Il blocco degli stipendi nella pubblica amministrazione, autunno caldo, ma il governo salvi sicurezza, scuola e sanità

La strana morigeratezza di un Paese con una burocrazia ipertrofica e inefficiente, e con i costi di funzionamento della macchina politico-istituzionale alle stelle. Il Cocer esercito si esprime in termini ultimativi

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Lo scorso 8 Agosto, il governo Letta ha approvato la proroga del blocco degli stipendi per il personale della Pubblica Amministrazione, scatenando le ire indistinte dei sindacati e varie “dichiarazioni di guerra”. Il Cocer Esercito è arrivato a parlare perfino di “militaricidio”, per identificare «la reiterazione di una grave ingiustizia nei confronti di tutto il personale con le stellette e delle loro famiglie nonché il definitivo “colpo di grazia” all’intero Comparto, dopo quelli già inferti dai precedenti governi Berlusconi e Monti», come recita il comunicato emesso a firma del presidente, generale Paolo Gerometta.

I militari chiedono «l’apertura immediata di un “tavolo negoziale di confronto” con il Governo» ricordando che il comparto difesa/sicurezza ha una “specificità” tale da giustificare una “esclusione” dalla «proroga perlomeno per gli aspetti connessi alle promozioni ed agli istituti ad esse riconducibili con particolare riferimento alle categorie meno abbienti», pena l’avvio di “forme di dissenso”, tra cui « esprimere parere contrario “a prescindere” ogni volta che saremo chiamati a fornirlo su provvedimenti di questo Esecutivo».

È evidente a ogni osservatore obiettivo che la Pubblica Amministrazione italiana sia ipertrofica e che questa condizione surdimensionata non sia legata a una più che proporzionale efficienza: al contrario, sembra che si faccia a gara per rallentare la macchina generale dello Stato, a detrimento di imprese e cittadini.

Tuttavia, il governo di un Paese come l’Italia, con i problemi che lo attanagliano, dovrebbe fare una scelta strategica a favore dell’esclusione della difesa e della sicurezza, della scuola e della sanità, dando priorità ai ruoli medio-bassi, mentre dovrebbe intensificare i tagli di stipendio in alcuni settori scandalosamente lontani dalla realtà.

Con buona pace dei presidenti delle due camere, per esempio, i funzionari delle due branche del Parlamento godono di privilegi di stipendio incompatibili con la realtà: in alcuni casi, gli stipendi superano l’indennità del presidente degli Stati Uniti, una circostanza difficilmente spiegabile all’estero e ai “soci” dell’Unione Europea. Altro settore da sottoporre a un sensibile “dimagrimento” sarebbe quello della diplomazia, in cui molti ambasciatori percepiscono il doppio della retribuzione dei loro colleghi europei.

In verità, un governo di larghe intese – ossia di unità nazionale – dovrebbe predisporre una “road map” per ridurre il peso e la dimensione dell’apparato pubblico, in un quadro di drastica riduzione del costo generale dello Stato e con la dichiarata finalità di rendere più efficiente il sistema.

Un Paese che pesa così tanto e rende così poco non può che costare tanto alle imprese e ai cittadini, con un peggioramento delle capacità competitive del Paese nel suo complesso. Anche in questo ambito, il Cocer Esercito dovrebbe porre l’accento non solo su condivisibili preoccupazioni relative al blocco degli stipendi, ma sollecitare il Paese intero – non solo la politica – a discutere del futuro dello strumento militare, nel quadro dell’ammodernamento del Paese, che rischia di essere sommerso dalla retorica antimilitarista senza militarismo e con un grado di efficienza tale da mettere a rischio la difesa – e perfino la sicurezza – nazionale.

Per non parlare dell’apparato politico-istituzionale, che ha costi davvero fuori dalla grazia democratica. La presidenza della Repubblica che costa quattro volte la Corona Britannica è un dato che davvero pone l’Italia al top dello scandalo in Europa. Per non parlare delle indennità dei parlamentari nazionali e dei consiglieri regionali, che hanno subito riduzioni solo di facciata. In questo, è facile gioco del Movimento 5 Stelle additare al pubblico ludibrio i partiti tradizionali, non solo per la strenua difesa di rimborsi elettorali, ma anche per l’assoluta incongruenza di questo costo per il cittadino, soprattutto in termini di produttività. Lo testimonia, in modo incontrovertibile, lo stato del Paese.

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