Tra mafia e Stato fu vera trattativa? A Palermo via al processo

A Palermo si è aperto oggi il processo sulla presunta trattativa tra mafia e Stato. Appena partito, però, è stato già rinviato a venerdì 31, dopo la presentazione delle richieste di costituzioni delle (tante) parti civili.

wer

Mafia e Stato. In Sicilia, quando si parla di Cosa Nostra tra la gente normale, sono due le ipotesi che vengono spesso fuori:

  • In Sicilia la Mafia c’è perché lo Stato non c’è.
  • In Sicilia la Mafia c’è perché lo Stato la tollera (e la usa).

Ed oggi, a Palermo, capitale dei (presunti) affari loschi tra la cupola e Roma, davanti ai giudici della Corte d’assise presieduta da Alfredo Montalto, si è aperto il processo sulla trattativa tra Cosa Nostra e lo Stato. Rinviato a venerdì 31, dopo la presentazione delle richieste di costituzione delle parti civili.

Luogoaula bunker del carcere Pagliarelli.

Imputati: Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà (capimafia). Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino (politici); Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno (ex ufficiali del ROS); Giovanni Brusca (pentito); Massimo Ciancimino (testimone e imputato, il figlio di don Vito, ex sindaco di Palermo).

Due i nomi che mancano: quello del boss corleonese Bernardo Provenzano, su cui ultimamente si sono accesi i riflettori grazie al video tramesso da Servizio Pubblico, la trasmissione di Michele Santoro; e di un altro ex politico: Calogero Mannino. Il primo non può partecipare perché non ne è in grado sia fisicamente che psicologicamente. Il secondo perché ha deciso di optare per il rito abbreviato.

Protagonista, quindi, la trattativa (presunta) tra lo Stato italiano e la Mafia. Ovvero quella negoziazione che sarebbe avvenuta durante il periodo stragista tra il 1992 e il 1993 per giungere ad un accordo che avrebbe previsto la fine dello spargimento di sangue da parte di Cosa Nostra con l’attenuazione delle misure detentive previste dall’articolo 41 bis, comunemente chiamato “Regime di carcere duro”.

In particolare, si ritiene che la trattativa sia avvenuta tra il 23 maggio e il 19 luglio, ovvero nel periodo intercorso tra la Strage di Capaci e quella di via D’Amelio. Per di più, il giudice Paolo Borsellino, come rivelato dai pentiti Gaspare Spatuzza e Giovanni Brusca, sarebbe stato eliminato proprio perché ostile all’accordo tra Cosa Nostra e lo Stato italiano.

Lo scopo del processo è naturalmente dimostrare che tale negoziazione ci sia stata veramente e quali siano stati gli attori.

Nicola Mancino, ministro degli Interni dal 1992 al 1994, è imputato di falsa testimonianza. Prima dell’apertura del processo alla stampa ha affermato: «Io ho sempre combattuto la mafia, non posso stare nello stesso processo in cui c’è la mafia. Chiederemo uno stralcio. Ho fiducia e speranza che venga fatta giustizia e che io possa uscire al più presto dal processo’».

Per il pm Nino Di Matteo, invece, «Qualora si dovessero accertare elementi di colpevolezza dello Stato, lo Stato non potrebbe nascondere eventuali responsabilità sotto al tappeto».

Tanti i soggetti che hanno chiesto di costituirsi parte civile al progetto: il Comune e la Provincia di Firenze, la Regione Toscana, i familiari di Salvo Lima (ucciso il 12 marzo 1992), il comitato Addiopizzo, l’associazione delle vittime della strage dei Georgofili, l’associazione Carlo Catena, l’associazione antiracket Libere Terre, l’associazione nazionale Testimoni di Giutizia, Libera, l’associazione antimafia Riferimenti, l’associazione nazionale Giuristi Democratici e il Comune di Campofelice di Roccella, che si trova nel palermitano.

Per quanto riguarda i partiti, stando alle parole del segretario Paolo Ferrero, l’unico che si è costituito parte civile è Rifondazione Comunista: «Sono qui a testimoniare la nostra volontà di verità e giustizia e la nostra fedeltà alle battaglie di Pio La Torre e Peppino Impastato e tanti altri e altre uccisi dalla mafia», ha affermato Ferrero.

Mentre sono state già costituite parti civili nel processo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Siciliana, il Comune di Palermo e l’ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro.

Parti offese, inoltre, il movimento delle Agende Rosse, il sindaco di polizia Coisp, l’Associazione vittime della mafia e l’associazione Cittadinanza per la magistratura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

20130424_TW@waltergianno

Walter Giannò

Blogger dal 2003, giornalista pubblicista, ha scritto su diverse piattaforme: Tiscali, Il Cannocchiale, Splinder, Blogger, Tumblr, WordPress, e chi più ne ha più ne metta. Ha coordinato (e avviato) urban blog e quotidiani online. Ha scritto due libri: un romanzo ed una raccolta di poesie. Ha condotto due trasmissioni televisive sul calcio ed ha curato la comunicazione sul web di un movimento politico di Palermo durante le elezioni amministrative del maggio 2012. Si occupa di politica regionale ed internet.