Libia, le parole di Marco Minniti: “italiani rapiti da criminali non da terroristi”

Il sottosegretario con delega ai servizi di informazione e sicurezza ha rilasciato dichiarazioni irrituali dopo l’audizione di fronte al Copasir. A volte è meglio tacere, altre si dovrebbe tacere

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Roma – Ieri pomeriggio il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai servizi segreti, Marco Minniti, I quattro italiani rapiti in Libia è stato sentito dal Copasir, il comitato di controllo sui servizi di informazione e sicurezza, riunito in sessione riservata a San Macuto.

Ai componenti della commissione bicamerale Minniti ha fornito notizie aggiornate sul sequestro dei quattro tecnici italiani della Bonatti di Parma, di cui si sono perse le tracce in Libia nel tragitto dalla Tunisia all’impianto Eni di Mellitah.

Una vicenda che impegna le risorse dell’intelligence nazionale agenti sul teatro maghrebino, in cui per tradizione le antenne italiane sono ‘sensibili’ ed ‘efficaci’, con l’obiettivo di impedire eventuali cessioni dei sequestrati ad altri gruppi (anche jihadisti o islamisti) e di fare in modo che la condizione di cattività sia ridotta al massimo. A questo fine, è fondamentale mantenere un cordone di riservatezza su tutta la vicenda e lasciare lavorare in pace e con totale supporto politico, tecnico e operativo le risorse di teatro.

Invece che ha fatto Marco Minniti, autorità delegata alla sicurezza? Ha parlato con la stampa, escludendo alcune ipotesi e avvalorandone altre. Nello specifico, il sottosegretario ai servizi ha affermato che i quattro italiano sono in mano a criminali che cercano un riscatto in denaro e che l’ipotesi terrorista sembra da scartare.

Ancora, che ogni richiesta di scambio di ‘prigionieri’ – nell’ipotesi che i quattro italiani siano stati sequestrati dalle organizzazioni criminali che trafficano con i migranti, per scambiarli con scafisti in carcere in Italia – sarebbe da scattare, perché inaccettabile.

Sembra nelle ultime ore farsi avanti l’ipotesi di un sequestro a scopo di estorsione, che però non darebbe la certezza di escludere un intreccio di motivazioni escludente le connessioni con gruppi jihadisti o islamisti vicini al cosiddetto ‘governo di Tripoli’, che è un gruppo insurrezionale islamista collegato alla ‘Fratellanza Musulmana’ egiziana (nel frattempo posta fuori legge al Cairo: non è un dettaglio).

I quattro italiani sono Gino Pollicardo (ligure di Monterosso), Fausto Piano (di Capoterra, Cagliari), Filippo Calcagno (di Piazza Armerina, Enna) e Salvatore Failla (originario di Carlentini, Siracusa).

L’unica riflessione che merita di essere proposta ai nostri lettori è che a volte è consigliabile tacere, per non fornire agli avversari (o ai nemici, come in questo caso) armi informative utilizzabili in trattative riservate. Altre volte si deve tacere: soprattutto quando ci sono quattro cittadini italiani ai quali è stata tolta la libertà in un contesto di estrema delicatezza, precipitato anche per l’inerzia italiana a non procedere a un intervento a fianco del governo libico legittimo e contro tutte le organizzazioni islamiste e jihadiste operanti di fronte casa nostra.

L’Italia avrebbe dovuto farlo anche per questioni di sicurezza energetica se solo al governo ci fossero persone più ‘presenti’ e più ‘idonee’ al ruolo esercitato. Minniti – che pure è preparato sull’argomento – dimostra la fondatezza del detto popolare, cominciando a zoppicare a causa delle ultime frequentazioni con gli zoppi. Non sarebbe meglio stare zitti in certi frangenti?

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