Dopo la vittoria alle elezioni politiche, Cameron lavora alla squadra di governo. Confermati quattro ministri

Dopo Osborne e May, restano al loro posto anche Hammond e Fallon. Referendum sull’UE in arrivo, momento che cambierà comunque la storia britannica e del processo di integrazione europea. I Laburisti hanno perso le elezioni, ma hanno aumentato i deputati: pesa la débacle in Scozia, nel partito è iniziato il redde rationem. Asfaltati Liberal-democratici e Ukip (rispetto alle Europee del 2014): Nigel Farage si dimette da capo del partito indipendentista britannico – I RISULTATI DEFINITIVI

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Londra – David Cameron continua a lavorare alla formazione del suo nuovo governo, dopo la travolgente vittoria alle elezioni legislative di giovedì in Gran Bretagna. Confortato da un risultato che ha visto i conservatori aggiudicarsi la maggioranza assoluta, con 331 seggi, Cameron ha fatto visita ieri alla Regina Elisabetta e ha ricevuto l’incarico di formare il nuovo esecutivo.

Il leader dei Tory ha subito confermato al loro posto i ministri delle Finanze e dell’Interno, George Osborne e Theresa May. Osborne, oltre che cancelliere dello Scacchiere, sarà anche ‘Primo segretario di stato“, in pratica il numero due del governo, ruolo che in precedenza era stato ricoperto da Nick Clegg, vice primo ministro liberal-democratico.

Subito dopo, Cameron ha confermato anche Philipp Hammond come capo del Foreign Office (il ministero degli Esteri) e Michael Fallon alla guida della Difesa. Sulla nomina degli altri ministri, il Primo Ministro (in Gran Bretagna il capo del Governo è davvero il Premier) lavorerà per tutto il weekend.

I risultati definitivi, dopo lo spoglio delle 650 circoscrizioni, ha decreto anche la sconfitta dei laburisti (232 seggi, 26 in meno rispetto alle ultime elezioni) e dei liberal-democratici (8 seggi). L’Ukip ha ottenuto un solo seggio, mentre l’Snp ne ha guadagnati ben 56.

Gli elettori britannici hanno pronunciato un verdetto impietoso nei confronti di due dei principali partiti nazionali, consegnando il potere ad un terzo e provocando una rivoluzione in Scozia“, è il riassunto che fa il Times nel suo editoriale di oggi. Il “vero lavoro” di Cameron “inizia ora“, commenta il prestigioso quotidiano della City, ricordando le principali sfide: mantenere la Scozia sotto la bandiera dell’Union Jack e la Gran Bretagna nell’Unione Europea.

Tra le prime decisioni annunciate, infatti, un referendum popolare per scegliere se rimanere nell’UE, consultazione da tenere al massimo entro 24 mesi.

Ieri il premier britannico uscente e rientrante, David Cameron, dopo aver incontrato la Regina Elisabetta II, ha ottenuto l’incarico di formare un nuovo governo con il partito conservatore, che ha la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera dei Comuni.

Parlando fuori dalla sua residenza di Downing Street il premier ha ringraziato innanzitutto il suo ex vice Nick Clegg, leader del liberaldemocratici, che hanno governato in coalizione con i Tories negli ultimi cinque anni. Il premier ha ringraziato anche il leader laburista Ed Miliband, che si è comunque rivolto all’avversario come “una persona che è nel servizio pubblico per dei buoni motivi“.

Cameron ha poi confermato che il referendum sull’appartenenza della Gran Bretagna alla Ue si terrà e ha promesso che in Scozia ci sarà “il più forte governo autonomo al mondo“, pur garantendo “equità all’Inghilterra“. Il partito Tory, ha proseguito Cameron governerà come “il partito di un’unica nazione” e la devolution promessa a Scozia, Galles, e Irlanda del nord verrà realizzata.

