Yemen, il fotoreporter americano Luke Somers ucciso dai jihadisti di al-Qaeda durante un blitz per liberarlo

Assassinato anche il sudafricano Pierre Korbie. Incursori mobilitati perché sembrava imminente l’esecuzione del giornalista e di altri ostaggi. Obama: per questo ho autorizzato il blitz

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Sanaa – Il giornalista Luke Somers, 33 anni, ostaggio di Al Qaeda nello Yemen da oltre un anno, è stato ucciso a sangue freddo dai jihadisti che lo tenevano segregato durante un’operazione delle Special Forces statunitensi tesa a liberarlo. L’incursione, confermata dal Dipartimento della Difesa e dalla Casa Bianca, è avvenuta nella provincia di Shabwa, nello Yemen meridionale, ed era stata annunciata dal governo locale. 

Durante l’operazione, sarebbero stati uccisi almeno 10 miliziani islamici appartenenti ad Al Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), mentre testimoni riferiscono di scontri a Nusab, roccaforte del gruppo legato ad Al Qaeda e all’Isil del “califfo”. 

Il ministero della Difesa di Sanaa aveva poco prima annunciato sul proprio sito web che Somers era stato liberato, mentre la stampa americana affermava che l’uomo invece stato ucciso. Durante il raid americano sarebbe stato ucciso anche il sudafricano Pierre Korkie, nella mani dei jihadisti dal maggio 2013. Lo ha reso noto l’organizzazione non governativa Gift of the Givers in un comunicato. Korkie era stato sequestrato insieme a sua moglie Yolande che era pero’ stata rilasciata.  Secondo la Ong, Korkie avrebbe dovuto essere rilasciato proprio domani dai rapitori, dopo oltre un anno di prigionia e a seguito di intense trattative.

Luke Somers era stato rapito nel settembre 2013 nella capitale yementita Sanaa. Una decina di giorni fa era fallito un blitz delle special forces statunitensi, perchè gli ostaggi non erano stati trovati nel luogo individuato come “carcere” degli ostaggi. 

Giovedì scorso, in un video pubblicato da AQAP, il fotoreporter americano, nato in Gran Bretagna, aveva lanciato un disperato appello. “La mia vita è in pericolo, aiutatemi“, aveva detto Somers, che era preceduto nel video era preceduto dalle parole dei sequestratori, i quali lanciavano un ultimatum a Obama: “tre giorni” per soddisfare le richieste del gruppo, poi Somers avrebbe conosciuto “il suo destino inevitabile“. A parlare Nasser bin Ali al-Ansi, un comandante locale di Al Qaeda in Arabic Peninsula, che attaccava gli Usa per i “crimini contro i musulmani” commessi “con i suoi aerei e i suoi droni” in Somalia, Yemen, Iraq, Siria fino al Sinai e Pakistan. Oggi il raid statunitense, compiuto anche con i drone e un Osprey 22 in uso alle forze speciali, ha messo fine alla vicenda.

Il servizio della CNN sulle parole di Luke Somers

Venerdì era intervenuto il disperato appello della famiglia ai rapitori. “Abbiamo notato che avete avuto buona cura di Luke e lui sembra essere in buona salute. Vi ringraziamo per questo“, diceva la mamma chiedendo di “mostrare pietà: per favore, permetteteci di vederlo ancora. È tutto ciò che abbiamo“, le accorate parole.

La conferma dell’uccissione dei due ostaggi è stata data dal segretario uscente alla Difesa Usa, Chuck Hagel, durante la sua visita-lampo a Kabul. Hagel ha spiegato che il raid è stato effettuato perché la vita del reporter statunitense sembrava in “imminente pericolo“. Entrambi i prigionieri erano nelle mani dei terroristi da oltre un anno. Il segretario alla Difesa ha anche sottolineato la “devastazione emozionale e psicologica della moglie di Korkie, Yolande, anche lei sequestrata insieme al marito a maggio 2013 ma poi rilasciata, dal momento che le erano state date garanzie che suo marito sarebbe stato rilasciato a breve“.

Le motivazioni del blitz – che conferma la politica generale degli Stati Uniti sui sequestri: con i terroristi non si tratta – sono state confermate dal presidente americano Barack Obama. “All’inizio della settimana un video dei terroristi annunciava che Luke Somers sarebbe stato ucciso nel giro di 72 ore e altre indicazioni davano la sua vita in imminente pericolo“, ha reso noto la Casa Bianca in un comunicato. “Basandomi su queste informazioni ho autorizzato ieri un’operazione di salvataggio“, si spiega ancora nella nota, in cui si condanna con forza l’uccisione del prigioniero americano come “barbaro assassinio“.

Ho anche autorizzato il salvataggio di altri ostaggi che erano tenuti prigionieri insieme a Luke” prosegue la nota di Obama, che sottolinea più volte come sarà sua responsabilità “fare il possibile per proteggere i cittadini americani“. Le elezioni per la presidenza si avvicinano e niente unisce di più il popolo americano quanto l’idea dell’unità della nazione di fronte ai pericoli. Ma questa volta il Partito Democratico dovrà inventarsi qualcosa di veramente convincente per ribaltare il trend sfavorevole, visto che i cittadini americani pensano che Obama abbia fatto poco – e male – contro il fondamentalismo islamista e contro il jihad globale.

Ultimo aggiornamento 6/12/2014, ore 17:17:24 | © RIPRODUZIONE RISERVATA