Mancata cattura di Provenzano. Il generale Mori e il colonnello Obinu assolti, Ciancimino e Ingroia sconfitti
Mori e Obinu assolti perché “il fatto non costituisce reato”. Ed ora rischia di saltare il “teorema” della trattativa Mafia – Stato. “Sconfitti” Massimo Ciancimino e Antonio Ingroia
Alla vigilia del 21° anniversario della Strage di Via D’Amelio, è arrivata l’assoluzione – dopo cinque anni di udienze – per il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato dall’agevolazione a Cosa Nostra, a causa della mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nel 1995. La sentenza è stata pronunciata ieri dalla quarta sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Mario Fontana.
L’accusa aveva chiesto 9 anni di reclusione per Mori e 6 anni e 6 mesi per Obinu.
Per i giudici “il fatto non costituisce reato“, non dando così credibilità alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino – figlio di Vito – e del colonnello Michele Riccio.
In sintesi, dunque, considerata l’assoluzione, i due (ex) imputati non tradirono lo Stato né si accordarono con Cosa Nostra né favorirono la latitanza del capomafia corleonese.
Il generale Mori ha commentato la sentenza con queste poche parole: “C’è un giudice a Palermo…“. Ma c’è un altro processo che lo vede imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, riguardante la presunta trattativa tra Stato e mafia.
L’ex Pubblico Ministero di Palermo, Antonio Ingroia, comunque, ha tenuto a precisare che “colpisce il fatto che anche sul mancato arresto di Provenzano sia stata utilizzata la stessa formula del processo sulla mancata perquisizione del covo di Riina, quando i giudici dissero che il fatto non costituiva reato. Cioè che il favoreggiamento ci fu ma non era voluto. Sarei sbalordito che un investigatore di razza come Mori avesse commesso “errori simili” davanti a capimafia come Riina e Provenzano. Di imperdonabili sbagli a propria insaputa ne abbiamo visti fin troppi, anche in questi giorni“.
Resta il fatto, però, che l’assoluzione di Mori e Obinu ha inferto un duro colpo alla possibilità che possa essere accertato l’accordo tra i “poteri forti” di Roma e la criminalità organizzata per fermare la mano stragista dei corleonesi tra il 1992 e il 1993. Il colonnello, infatti, è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia e potrà senza dubbio beneficiare delle conseguenze che scaturiscono dalla sentenza.
S’indebolisce, inoltre, ancora di più la credibilità di uno dei personaggi chiave di questa lunga vicenda, Massimo Ciancimino, che potrebbe rischiare anche di essere accusato di “falsa testimonianza” in relazione alle sue tante dichiarazioni sulla presunta trattativa.
Infine, dall’assoluzione di ieri ne esce sconfitto pure il già citato Ingroia – oggi dedito alla politica -, che ha sempre messo la mano sul fuoco sulla veridicità delle affermazioni del figlio dell’ex sindaco Vito.
Ultimo aggiornamento 19 Luglio 2013, ore 13.00 | © RIPRODUZIONE RISERVATA