve, agli europei – anche a quelli che immaginano un antistorico ritorno alla supremazia dello Stato nazionale – serve l’Europa Federale, con un presidente/capo del governo eletto con suffragio universale e diretto, un vero Parlamento bicamerale, una vera Corte Suprema federale, istituzioni militari e di sicurezza interna ed esterna federali, ma impreziosite dalla legittimità.

L’Unione Europea non solo ha una legittimità politica e istituzionale affievolita, ma ha una pericolosa capacità di agire estremamente ridotta. Riusciranno Vladimir Putin, i “rivoluzionari” ignoranti ucraini e l’islamismo jihadista imperialista a convincere l’ignorante ceto politico europeo a compiere quello scatto costituzionale che serve agli europei?

Ai posteri e agli storici del futuro l’ardua sentenza, il presente è desolante.

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