I terroristi islamici dell’Isis: già in Europa la “bomba sporca” all’uranio per un attentato nucleare

Lo ha rivelato Site Intelligence Group, che monitora i siti jihadisti, citando un messaggio su Twitter. Intelligence al lavoro già da tempo. Non è facile trasportare un ordigno di 40 chilogrammi

Esercitazione CBRND, Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Defense (Foto NATO)
Esercitazione CBRND, Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Defense (Foto NATO)

Londra – Allarme ai massimi livelli in tutta Europa, dopo l’annuncio di Site Intelligence Group sul pericolo di un attentato nucleare “leggero” dei miliziani jihadisti islamici dell’Isis. Secondo il gruppo statunitense che monitora le fonti islamiste in tutto il mondo, in uno scambio di messaggi su Twitter sarebbe stata rintracciata la conferma che è già in Europa una bomba “radiologica” con 40 chili di uranio.

Uranio che è stato di certo trafugato dall’università di Mosul nel mese di giugno, quando le truppe di occupazione del cosiddetto “califfato” entrarono nella città kurda dell’Iraq settentrionale. 

La prima rivendicazione dell’Islamic State of Iraq and Syria risale al 30 novembre scorso, quando – sempre via Twiter  – alcuni miliziani annunciarono di avere una “bomba sporca”. Una “bomba sporca” è un ordigno convenzionale in cui è stata introdotta una quantità di materiale radioattivo, più facilmente uranio rinvenibile anche in strutture civili come ospedali o appunto università, perché utilizzato in quantità minime per motivi di medicina nucleare o ricerca scientifica.

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La deflagrazione di una “bomba sporca” non darebbe luogo a un’esplosione atomica (simile a quella di Hiroshima o Nakasaki), ma a un’irradiazione di isotopi radioattivi che contaminerebbero un’area vasta diverse centinaia di metri di raggio. Quindi, una “bomba radiologica” avrebbe effetti devastanti se scoppiasse nel centro di una grande città, con migliaia di persone coinvolte direttamente e indirettamente, a causa del fall-out radioattivo. A parte i danni derivanti dall’esplosione “classica”, i cui effetti dirompenti sarebbero solo amplificati dal contenuto radioattivo.

Fonti dell’MI6 – il servizi di informazione e sicurezza estera della Gran Bretagna – finora hanno ritenuto (e tutt’ora mantengono questa opinione) che sia quasi impossibile fare arrivare una “bomba sporca” in un Paese Occidentale perché il livello di controlli permetterebbe un argine massiccio. Ciò non toglie però che i jihadisti potrebbero riuscire a individuare una maglia larga nei controlli alle frontiere – si pensi a certi porti nel Mediterraneo o alla possibilità di girare liberamente tra i Paesi dell’Area Schengen – per fare entrare in Europa un tale tipo di ordigno. 

L’edizione domenicale del tabloid britannico Daily Mirror aveva dato per primo la notizia, citando come fonte un cittadino britannico – Hamayun Tariq – di trentasette anni, originario di Dudley nelle Midlands occidentali, ex meccanico di auto, che ha dichiarato di aver combattuto dal luglio 2012 nella regione pakistana del Waziristan, al confine con l’Afghanistan, al fianco dei talebani per poi unirsi all’Isis in Siria.

La notizia del furto del materiale radioattivo a Mosul era stata data direttamente dall’ambasciatore iracheno all’Onu, Mohamed Ali Alhakim, in una lettera inviata l’8 luglio scorso al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.

I servizi di intelligence occidentali mantengono relazioni continue e uno scambio di informazioni costante nel monitoraggio di pericoli di così vasta rilevanza, scambio che sarebbe innalzato ai massimi livelli se venisse confermata la notizia divulgata da Site Intelligence Group.

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