Papa: ‘Tragedie degli immigrati, non basta rincorrere l’emergenza’

Fenomeno “epocale”, serve uno “sguardo politico serio e responsabile”. Il Pontefice ha incontrato i nuovi ambasciatori di Svizzera, Liberia, Etiopia, Sudan, Giamaica, Sud Africa e India presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Credenziali Diplomatiche

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Città del Vaticano – L’immigrazione forzata, “che purtroppo assume in certe regioni e in certi momenti il carattere di vera e propria tragedia umana”, è un fenomeno “epocale” e va pertanto affrontato “con uno sguardo politico serio e responsabile, che coinvolga tutti i livelli”, perché “non ci si può limitare a rincorrere le emergenze”. Così Papa Francesco in un passaggio del discorso pronunciato stamane nel corso dell’udienza tenuta per la presentazione delle credenziali diplomatiche dei nuovi ambasciatori presso la Santa Sede di Svizzera, Liberia, Etiopia, Sudan, Giamaica, Sud Africa, India.

Le “migrazioni sforzate”, ha detto il Papa, è una “sfida alla pace che è sotto i nostri occhi, e che purtroppo assume in certe regioni e in certi momenti il carattere di vera e propria tragedia umana”. Jorge Mario Bergoglio ha parlato, oltre che delle migrazioni, del traffico d’armi. Quanto al primo problema, “si tratta di un fenomeno molto complesso, e occorre riconoscere che sono in atto sforzi notevoli da parte delle Organizzazioni internazionali, degli Stati, delle forze sociali, come pure delle comunità religiose e del volontariato, per cercare di rispondere in modo civile e organizzato agli aspetti più critici, alle emergenze, alle situazioni di maggiore bisogno. Ma, anche qui, ci rendiamo conto che non ci si può limitare a rincorrere le emergenze. Ormai il fenomeno si è manifestato in tutta la sua ampiezza e nel suo carattere, per così dire, epocale. E’ giunto il momento di affrontarlo con uno sguardo politico serio e responsabile, che coinvolga tutti i livelli: globale, continentale, di macro-regioni, di rapporti tra Nazioni, fino al livello nazionale e locale”.

“Noi – ha detto ancora il Papa – possiamo osservare in questo campo esperienze tra loro opposte. Da una parte, storie stupende di umanità, di incontro, di accoglienza; persone e famiglie che sono riuscite ad uscire da realtà disumane e hanno ritrovato la dignità, la libertà, la sicurezza. Dall’altra parte, purtroppo, ci sono storie che ci fanno piangere e vergognare: esseri umani, nostri fratelli e sorelle, figli di Dio che, spinti anch’essi dalla volontà di vivere e lavorare in pace, affrontano viaggi massacranti e subiscono ricatti, torture, soprusi di ogni genere, per finire a volte a morire nel deserto o in fondo al mare”.

“Tutti – ha detto il Papa ai nuovi ambasciatori – parlano di pace, tutti dichiarano di volerla, ma purtroppo il proliferare di armamenti di ogni genere conduce in senso contrario. Il commercio delle armi ha l’effetto di complicare e allontanare la soluzione dei conflitti, tanto più perché esso si sviluppa e si attua in larga parte al di fuori della legalità. Ritengo pertanto che, mentre siamo riuniti in questa Sede Apostolica, che per sua natura è investita di uno speciale servizio alla causa della pace, possiamo unire le nostre voci nell’auspicare che la comunità internazionale dia luogo ad una nuova stagione di impegno concertato e coraggioso contro la crescita degli armamenti e per la loro riduzione”.

“Il fenomeno delle migrazioni forzate è strettamente legato ai conflitti e alle guerre, e dunque anche al problema della proliferazione delle armi, di cui parlavo prima. Sono ferite di un mondo che è il nostro mondo, nel quale Dio ci ha posto a vivere oggi e ci chiama ad essere responsabili dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perché nessun essere umano sia violato nella sua dignità”, ha affermato Bergoglio. “Sarebbe un’assurda contraddizione parlare di pace, negoziare la pace e, al tempo stesso, promuovere o permettere il commercio di armi.

Potremmo anche pensare che sarebbe un atteggiamento in un certo senso cinico proclamare i diritti umani e, contemporaneamente, ignorare o non farsi carico di uomini e donne che, costretti a lasciare la loro terra, muoiono nel tentativo o non sono accolti dalla solidarietà internazionale”.

(Credit: TMNews)