Ed Miliband ha tirato immediatamente le conseguenze del flop e si è dimesso assumendo la “piena responsabilità” della sconfitta elettorale. “È tempo che qualcun altro prenda la guida del partito” ha detto Miliband ai suoi sostenitori, che ha parlato di “notte deludente e difficile” per il suo partito. “Non abbiamo ottenuto i risultati che volevamo in Inghilterra e Galles e l’ondata nazionalista ha travolto il nostro partito” ha detto,  mentre dall’interno del partito sui levano le prime voci che chiedono un reset della leadership.

Il Labour è praticamente sparito dalla Scozia e non avanza in Inghilterra e Galles. I liberal-democratici pagano l’alleanza di governo con i conservatori con una serie di vittime illustri – come il ministro per l’impresa Vince Cable – che restano fuori dal Parlamento. Il leader Nick Clegg è riuscito a essere rieletto nella circoscrizione di Sheffield Hallam, ma ha parlato di “notte crudele e punitiva” per il suo partito e ha annunciato le dimissioni.

Il suo venerando partito, erede dei Whigs, è stato falcidiato e rischia di restare solo con otto seggi nella Camera dei Comuni. Parlando ai sostenitori, Clegg ha difeso la sua scelta di entrare nel governo insieme ai conservatori nel 2010, una decisione responsabile in chiave di stabilità, mentre la Gran Bretagna faticava a uscire dalla crisi finanziaria globale.

Al termine dello spoglio per il rinnovo della Camera dei Comuni, il risultato è netto. I Tory hanno 331 deputati, cinque in più della maggioranza assoluta contro un 30,4% dei laburisti. In termini percentuali si tratta del 36,9%: rispetto al 2010 i conservatori guadagnano appena lo 0,8% del voto ma ben 24 deputati.

I Liberal-democratici hanno appena il 7,9% dei voti (-15,2%) e otto soli deputati, 49 in meno rispetto alle scorse elezioni: débacle assoluta.

Se si guarda al voto per singole regioni, in Inghilterra i Tories hanno conquistato 319 seggi (21 in più rispetto al 2010) pur in calo di consensi (41%, -1,8%) ma non si può dire che il Labour sia stato sconfitto in modo pesante: 206 deputati (+15) e un aumento del 3,6% (al 31,6%).

Non abbastanza per compensare la debacle in Scozia, dove l’Snp ha ottenuto 56 seggi con il 50% delle preferenze (+50 e +30%, rispettivamente) lasciando i laburisti con appena un seggio e il 24,3% (-40 e -17,7% rispettivamente).

Anche L’Ukip, che guadagna comunque un seggio alla Camera dei Comuni, viene pesantemente sconfitto rispetto alle Europee del 2014.

L’United Kingdom Independence Party (Ukip) viene ridimensionato rispetto alle Europee del 2014, quando aveva ottenuto 24 seggi all’Euro Parlamento.

20150509-nigel-farage-320x213Nigel Farage, leader carismatico del partito con forti connotazioni anti-europee (chi lo definisce xenofobo sbaglia l’analisi), si è dimesso dalla guida dopo la sconfitta elettorale. Farage non è riuscito a ottenere un seggio al Parlamento britannico nella sua circoscrizione, battuto dal candidato conservatore. Dopo aver abbandonato il partito conservatore nel 1992 a causa della ratifica del Trattato di Maastricht, Farage fu tra i fondatori dell’Ukip, il Partito per l’indipendenza del Regno Unito dall’UE.

Nel settembre 2006, Farage divenne leader del partito e lo guidò alle Europee del 2009, in cui conquistò uno straordinario secondo posto, superando il partito laburista di poco più di un migliaio di voti e i liberal-democratici di quasi mezzo milione di voti. L’apoteosi arrivò alle Europee dello scorso anno, quando l’Ukip di Farage diventò il primo partito di Gran Bretagna con il 27,5% dei voti, riuscendo a portare al Parlamento Europeo 24 deputati.

Farage aveva annunciato che avrebbe lasciato la guida del partito se non fosse stato eletto. E ha mantenuto fede alla parola, rassegnando le dimissioni. Avercene.

I risultati definitivi

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(Credit: askanews, BBC) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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