Salviamo il ‘soldato’ porco, per salvarci dalla dhimmitudine

A Rovereto, in una scuola materna, un gruppo di genitori musulmani impone di togliere un maialino di plastica tra i giochi, perché offende la loro religione. Così i dirigenti cedono alla richiesta islamista, senza che il sindaco o il prefetto abbiano qualcosa da opporre. Basta accettare queste forme di islamizzazione strisciante

Rovereto – C’è un porco da ‘salvare’. Per la verità, un porcellino. Un giocattolo da parco giochi, non un porcellino vero. Un maiale che ci fa inveire, porca miseria. Perché di miseria umana trattasi, non tanto di chi cerca di imporre i propri usi e costumi al resto d’Italia (d’Europa e del mondo, a onor del vero), ma di chi accetta supinamente certe fandonie e si piega all’islamizzazione strisciante in corso.

Tornando al porco, a Rovereto – nella scuola dell’infanzia Rione Nord di via Saibanti numero 4 – c’è il maiale da salvare dalle preteste islamiste di taluni immigrati che hanno avuto finora gioco facile a imporre i propri voleri a un’amministrazione con la colonna vertebrale di un’ameba.

Così, il porco diventa il difensore del Crocifisso, la strada è breve, il baluardo essenziale. Come riporta ‘Trentino Corriere Alpi‘ (testata che, a dispetto della denominazione, appartiene al Gruppo l’Espresso-la Repubblica), il dondolo a forma di maiale rosa è stato ‘condannato a morte’ dai genitori di alcuni bambini, di religione islamica, perché offende la loro religione che considera il maiale un animale impuro.

In linea di principio, a questa richiesta sarebbe bastato rispondere con una sonora risata e l’intimazione ai genitori in questione di andarsene, pena una chiamata alla più vicina caserma dei Carabinieri. Ma in Trentinistan – denominazione prossima ventura del Trentino (se continuano così le cose) – hanno per ora deciso di assumere la posizione di dhimmi(1), di protetti dai dittatori islamisti. Perché la richiesta è del tutto forzata e volta a imporre un modo di vista e la supremazia dell’islam sugli altri. A chi verrebbe in mente di chiedere la rimozione di un giocattolo da un parco giochi per bambini per questi motivi, se la richiesta non rientrasse in una strategia di lungo respiro di conquista territoriale e di imposizione strisciante della sharia? Solo ai cosiddetti progressisti in pieno regresso, che noi dovremo perfino difendere prima o poi.

Tuttavia, qualche segno di resipiscenza si coglie. La testata trentina infatti riporta le parole di un genitore (tutelato dall’anonimato: chiediamoci se siamo ancora in una democrazia, è d’uopo!), contrario alla richiesta formulata dalla direzione dell’istituto per l’infanzia al Comune, perché tolga quel giocattolo. Quindi, prossimo addio al maialino rosa, per ora oscurato da due panchine, in attesa della ‘esecuzione’.

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Non solo i crocefissi in classe, il presepe e le festicciole di Natale vengono messe all’indice o abolite per non urtare la suscettibilità di chi crede in religioni diverse dalla nostra – dice il genitore intervistato da Giancarlo Rudarima ora si arriva a togliere un gioco perché dà fastidio, perché rappresenta un animale impuro. Ma dove vogliamo arrivare se andiamo avanti di questo passo?”. Un ragionamento lucido, non islamofobo, aperto alle richieste ammissibili, per quanto incomprensibili, in un approccio di accoglienza delle opinioni di tutti. “Giustamente ai bambini musulmani non va somministrata carne di maiale – continua il genitore – ma impedire anche che sia vietato a loro come agli altri bambini di giocare con un maialino di

La stessa sorte del maialini di via Saibanti subiranno gli altri maialini collocati nelle scuole materne di S. Ilario e alle Fucine, riporta il quotidiano trentino.

Il genitore sentito da Rudari però è tanto chiaro, quanto lucido. “Si parla tanto di integrazione, si fanno i grandi discorsi su confronto e accoglienza e qui siamo tutti d’accordo. Ma poi si va a cedere ad una richiesta assurda. E la richiesta – si rileva – a questo punto, diventa imposizione”.

Salvate quel porco, amici di Rovereto. Porca miseria!

(1) Dhimmitudine è un neologismo derivante dall’arabo dhimmi. Dhimmi è lo status giuridico riconosciuto ai non-musulmani appartenenti ai popoli del Libro (cristiani ed ebrei) che vivono in un sistema politico governato dal diritto musulmano. Sembra che il termine sia stato coniato nel 1982 dal leader libanese maronita Bashir Gemayel per indicare i tentativi della leadership musulmana del Paese di subordinare la popolazione cristiana (fonte Wikipedia)

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