Xinjiang, condannati 22 imam islamici accusati di incitare all’odio etnico e religioso

Pene da cinque a 16 anni di carcere. Fra le accuse, separatismo, propaganda a favore dell’odio etnico e disturbo della quiete pubblica. La sentenza è stata letta in pubblico a Kashgar. La provincia sempre più epicentro di scontri etnici e interreligiosi

20141113-cina-xinjiang-655x436


Pechino – Le autorità della provincia occidentale dello Xinjiang hanno condannato nei giorni scorsi ben 22 predicatori islamici a pene che vanno da cinque a 16 anni di carcere. Fra le accuse vi sono separatismo, propaganda a favore dell’odio etnico e disturbo della quiete pubblica. La sentenza è stata letta in pubblico presso la Corte del popolo di Kashgar, che si trova in una zona nota per i violenti attacchi verificatesi negli scorsi mesi, secondo Pechino orchestrati da separatisti musulmani.

Secondo il rapporto giudiziario, fra i predicatori vi sono sia “imam selvaggi“, ovvero allontanati dalle proprie moschee, che religiosi ancora in carica. Ainiwaer Tuerxun, sindaco di Kashgar, ha dichiarato che la provincia è “flagellata dall’estremismo religioso“, che questo ha “spinto il terrorismo nella regione” e che leggere la sentenza in pubblico “è un deterrente potente, che aiuterà a fermare coloro che infrangono la legge tramite la religione“.

Meng Caixia, insegnante locale, ha dichiarato al South China Morning Post che il problema dell’estremismo religiosoè serio, e sta avendo un impatto profondo nella zona. Alcuni predicatori sono coinvolti in questa attività, ed è molto difficile per loro essere aperti di mente e accettare quello che gli viene detto“.

La provincia dello Xinjiang è una delle più turbolente di tutta la Cina. È abitata dall’etnia uighura, circa 9 milioni di persone turcofone e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l’indipendenza da Pechino. Il governo centrale ha operato imponenti spostamenti di popolazione di etnia “han“, per cercare di renderli l’etnia dominante, e impone ai musulmani locali un controllo invadente – anche a seguito del terrorismo locale – obbligando la popolazione allo studio della lingua e della cultura locale.

Dal 2009 è in atto un regime speciale di controllo da parte della polizia e dell’esercito cinese, imposto da Pechino dopo gli scontri in cui persero la vita 200 persone . In seguito a quelle violenze sono state inflitte centinaia di condanne a pene detentive e decine di condanne a morte. Le autorità cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani, ma gli esuli sostengono che Pechino “esagera” la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura.

(AsiaNews)