Hillary Clinton si candida a presidenziali 2016. “Sarò paladina degli americani”. Repubblicani affilano le armi

L’annuncio: “I’m running for President”. I Repubblicani pronti a infilzarla con una serie di scandali da far impallidire la faccia tosta di suo marito. A partire dall’assalto al consolato americano di Bensasi dell’11 Settembre 2012, in cui perse la vita l’ambasciatore americano in Libia John Christopher Stevens e due addetti alla sicurezza contrattisti della CIA e altri dieci rimasero feriti


Washington – Hillary Clinton ha ufficializzato la candidatura alle primarie del Partito Democratico per concorrere alle elezioni presidenziali americane del 2016. “Sono candidata alla presidenza“, ha affermato in un video l’ex segretario di Stato Usa, spiegando che vuole essere “la paladina” degli americani.

La sessantasettenne ex FLOTUS (First Lady Of United States) e senatrice ha scelto di postare un video sul sito “hillaryclinton.com” per sciogliere la riserva sulla candidatura, la sua seconda alla Casa Bianca, che ormai veniva data per scontata.

Alcune fonti europee interessate citano sondaggi che la danno nettamente favorita per il dopo-Obama, per diventare il primo presidente donna degli Stati Uniti. “L’americano medio ha bisogno di una paladina e io voglio essere quella paladina“, ha spiegato l’avvocato Rodham Clinton. Sondaggi che – appunto – vengono citati per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul peso di critiche che grava sull’Amministrazione Obama, di cui la Rodham Clinton ha fatto parte nel primo mandato come Segretario di Stato indimenticabile.

Non l’hanno dimenticata di certo i Repubblicani, che oggi controllano (grazie a Dio) il Congresso e che sono pronti a tirare fuori una serie di dossier per mettere nella giusta luce di biasimo le gesta non eroiche di Hillary Rodham, sposata Clinton, primo tra tutti quei documenti che accrescerebbero la sua responsabilità nella strage dell’11 Settembre 2012 al consolato americano di Bengasi, in Libia, quando l’ambasciatore John Christopher Stevens e due addetti alla sicurezza contrattisti della CIA (Tyrone S. Woods e Glen Doherty), i cui cadaveri furono violati dai fondamentalisti islamici legati ad al-Qaeda. Su quel gravissimo episodio le accuse verso l’allora Segretaria di Stato furono precise: conosceva i rischi, non predispose sufficiente copertura aerea e di reparti speciali (provenienti dalla base aeronavale di Sigonella) per la visita a Bengasi di Stevens. Altri dieci militari rimasero feriti.

I Repubblicani useranno ogni mezzo e probabilmente saranno alla fine costretti a lanciare contro Hillary Clinton il Terzo Bush, Jeb, figlio del 41° presidente degli Stati Uniti (George H.W.) e fratello del 43° (George W.), nonché padre di una stella nascente della politica americana, George Prescot Bush, giovane avvocato mezzo messicano, che incarna nel modo più elevato il sogno americano e i doveri della classe dirigente che vuole dirsi davvero tale (ha servito nei Navy Seals sotto identità falsa in Afghanistan).

Poche ore prima Barack Obama, rivale vittorioso alle primarie democratiche del 2008, aveva salutato la candidatura dell’amica Hillary Clinton sostenendo che sarebbe “un’eccellentepresidente.

Balle, naturalmente, che servono a Obama per fare bella figura con l’elettorato femminile, visto che con i Clinton c’è sempre stata una cordiale antipatia, che dovette essere archiviata nel 2008 per vincere le elezioni.

Per le primarie repubblicane si sono già candidati Ted Cruz e Rand Paul, mentre tra poche ora potrebbe emergere la candidatura di Marco Rubio, di origine cubana, che terrà un discorso a Miami.

Ma nel GOP (Grand Old Party) l’elemento decisivo per vincere le presidenziali sarà il centro del Paese, quella borghesia moderata che potrebbe trovare in Jeb Bush un punto di riferimento, anche per le scelte personali. La moglie – messicana di origine – incarna davvero il sogno americano e la famiglia Bush si è sempre detta favorevole alle leggi che riconoscessero dignità agli immigrati clandestini. Una posizione che ha disturbato l’ala estrema del Partito, che invece sbraita contro l’immigrazione illegale.

La Clinton ha buttato la palla del dibattito al centro delle questioni sociali, dicendosi intenzionata a battersi contro le diseguaglianze. “Gli americani hanno superato tempi duri dal punto di vista economico, però il sistema continua a favorire quelli che si trovano al vertice“, ha osservato. “Mi lancio nella campagna per avere il tuo voto“, ha aggiunto.

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