Esteri

Rapimento di padre Paolo Dall’Oglio in Siria. Il Nunzio Apostolico in Siria consiglia cautela. Su Twitter: sta bene!

In Siria dagli anni ’80, dove ha costituito una comunità monastica islamo-cristiana, p. Paolo Dall’Oglio era stato espulso da Assad nel 2012. Rientra ogni tanto in Siria dalla parte controllata dai ribelli, dei quali è amico. Si stanno verificando le notizie. Il Paese è nel caos e “non si vede la fine del tunnel”. Un tweet alimenta la speranza

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Damasco – Padre Paolo Dall’Oglio, gesuita molto attivo per la soluzione della guerra civile in Siria, è stato sequestrato da un gruppo integralista islamico – denominato Stato Islamico dell’Iraq e del Levante – facente riferimento ad Al Qaeda. La notizia è trapelata la notte scorsa. La Farnesina si è subito messa all’opera per verificare la notizia.

La nunziatura vaticana a Damasco si muove con stupore e cautela, non nascondendo la sorpresa per l’eventuale prelevamento di padre Dall’Oglio. «Qualche volta, quando è in Siria, ci telefona – ha detto all’agenzia di stampa cattolica AsiaNews, monsignor Mario Zenari, Nunzio Apostolico a Damasco – Questa volta non sapevamo nulla. Anch’io ho appreso la notizia stamane e subito mi ha meravigliato. Attendo di vedere se è vera».

Secondo alcune agenzie, il gesuita sarebbe entrato in Siria dal nord del Paese, in una zona controllata dai ribelli e sarebbe stato rapito a Raqqa, dal gruppo integralista che farebbe parte della galassia di Al Qaeda, nemici giurati di Assad.

«Mi sorprende – ha aggiunto monsignor Zenari – che a lui sia successo questo. In quelle zone lui è conosciuto, e gode di un certo rispetto nelle zone dei ribelli».

Padre Dall’Oglio, romano di 58 anni, dal 1982 ha lavorato per il restauro del monastero cattolico Mar Musa (Monastero di San Mosè l’Abissino), nel deserto a nord della capitale siriana, costituendo una comunità monastica aperta al dialogo con l’islam. Allo scoppiare della cosiddetta “primavera araba” a Damasco, Dall’Oglio ha assunto posizioni critiche verso il regime di Assad e così, nel 2011, Damasco ha decretato la sua espulsione, avvenuta poi nel 2012. Lasciato il Paese, il gesuita è spesso rientrato nel nord controllato dai ribelli siriani.

Monsignor Zenari propende per la cautela. «In Siria – ha detto ad AsiaNews – girano spesso notizie che poi si sono rivelate false o imprecise, come quella sui tre frati decapitati, che non erano frati; o quella sull’avvenuta liberazione dei due vescovi ortodossi, dimostratasi falsa».

«Alla fine – ha concluso il rappresentante del Papa a Damasco – in Siria non c’è da sorprendersi più di nulla, dato il caos che regna. All’inizio la situazione era abbastanza chiara, ma ora è  molto complicata e il conflitto si è intrecciato a non finire. Quello che è da sottolineare è la sofferenza della povera gente, i diritti umani violati, ma capire le intenzioni di tutti, come si muovono, chi ci sta dietro, chi ha più ragione e chi più torto, dove si sta andando. È un compito immane e intanto il Paese va a rotoli e non si vede la fine del tunnel».

Questa notte, alle 00.01 Jad Bantha, un ricercatore che vive in Siria, ha postato su twitter: «Father Paolo is safe and sound and I was with him 5 mins ago! #Syria #Raqqa» e alla domanda se potesse provare quanto asserito, Bantha ha risposto che domani (probabilmente oggi, 30 Luglio, ndr) padre Paolo spiegherà tutto sul suo profilo su Facebook. Sarà domani un tempo sufficiente? Lo vedremo.

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