Chiesa e politica: a Verona il vescovo Zenti bastonato, a Gela don Fausciana trionfante e osannato
Nella Chiesa italiana (e pure per la stampa di parte) due pesi e due misure per valutare il complesso rapporto tra clero e politica. Nel capoluogo scaligero sono montate feroci polemiche contro il vescovo, monsignor Giuseppe Zenti, ‘colpevole’ di aver scritto una lettera riservata in cui chiedeva indirettamente il voto per Monica Lavarini (Lista Zaia), mentre non risulta agli atti analoga sollevazione per lo schieramento esplicito, pubblico e promosso sui social media di don Giuseppe Fausciana, Direttore dell’Ufficio Pastorale Giovanile della diocesi di Piazza Armerina, a favore di un candidato al Consiglio Comunale di Gela e, più in generale, del PD e de ‘Il Megafono’ di Crocetta – La lettera del vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, che ha scatenato accese polemiche pre-elettorali
(Nota editoriale: per un errore di inserimento, in precedenza era stato pubblicato un testo non corretto. Ci scusiamo con i nostri lettori)
Il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, battuto da un giovane sacerdote siciliano, Giuseppe Fausciana, direttore dell’Ufficio della Pastorale Giovanile e vice parroco della parrocchia di San Giovanni Evangelista a Gela.
Risultato calcistico? No, valutazione oggettiva dell’influenza sulla politica locale da parte di uomini di Chiesa, ma con esisti diversi e un doppio standard francamente sorprendente.
Prima delle ultime amministrative, il vescovo di Verona è stato letteralmente crocifisso per una email riservata – inviata solo a persone conosciute e mai divulgata al pubblico dal prelato scaligero – in cui sottoponeva all’attenzione del proprio interlocutore la validità della candidatura al Consiglio regionale del Veneto di Monica Lavarini, nella Lista Zaia.
Una comunicazione privata è diventata di dominio pubblico, con buona pace della riservatezza della corrispondenza (il mezzo sarebbe, ai nostri occhi, ininfluente), e Zenti è stato sottoposto a un attacco multiplo e concentrico, perfino dall’interno del clero scaligero, dovendosi difendere perfino dal portavoce della curia, monsignor Bruno Fasani, durante una trasmissione televisiva su Tele Arena.
Nella lettera, Zenti sottolineava le sue preoccupazioni principali, quale pastore della diocesi: “quelle che riguardano il sociale debole e quelle che riguardano la libertà educativa dei genitori”.
La lettera è stata pubblicizzata perché monsignor Zenti, con l’avvicinarsi della scadenza elettorale ha fatto “appello agli stessi candidati, di qualunque area politica, a partire da chi si ritiene cattolico” a condividere le sue preoccupazioni in tema di “libertà educativa”. A questo riguardo, il vescovo di Verona scriveva (lettera integrale qui):
“Di conseguenza, voglio sperare che nessuno pregiudizialmente mi giudichi “schierato” nei confronti di una candidata, la dottoressa Monica Lavarini, una coordinatrice di gruppo del “Simposio dei Laici con il Vescovo”, che si è candidata da sola. Data però la posta in gioco, ne condivido il programma che ha elaborato da sola, imperniato sulla difesa dei diritti delle famiglie in difficoltà, cioè sul sociale debole e sulle scuole cattoliche, inserendosi come altri cattolici, per maggior libertà, nella lista civica di Zaia. Nell’evidente e inviolabile libertà di scelta, sono convinto che molti ne condividano il programma formalmente e pubblicamente espresso. La candidata si è impegnata a tener viva la sensibilità verso le problematiche contenute nel programma, in vista della loro soluzione, pur non miracolistica”.
Apriti cielo: è successo il finimondo. Critiche da sinistra e, come prima accennato, anche da monsignor Bruno Fasani, che durante Diretta Verona – trasmissione su “TeleArena”, dello stesso gruppo del più importante quotidiano scaligero, ‘L’Arena’ – ha ‘rimproverato’ il suo vescovo, di cui sarebbe stato in teoria portavoce, in un battibecco che non ha giovato ad alcuno e che ha costretto monsignor Zenti a dire in diretta: “lei in questo momento non mi rappresenta”. Con controreplica di Fasani: “ho già presentato le mie dimissioni”.
Il dubbio è che la colpa di Zenti sia stata quella di appoggiare una candidata della Lista Zaia.
Lo desumiamo dall’esito opposto ottenuto da don Giuseppe Fausciana, il quale invece ha pubblicamente appoggiato un candidato al Consiglio Comunale di Gela, partecipando in modo visibile alle convention di partito de ‘Il Megafono’, movimento politico del presidente della Sicilia Rosario Crocetta. Il candidato sostenuto da don Fausciana è stato eletto e suell’esito della campagna elettorale avrà giocato sicuramente in qualche modo il ‘pronunciamento’ del presule, fondatore del movimento giovanile di Macchitella, il quartiere della parrocchia.
Certo, don Fausciana è stato aiutato: ha appoggiato la parte ‘giusta’, quella che si ritiene custode della verità. Non certo la destra razzista, che difende la famiglia tradizionale o la libertà di insegnamento. Una sinistra di governo, diremmo, e anche questo lo desumiamo dalle foto pubblicate sul profilo su Facebook del ‘don’. Perfino un selfie con Matteo Renzi da far invidia al patriarca Kirill I di tutte le Russie, visto il tradizionale ‘rapporto stretto’ tra ortodossia e potere costituito (una relazione che però ha permesso al Cristianesimo di sopravvivere alla barbarie comunista: quindi sia benedetto).
Ora, il punto che ci sorprende e che ci ha spinto a scrivere questa nota è il doppio standard usato dalla Chiesa nel trattare due casi analoghi: quel che a Zenti è vietato e per cui il vescovo di Verona è stato sottoposto ad attacchi scandalosi, è stato invece benedetto da un provvidenziale silenzio a Gela, che appartiene alla Diocesi di Piazza Armerina di cui è pastore monsignor Rosario Gisana.
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Non c’è dubbio che un uomo di Chiesa per i fedeli è un punto di riferimento e che in questa relazione tra pastore e anime, il consiglio – richiesto e dato – anche in tema elettorale sia una delle ipotesi ammesse. Ma perché una lettera privata scatena un putiferio, mentre un ‘posizionamento’ pubblico invece non produce analoghi effetti?
A nostro avviso – di modesti cristiani cattolici bambini (nella nota definizione elaborata da Francesco Cossiga, compianto presidente emerito della Repubblica) – bisognerebbe trattare casi analoghi allo stesso modo e, nella fattispecie, sarebbe utile se i sacerdoti si mantenessero politicamente neutri in pubblico, per dispensare i propri consigli solo su richiesta e solo in privato.
Un sacerdote – a prescindere dal ‘grado’ – deve essere punto di riferimento religioso di tutti i fedeli della comunità: essere di parte è un errore grave, apparire di parte è perfino ancor più grave. Ma soprattutto, se per monsignor Zenti vale il disvelamento pubblico di una lettera privata, l’embedding di don Fausciana non avrebbe meritato quanto meno una tiratina d’orecchi da parte del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana?
ULTIMO AGGIORNAMENTO 05/06/2015, ORE 00.15.25 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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